Quanta energia serve per far evaporare un litro d’acqua? Parecchia. È il “limite termico” che ha sempre frenato i sistemi di raccolta d’acqua atmosferica: ottimi ad assorbire umidità, pessimi a rilasciarla. Ma se invece di scaldare l’acqua per evaporarla, la scuotessimo via con gli ultrasuoni? È l’intuizione del MIT: un attuatore che vibra a 20.000 cicli al secondo, ottenendo goccioline di acqua dall’aria in 2-7 minuti invece delle ore necessarie al sole.
Il sistema raggiunge un’efficienza energetica del 428%, superando di 45 volte i metodi termici tradizionali. L’aria secca nasconde acqua: bisogna solo farla vibrare alla frequenza giusta.
Il problema di partenza: materiali avidi che non mollano la presa
I materiali per la raccolta d’acqua atmosferica sono ironicamente vittime del proprio successo. Catturano l’umidità con una tenacia tale che poi non vogliono più liberarla. Gli idrogel, le spugne metalliche, gli aerogel: tutti bravissimi ad assorbire vapore dall’aria. Anche nei deserti più aridi c’è sempre un po’ di umidità atmosferica da catturare. Il punto è cosa succede dopo.
“Qualsiasi materiale molto bravo a catturare l’acqua non vuole separarsene”, spiega Svetlana Boriskina, ricercatrice principale del Dipartimento di Ingegneria Meccanica del MIT. Lo studio pubblicato su Nature Communications il 18 novembre 2025 parte proprio da questo paradosso: i sistemi solari termici possono impiegare ore, a volte giorni interi, per recuperare l’acqua catturata dai materiali igroscopici.
Troppo lento, troppo inefficiente. E troppo dipendente dal meteo.
La soluzione: far ballare le molecole e ottenere acqua dall’aria usando gli ultrasuoni
La svolta è arrivata dall’incontro tra due mondi. Ikra Iftekhar Shuvo, primo autore dello studio e dottorando in media arts and sciences, lavorava con gli ultrasuoni per dispositivi medici indossabili. La Boriskina, invece, cercava un modo per velocizzare l’estrazione d’acqua dai materiali atmosferici. Boom, un cocktail esplosivo: le due ricerche sembravano fatte l’una per l’altra.
Gli ultrasuoni sono onde di pressione acustica che vibrano oltre i 20 kilohertz: invisibili, inudibili, ma fisicamente potentissimi a livello molecolare. Il team ha progettato un attuatore ultrasonico composto da un anello ceramico piatto che vibra quando riceve tensione elettrica, circondato da un secondo anello dotato di microugelli. Quando l’idrogel saturo d’acqua viene posizionato sul dispositivo, gli ultrasuoni spezzano i deboli legami idrogeno che tengono intrappolate le molecole d’acqua.
“Con gli ultrasuoni possiamo interrompere con precisione i legami deboli tra le molecole d’acqua e i siti dove sono trattenute”, spiega Shuvo.
“È come se l’acqua danzasse con le onde, e questo disturbo mirato crea un momento che libera le molecole d’acqua”.
Alla fine, goccioline di acqua dall’aria che cadonattraverso gli ugelli in contenitori di raccolta, sopra e sotto l’anello vibrante.
I numeri: 45 volte più efficiente del Sole
I test in camera climatica con diversi livelli di umidità hanno prodotto risultati netti. Il dispositivo a ultrasuoni ha liberato acqua sufficiente per asciugare completamente i campioni di materiale assorbente in 2-7 minuti. I sistemi termici convenzionali richiedono decine di minuti o ore per ottenere lo stesso risultato.
L’efficienza energetica parla chiaro: consumo medio di 0,535 MJ/kg contro i 24 MJ/kg dei sistemi termici. Efficienza del 428% contro il 9,5% dell’evaporazione solare. È un salto di 45 volte, che supera il limite termodinamico dell’entalpia di evaporazione dell’acqua.
In pratica, il sistema usa meno energia di quella teoricamente necessaria per far evaporare l’acqua, perché non la fa evaporare affatto: la scuote via direttamente allo stato liquido.

Cicli multipli: il vero vantaggio
È la velocità di estrazione a cambiare tutto. Con i sistemi solari termici, puoi fare un ciclo al giorno se va bene: con gli ultrasuoni, puoi farne diversi. L’idrogel impiega 40 minuti per assorbire umidità dall’aria al 75% di umidità relativa. L’attuatore piezoelettrico la estrae in 2 minuti. Assorbimento-estrazione-assorbimento: cicli continui alimentati da una piccola cella solare.
“Si tratta di quanta acqua puoi estrarre al giorno”, sottolinea Boriskina.
“Con gli ultrasuoni, possiamo recuperare acqua velocemente e ripetere il ciclo più e più volte. Questo può tradursi in volumi considerevoli nell’arco di una giornata”.
Si, ma quanta acqua dall’aria possiamo ricavare, quindi?
Le proiezioni su un sistema scalato con 1 metro quadrato di materiale assorbente suggeriscono oltre 10 litri d’acqua al giorno in condizioni di umidità al 75%. Anche nei climi più aridi, dove l’umidità relativa scende al 30-40%, il sistema manterrebbe produzioni utilizzabili grazie ai cicli multipli.

Acqua dall’aria in 2 minuti: dal deserto alla finestra di casa (e ritorno)
“La bellezza di questo dispositivo è che è completamente complementare e può essere aggiunto come componente a quasi qualsiasi materiale assorbente”, dice Boriskina. L’idea è un’applicazione domestica: un materiale ad assorbimento rapido abbinato a un attuatore ultrasonico delle dimensioni di una finestra. Quando il materiale raggiunge la saturazione, l’attuatore si attiva brevemente usando energia da una cella fotovoltaica, libera l’acqua raccolta e si ripristina per un nuovo ciclo.
Il coautore Michael Garrett sottolinea come “imparando come i nostri segnali viaggiano, otteniamo preziose intuizioni su come progettare futuri sistemi”. I metodi sviluppati per modellare questi segnali deboli potrebbero applicarsi anche ad astronomia, difesa planetaria e monitoraggio ambientale.
Il lavoro è stato supportato dal MIT Abdul Latif Jameel Water and Food Systems Lab e dal MIT-Israel Zuckerman STEM Fund. Come già raccontavo due anni fa, la raccolta d’acqua atmosferica sta diventando un mercato reale. Ora con gli ultrasuoni, lo diventa ancora di più.
L’aria contiene acqua. Sempre, anche nei deserti. E se riusciamo a farla “ballare” abbastanza velocemente, ne avremo quanta ne vogliamo.
