Le terribili scene dell’eruzione del vulcano Honga Tonga (500 volte più potente della bomba atomica di Hiroshima) hanno riportato in auge tutte le paure diffuse su eruzioni simili anche da noi. Lasciando da parte il vulcano più simile all’Honga Tonga, quel Marsili che “giace” poco sotto il pelo dell’acqua, l’indiziato numero uno (non lo dico perchè di Napoli) è il Vesuvio.
Il Vesuvio è un vulcano molto pericoloso. È l’unico vulcano in Europa classificato come vulcano decennale, il che significa che ha il potenziale per produrre un’eruzione importante entro 10 anni. L’ultima volta che il Vesuvio ha eruttato è stato nel 1944 e la cenere e la pomice che ne sono derivate hanno causato una notevole distruzione nell’area. Se il Vesuvio dovesse eruttare di nuovo adesso, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche.
La storia ci ha dimostrato quanto pericolose possano essere le eruzioni del Vesuvio, spingendoci a ragionare su un possibile metodo di prevenzione.
I ricercatori esperti di vulcani del ETH di Zurigo hanno iniziato un nuovo studio, dedicato proprio all’analisi delle eruzioni del vulcano e della sua storia. L’obiettivo principale è quello di elaborare una teoria su una possibile nuova esplosione.
Gli episodi precedenti, avvenuti sia in epoca storica che preistorica, hanno portato eruzioni esplosive capaci di distruggere interi paesi. Le persone insediate nelle vicinanze non hanno avuto possibilità di salvarsi, e le conseguenze sono state catastrofiche.
Per cercare di prevedere l’arrivo della nuova eruzione, i ricercatori di Zurigo hanno esaminato le quattro più grandi eruzioni del Vesuvio, avvenute negli ultimi 10.000 anni.
In particolare, hanno considerato: l’eruzione di Avellino di 3.950 anni fa; l’eruzione del 79 d.C. che seppellì le città romane di Pompei ed Ercolano (conosciute anche come “eruzioni pliniane”); l’eruzione sub-pliniana del 472 d.C. e l’eruzione dell’8890 a.C.
I granati nel magma del Vesuvio
I primi elementi analizzati, presi in considerazione per differenziare le diverse eruzioni, sono i cristalli di granato presenti nei depositi vulcanici
Il “granato”, è un materiale unico nel suo genere, un minerale che cresce dal magma quando quest’ultimo resta incastrato nella camera magmatica. Conoscere l’età dei cristalli, aiuta a stabilire per quanto tempo il magma è rimasto nella camera prima che il Vesuvio eruttasse.
Nel loro studio, pubblicato sulla rivista Science Advances , i ricercatori hanno spiegato i meccanismi di analisi del granato.
Per determinare l’età dei cristalli, sono stati utilizzati materiali quali l’uranio e il torio.
Il granato ha una struttura tale da incorporare piccole quantità dei materiali, che possono poi essere misurate dagli esperti. Utilizzando il rapporto tra gli isotopi uranio-238 e torio-230, i ricercatori possono calcolare l’età di cristallizzazione dei minerali.
I granati presi in considerazione per lo sviluppo di questo studio, arrivano dall’insieme di materiali raccolti dal team dell’ETH direttamente “in loco”.
Per assicurarsi il massimo livello di precisione, sono stati scelti per ogni estrazione i siti corrispondenti alle quattro esplosioni – i punti in cui è ancora possibile reperire dei detriti.
L’età dei cristalli di granito
Elaborando le ricerche e le analisi sopra descritte, i ricercatori sono riusciti a capire qual è il meccanismo alla base dell’esplosione.
Hanno compreso, che il magma più esplosivo al Vesuvio (il magma detto “fonolitico”) è immagazzinato in un serbatoio nella crosta superiore per diverse migliaia di anni prima dell’afflusso del magma più caldo (il magma detto “primitivo“), che è il responsabile dell’esplosione.
A quanto sembra, nei due eventi preistorici il magma è rimasto nella camera per circa 5.000 anni. In quelli storici, il tempo si è ristretto a circa 1.000 anni.
Tutto questo succede perché, come ci ricorda il responsabile del progetto Olivier Bachmann, “Il Vesuvio ha un sistema idraulico piuttosto complicato”.
Sotto il vulcano si nascondo diverse camere magmatiche collegate da un sistema di tubi.
La camera superiore – responsabile delle eruzioni – si riempie del magma proveniente da una delle camere inferiori. Qui, il materiale cristallizza, attivando un processo chiamato “differenziazione magmatica”. A questo punto, il magma “differenziato” prende il nome di fonolite.
Trascorso un determinato intervallo di tempo, il magma più primitivo o “mafico” scorre nella camera superiore, generando un aumento della pressione all’interno della camera. Tutta questa pressione spinge il magma fonolitico verso l’alto, potenzialmente fino in superficie, dando inizio a un’eruzione.
Una riserva di magma fonolitico è attualmente conservata sotto il Vesuvio. Gli esperti si chiedono quanto ancora ne rimane, e se la prossima eruzione sarà catastrofica o “gestibile”.
Vesuvio prossima eruzione: è possibile prevederla?
Un nuovo modello statistico che esamina i periodi di alta e bassa attività eruttiva permette di confrontare la probabilità di eruzione e la pericolosità del Vesuvio, dell’area di Ischia e dei Campi flegrei. Questa comprensione può contribuire a migliorare la nostra conoscenza del loro comportamento.
Un team internazionale di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e del British geological survey (bgs) di Edimburgo (Regno Unito) ha pubblicato su Science Advances lo studio “a Simple two-state model interprets temporal modulations in eruptive activity and enhances multivolcano hazard quantification”. Lo scopo dello studio è stato quello di analizzare tre vulcani attivi. Ve lo linko qui.
La pubblicazione di questo nuovo studio contribuisce a migliorare la nostra comprensione scientifica dell’attività vulcanica, essenziale per fare previsioni e adottare misure per proteggere le persone e le infrastrutture nelle aree a rischio.
Quando e come sarà?
Attualmente, non è possibile determinare la quantità di magma, sia fonolitico che mafico, conservato nelle profondità del Vesuvio. Tuttavia, siccome il vulcano produce principalmente magma mafico dal 1631, i ricercatori ritengono improbabile che attualmente si stia accumulando fonolite differenziata.
L’ipotesi di un’esplosione disastrosa come quella che distrusse Pompei ed Ercolano, è abbastanza improbabile. Il vulcano necessita di un periodo di quiescenza molto più prolungato per arrivare a livelli simili. “Pensiamo che sia più probabile che una grande ed esplosiva eruzione del Vesuvio si verifichi solo dopo un periodo di quiescenza durato secoli”. ha rivelato Bachmann.
“Tuttavia, eruzioni più piccole ma comunque molto pericolose come quella del 1944 o anche quella del 1631 possono verificarsi dopo periodi di quiescenza più brevi. Una previsione accurata delle dimensioni e dello stile delle eruzioni vulcaniche non è finora possibile. Tuttavia, il risveglio dei serbatoi di magma sotto i vulcani sono ora riconoscibili dal monitoraggio”.
Per meglio applicare i dati al modello realizzato, e salvaguardare i cittadini che vivono in prossimità del Vesuvio, il vulcano verrà monitorato 24 ore su 24. Inoltre, è stato preparato un piano di emergenza per la possibile evacuazione, così da proteggere quante più persone possibile.