La canapa è un assurdo mondiale: ha un mare di usi, e il mondo sembra dividersi solo tra chi la fuma e chi la osteggia. Se vi dicessi che il suo uso nell’edilizia è ampiamente apprezzato, e che l’unico problema di questa situazione è che non c’è ancora abbastanza canapa per questo?
E ce ne vorrebbe. Tantissima. Questa è la stessa conclusione raggiunta da Christian Eiskamp, e molto prima di tagliare il nastro della prima villetta bifamiliare in canapa costruita nella Bassa Sassonia, in Germania.
Christian Eiskamp aveva trascorso decenni a costruire case unifamiliari a Oldenburg, una città di poco più di 100.000 persone. Poi ha avuto l’intuizione che il periodo d’oro del cemento potesse finire a causa del suo pessimo impatto sul clima. E ha trovato la canapa come materiale da costruzione alternativo.
Una dura rivelazione
L’industria del calcestruzzo è responsabile del 60% delle emissioni globali di gas serra. Servirebbe aggiungere altro? In un pianeta intelligente, no di certo.
Se vedeste la casa, poi. Non dico in foto, quella potete vederla qui, dico da vicino. Da fuori non sembra fatta mica di canapa. È rivestita in legno, ha un portico e un bel tetto, sembra “La casa nella prateria”. Ovviamente c’è ancora un po’ di cemento, tra fondamenta e “ossatura”.
La struttura, però, è interamente rivestita con mattoni fatta di paglia di canapa pressata e unita a malce. Costa il 15% in più di una costruzione tradizionale, ma è l’unico punto a sfavore. A fine vita della casa, dopo quanto? 70? 100 anni? La parte di canapa e calce può essere del tutto compostata. Ed è solo l’inizio.
Casa, dolce casa di canapa
Iniziamo dalla cosa più importante: il bilancio climatico. Una casa fatta di blocchi di canapa tiene stretta l’anidride carbonica (CO2) finché è in piedi e il materiale non brucia né marcisce. Ogni tonnellata di sostanza secca immagazzina da una a tre tonnellate di CO2. Vi sembra poco?
Da tempo i ricercatori sul clima prediligono il legno come materiale ecosostenibile (se usato in massa potrebbe davvero contribuire a raggiungere i nostri obiettivi, almeno secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2020). La pratica e la teoria, però, sono due cose diverse. E il legno costa, tanto, è aumentato parallelamente all’aumento della domanda.
Non ci sono alternative? Certo che sì. Tutto ciò che contiene un’elevata percentuale di cellulosa è adatto per l’edilizia.
Materiali fantastici e dove impiegarli
L’aumento della domanda di case in canapa ravviverebbe l’agricoltura sostenibile, perchè la canapa può essere facilmente integrata nelle rotazioni delle colture. Le sue profonde radici migliorano la capacità del terreno di assorbire l’acqua. Non ha bisogno di molti fertilizzanti, né di pesticidi.
E non si fuma, contrariamente a quanto si pensa. La canapa commerciale, diversamente dalla cannabis, non contiene THC, il principio attivo che produce “lo sballo”. In Europa è stata impiegata per molto più tempo come materiale per costruire tessuti e vele.
E poi cosa è successo? Dal dopoguerra in poi, America e Germania hanno vietato ogni coltivazione di “marijuana”, facendo (è il caso di dirlo) di tutta l’erba un fascio. Fine dei tessuti in canapa e di tutto il resto. Cemento, acciaio, cotone, erano più economici e presero il sopravvento.
Oggi le condizioni sono mutate. C’è carenza mondiale di materiali da costruzione. Il ritorno in auge della canapa è quasi una conseguenza, e i metodi di ricavarne mattoni sono migliorati moltissimo. Gli addetti ai lavori hanno coniato il termine “hempcrete” (da “hemp”, canapa e “concrete”, cemento) per etichettare molti prodotti diversi, dai blocchi di costruzione ai pannelli isolanti.
E questa potrebbe essere la “cavalcata” giusta.
Serve coltivarne di più
Dal 2018, anno di realizzazione della prima casa prefabbricata in canapa (nei Paesi Bassi) al 2021, quando il comune francese di Croissy-Beaubourg, vicino a Parigi, è diventato sede del primo edificio pubblico in pietre di canapa. Sono stati 3 anni di crescita verticale, che ha portato le poche aziende di settore, come la belga Isohemp, ad aprire nuove linee di produzione per la domanda sempre più alta.
E qui sorge il problema. Quanta canapa abbiamo in Europa? Poca. Ecco la verità. Negli ultimi 5 anni nessuno ha colto questo trend: secondo Eurostat, la superficie coltivata a cannabis industriale è passata da circa 20.000 ettari nel 2015 a 36.000 ettari nel 2020.
Le prospettive non sono il massimo, se tenete conto della necessità di coltivare grano (una priorità, dato il conflitto in Ucraina). C’è grande speranza anche in questo periodo così complicato, però. Piccoli consorzi tedeschi si stanno mettendo insieme per sviluppare un’industria edile più cooperativa: certo artigianale, ma interconnessa. Almeno a livello regionale.
Col prezzo giusto e una buona offerta, la costruzione di case molto più vicine all’ambiente, quella sì, sarebbe il vero sballo.