Un team di ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), in collaborazione con altri due laboratori nazionali, ha lanciato un progetto che studia la fattibilità dello stoccaggio dell’idrogeno su larga scala all’interno di formazioni geologiche.
I ricercatori di LLNL, Pacific Northwest Laboratory (PNNL) e National Energy Technology Laboratory (NETL) hanno ottenuto un fondo di quasi 7 milioni di dollari dal Dipartimento USA per l’energia. Un progetto in tre anni che valuterà la possibilità di grotte e formazioni naturali come sedi di stoccaggio dell’idrogeno.
È un progetto entusiasmante per noi, perché affronta una componente critica del futuro energetico a basse emissioni di carbonio. Serviranno competenze del sottosuolo in tecnologie correlate: energia geotermica, stoccaggio del carbonio e del gas naturale.
Joshua White, ingegnere LLNL e principale ricercatore del progetto
SHASTA, metti l’idrogeno sottoterra
Chiamato Progetto SHASTA (Subsurface Hydrogen Assessment, Storage, and Technology Acceleration), sarà uno sforzo pluridisciplinare. White e il suo collega in LLNL Nicola Castelletto condurranno lavori di modellazione del sottosuolo. La collega geochimica Megan Smith condurrà esperimenti su alta pressione e alta temperatura.
L’importanza dello stoccaggio dell’idrogeno
L’idrogeno sta emergendo come un’opzione di carburante a basse emissioni di carbonio per i trasporti, la generazione di elettricità, le applicazioni di produzione e le tecnologie energetiche pulite che possono accelerare la transizione del pianeta verso un’economia a basse emissioni di carbonio. La sfida chiave, a questo punto, è garantire lo stoccaggio sicuro ed efficace dell’idrogeno. Lo stoccaggio dell’idrogeno su larga scala sarà necessario via via che si passerà a un’economia di energia pulita. Tuttavia, lo stoccaggio di idrogeno sotterraneo di grandi volumi si è dimostrato sicuro ed efficace solo in strutture o caverne a cupola di sale.
Dove possiamo trovare le strutture naturali che servono allo stoccaggio dell’idrogeno?
Non tutte le regioni e le aree del mondo hanno i prerequisiti geologici adeguati per lo stoccaggio dell’idrogeno nelle cavità saline: per questo un progetto come SHASTA serve a determinare la fattibilità tecnica dell’uso di sistemi sotterranei e quantificherà i rischi operativi associati allo stoccaggio in tali sistemi. Non solo: svilupperà tecnologie e strumenti che ridurranno tali rischi, e valuterà anche la possibilità di usare strutture oggi utilizzate per lo stoccaggio del gas naturale.

Interazioni che saranno studiate utilizzando esperimenti di laboratorio, simulazioni e nuovi metodi di monitoraggio. Grafica per gentile concessione dell’LLNL. LEGENDA: H2 = idrogeno; CH4 = metano; CO2 = anidride carbonica; H+ = catione idrogeno; H2S = idrogeno solforato; H2O = acqua.
Le domande chiave che i ricercatori affronteranno includono:
- Come possono essere mitigati i rischi tecnici e operativi associati allo stoccaggio dell’idrogeno nel sottosuolo in modo che le operazioni proteggano l’uomo e l’ambiente?
- In che modo è possibile sfruttare le tecnologie emergenti per consentire un sistema di stoccaggio dell’idrogeno sotterraneo intelligente, sicuro ed efficiente (ad esempio, sensori, simulatori di serbatoi e strumenti di screening)?
- Quali approfondimenti tecnici, operativi ed economici servono a consentire lo stoccaggio sotterraneo su larga scala per idrogeno puro o miscele idrogeno-gas naturale?
Saranno condotti sia esperimenti sul campo che simulazioni per studiare l’impatto dell’idrogeno puro e dell’idrogeno misto sui sistemi di stoccaggio sotterranei. La ricerca si concentrerà sulla quantificazione della compatibilità dei materiali, e non solo. Attenzione anche all’analisi delle prestazioni su scala del nucleo e del serbatoio e sulla caratterizzazione delle interazioni microbiche.

Una strada non facile da percorrere, ma quantomai necessaria. Se porterà esiti positivi, il modello sviluppato da questi laboratori americani potrà tornare utile ai ricercatori in tutto il mondo. Si potranno applicare questi criteri anche nella ricerca di strutture naturali in altri luoghi. Non vorrei dire un azzardo (e forse lo sto già facendo), ma in Italia strutture simili potrebbero essere presenti in Sicilia.