Il team scientifico della Lancet Commission on Pollution and Health è stato particolarmente duro nell’ultimo report: i tassi di mortalità e malattia causati dall’inquinamento sono più alti che mai. Causano 1 decesso su 6 in tutto il mondo e colpiscono in modo sproporzionato le aree in via di sviluppo.
“Non c’è molto da fare al riguardo”, ha affermato Rachael Kupka, direttore esecutivo della commissione e uno dei coautori del report. Serve un’azione coordinata da parte di governi mondiali ed agenzie internazionali per mitigare l’inquinamento affrontando anche altre minacce come cambiamento climatico e perdita di biodiversità.
Se vi sembra disastroso, in realtà è anche peggio
La nuova stima si basa su una precedente ricerca della Commissione Lancet, che stimò in circa 9 milioni di morti le vittime dell’inquinamento nel 2015. Seguendo gli stessi criteri per le stime, i ricercatori hanno riscontrato un numero quasi invariato: e non è una bella notizia, anzi. Il calo dei decessi dovuto al miglioramento di aria e acqua domestici (un fattore dovuto generalmente alla povertà) è stato ampiamente compensato dall’inquinamento atmosferico, come quello da particolato, che ha fatto ancora più vittime.
Complessivamente, i decessi causati dai cosiddetti tipi di inquinamento “moderni” (quelli legati a industrializzazione, combustibili fossili ed esposizione a sostanze chimiche) sono aumentati di oltre il 66% negli ultimi 20 anni.
Inquinamento, i nemici più insidiosi
Oltre 6,5 milioni di decessi annui sono dovuti all’inquinamento atmosferico. Sul banco degli imputati ci sono minuscole particelle note come PM 2,5, 30 volte più piccoli della larghezza di un capello umano. Sono prodotte da incendi e combustibili fossili: si depositano in profondità nei polmoni e fanno danni respiratori, cardiovascolari e neurologici. Nel 2021, una stima dei ricercatori dell’Università di Chicago, ha valutato che l’esposizione al PM 2,5 porta via circa 21 miliardi di anni di aspettativa di vita ogni anno.
Altre preoccupazioni espresse nel report riguardano l’inquinamento chimico (specie nei paesi a basso e medio reddito, dove si concentrano i due terzi della produzione chimica mondiale). Il piombo di rifiuti elettronici, vernici e spezie contaminate miete 1 milione di morti all’anno, e avvelena il sangue di 800 milioni di bambini.
Il totale di 1,8 milioni di morti l’anno, peraltro, è “ampiamente sottostimato”: lo dice un altro dei co-autori del report, il prof. Philip Landrigan.
Gli sforzi contro l’inquinamento? Praticamente nulli
La commissione conclude che i governi mondiali hanno fatto “pochi sforzi” negli ultimi 5 anni per ridurre l’esposizione delle loro popolazioni all’inquinamento. Gli sforzi sanitari (complice anche il Covid) si sono concentrati praticamente solo sulle malattie infettive, togliendo risorse e sforzi alla lotta ambientale.
Questo non vuol dire che non si sia fatto niente, ovviamente. Negli ultimi anni Europa, Cina, India e altri paese hanno lavorato per ridurre i decessi da inquinamento, ispirati dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha introdotto standard ancora più rigorosi.
Tuttavia, Kupka e colleghi affermano che si debba fare molto, molto di più. Quando i governi mondiali riconosceranno davvero che l’inquinamento è una priorità urgente introdurranno misure più serie di quelle attuali. Ad esempio uno standard draconiano sulle emissioni delle auto, una lotta senza quartiere alle microplastiche o una messa al bando perpetua dell’uso di coloranti a base di piombo.
In sintesi: cose che fermino l’inquinamento alla fonte, non che provino semplicemente a gestirlo. Non si può “gestire” un Olocausto.