La ricerca scientifica ha sempre avuto la capacità di stupirci, portando alla luce fenomeni inaspettati. L'ultimo in ordine di tempo è un virus, manipolato geneticamente, che si rivela una promettente fonte di energia elettrica. Il team di Seung-Wuk Lee, bioingegnere presso l'Università della California a Berkeley, ha mostrato come i batteriofagi M13, virus che infettano batteri, possano essere indotti a diventare piccole "centrali elettriche".
Origini delle correnti elettriche biologiche
Il concetto di bioelettricità non è nuovo. Già nel XVIII secolo l'italiano Luigi Galvani dimostrò come gli impulsi elettrici potessero indurre contrazioni muscolari nelle rane, gettando le basi dell'elettrofisiologia. Tuttavia, la comprensione dettagliata di questi fenomeni a livello molecolare è rimasta un mistero finora.
Il batteriofago M13 presenta una struttura unica, "adornato" da una guaina proteica composta da quasi 3.000 copie di una proteina elicoidale. Questa disposizione crea una polarità, con cariche positive all'interno e negative all'esterno. Il team di Lee ha precedentemente scoperto che applicando pressione su queste proteine si generava piezoelettricità, ovvero la capacità di trasformare la forza meccanica in energia elettrica.
Generazione di correnti elettriche tramite calore
Modificando geneticamente i virus per includere una sequenza proteica specifica, i ricercatori hanno ottenuto che questi si legassero a piastre sottili ricoperte di nichel. Esponendo queste strutture al calore (sia tramite fuoco che con un laser) le proteine si sciolgono e si ripiegano, squilibrando le cariche e generando tensioni elettriche.
Questo processo, noto come piroelettricità, è stato ulteriormente potenziato con l'inserimento di glutammato, un aminoacido negativamente carico, sulla superficie esterna delle proteine. Potete trovare qui maggiori informazioni sullo studio fatto.


Applicazioni pratiche
La ricerca apre la strada a diverse applicazioni pratiche. Una di queste è l'uso dei batteriofagi come biosensori per rilevare gas nocivi. Sfruttando la loro capacità di generare firme elettriche specifiche in presenza di determinate sostanze chimiche, come lo xilene, i virus possono rivelarsi strumenti efficaci nella rilevazione di sostanze pericolose.
Nonostante la tensione generata dai virus sia ancora modesta, i ricercatori sono ottimisti sulla possibilità di amplificarla. I virus M13 hanno la capacità di autoreplicarsi aumentando il loro numero e, di conseguenza, l'intensità dell'energia elettrica prodotta.
Staremo a vedere. Questa ricerca non solo sottolinea l'importanza della bioingegneria nella produzione di energia sostenibile, ma apre anche nuove prospettive sulla comprensione e l'utilizzo dell'elettricità biologica. Il lavoro di Lee e del suo team ci ricorda (se ce ne fosse ancora bisogno) che le soluzioni più innovative possono venire dalle fonti più inaspettate.