Un team guidato dal biologo vegetale Wenbin Zhou dell'Accademia cinese di scienze agricole (CAAS) ha recentemente pubblicato uno studio riguardo una nuova modifica genetica nella pianta di riso con dei risultati incredibili. La modifica genetica ha, infatti, originato delle piante di riso ogm altamente produttive che hanno una resa superiore del 40% rispetto ad una varietà “normale”. Ma non finisce qua! La nuova varietà ha anche dei tempi di crescita della pianta e di maturazione del chicco minori, diminuendo quindi i tempi del ciclo di produzione.
Modifica genetica? Cosa si intende?
Per ottenere questa varietà di riso ogm, i ricercatori andati ad inserire all’interno del patrimonio genetico della pianta una seconda copia di uno dei geni già presenti in un’unica copia, in condizioni normali, nella pianta. Questo è possibile grazie alle tecnologie moderne di editing genetico e in questo caso il gene duplicato è un gene deputato alla regolazione della trascrizione. Non entriamo troppo nel dettaglio, limitandoci a osservare gli effetti. In questo caso, consistono in un maggiore assorbimento del fertilizzante, un potenziamento della fotosintesi e un’accelerazione della fioritura.
L’aumento di resa derivante da un singolo gene, che coordina questi effetti multipli, è "davvero impressionante". A dirlo è Matthew Paul, genetista vegetale presso Rothamsted Research che non ha partecipato al lavoro. "Non credo di aver mai visto nulla di simile prima d'ora". L'approccio potrebbe essere sperimentato anche in altre colture ed infatti lo studio riporta già i risultati preliminari nel grano.

Bello, ma come hanno fatto?
Il gruppo di ricercatori ha passato al setaccio 118 geni regolatori del riso e del mais, che codificano per delle proteine chiamate fattori di trascrizione, che altri ricercatori avevano precedentemente identificato come probabilmente importanti per la fotosintesi.
In particolare, il team di Zhou ha cercato di capire se alcuni (e quali) tra questi 118 geni avessero un ruolo nell’assorbimento dell’azoto. Per farlo, i geni sono stati studiati prima in piante coltivate in un terreno a basso contenuto di azoto, poiché è lì che la loro attivazione sarebbe stata più evidente e necessaria. Se poi duplichiamo un gene con questa funzione, avremo realizzato una pianta modificata che in un terreno normale assorbe il doppio dell’azoto con tutte le conseguenze del caso sulla sua crescita e produzione di chicchi.
Riso OGM? Ma non fanno male gli OGM?
La risposta è semplice: sì, la varietà di riso ottenuta è OGM, cioè ha un’origine geneticamente modificata. Ma questo non rappresenta di per sé un male né tantomeno una minaccia per la nostra salute! Cerchiamo di capire perché…
Con OGM parliamo di "organismi non umani modificati attraverso l'ingegneria genetica", quindi organismi in cui attraverso apposite tecniche, si è andati a inserire, rimuovere o modificare porzioni di DNA. Prima di tutto, quindi, è evidentemente improprio pensare agli OGM come sole piante; anzi, gli organismi su cui sono stati fatti più esperimenti di modifica genetica sono in realtà i batteri… E per fortuna! È grazie a questi OGM che oggi possiamo produrre vaccini in grande quantità, insulina per i diabetici e mille altri farmaci e sostanze utili, se non indispensabili, per la nostra sopravvivenza.
L’ingegneria genetica ha permesso di realizzare cose incredibili e molto importanti, le cui implicazioni sono solo positive. Tuttavia, come per tutte le cose, serve cautela e attenzione: non è la tecnica il problema, ma chi la usa e per quali scopi! La realizzazione e la selezione di una pianta con caratteristiche migliori (che fa parte della storia dell’umanità da millenni ormai) non sono di per sé un male. Diventa pericolosa, però, nel momento in cui la varietà ottenuta diviene l’unica utilizzata (si lede gravemente la biodiversità) oppure quando questa varietà impoverisce eccessivamente il terreno. Insomma, la questione è molto più complicata di quanto sembri e non esiste un’unica verità assoluta. Se volete approfondire l’argomento degli OGM e delle loro implicazioni etiche e scientifiche, vi rimandiamo a questo articolo!
Fonti: DOI: 10.1126/science.abi84