Nell'area che circonda la centrale nucleare di Fukushima Daiichi c'è ancora qualcosa che non si vede. Non si vede, ma resta impressa negli edifici, nelle case, nelle scuole. Un fantasma radioattivo che ha la forma di minuscole particelle radioattive, ricche di cesio, ritrovate in un recente studio persino nella polvere di una scuola abbandonata che si trova a quasi 3 chilometri dalla centrale.
Particelle radioattive, un silenzioso invasore
La minaccia non risiede solo nella radioattività, quanto nelle dimensioni, che si aggirano solitamente sui 5 micrometri o anche meno.
"Date le dimensioni, queste particelle radioattive potrebbero raggiungere i recessi più profondi dei polmoni, depositandosi lì e creando problemi". A dirlo è Satoshi Utsunomiya, docente associato dell'Università di Kyushu, in Giappone, e autore principale dello studio appena pubblicato su Chemosphere, che vi linko qui.
L'incidente nucleare di Fukushima nel 2011 ha rilasciato una quantità considerevole di queste particelle radioattive, al punto che i ricercatori le hanno rinvenute nella regione di Kanto (nel 2021) e (nel 2019) fino a Tokyo, a ben 300 km di distanza. Quella che mancava era una conferma della possibile presenza di queste particelle anche all'interno degli edifici. Bene: cioè male. Questa conferma è arrivata, ed è anche troppo tardiva e poco aggiornata.

Fotografia di un disastro
All'entrata di una scuola abbandonata, vi dicevo, Utsunomiya e il suo team hanno trovato un paesaggio sospeso nel tempo. Sei anni dopo il disastro, nel 2017, tutto era rimasto esattamente com'era al momento del terremoto. La polvere che rivestiva le superfici era come una time capsule, un resoconto tangibile del disastro. Ma questa polvere racchiudeva un segreto inquietante.
"Abbiamo trovato microparticelle radioattive di cesio sia all'ingresso della scuola sia al secondo piano, con concentrazioni maggiori vicino alla porta" afferma Utsunomiya. Questo rilevamento, reso pubblico solo oggi, è rilevante poiché suggerisce che queste particelle radioattive possano accumularsi e creare delle "zone calde" di radioattività, persino all'interno degli edifici.
Particelle radioattive: nel frattempo, come è evoluta la situazione?
Data la tempistica della ricerca (Covid e altre lungaggini che hanno portato la pubblicazione di questi risultati solo ora, a 6 anni dal rilevamento) Utsunomiya e il professor Gareth Law, della University of Helsinki in Finlandia, coautore, chiedono a gran voce che siano fatti ulteriori studi.
Non è ancora del tutto chiaro il preciso impatto sulla salute di queste particelle radioattive, ed analizzare la loro presenza negli ambienti interni delle zone colpite dalle radiazioni di Fukushima è cruciale.
"Sento che è nostro dovere condurre ricerche scientifiche rigorose sugli eventi tragici di Fukushima, scoprire e divulgare nuove conoscenze che saranno importanti per la società e la prossima generazione" dichiara Utsunomiya.
Che si fa adesso?
Ogni possibile, lunghissimo sforzo di bonifica per consentire che la vita riprenda il suo corso richiederà una profonda conoscenza delle forme e dell'entità della contaminazione negli edifici, per garantire la sicurezza di lavoratori e potenziali occupanti. E sembra che non ci sia troppa voglia di approfondire la questione.
Il Giappone ha troppo bisogno di liberarsene, nell'anno in cui sverserà nell'Oceano Pacifico tutte le acque radioattive che ha custodito fino ad oggi. Un passo avanti o un rischio ulteriore? Solo il tempo potrà dirlo.