Provate a distinguere due gemelli identici dalle impronte digitali. Complicato, vero? È lo stesso ostacolo che incontrano gli scienziati quando tentano di differenziare i minuscoli granelli polverosi prodotti da abeti, larici e pini. Identici all’apparenza, diversissimi negli effetti allergeni che producono. Un problema che sembrava insormontabile, almeno fino ad oggi.
Un team di ricercatori americani ha sviluppato un sistema di intelligenza artificiale che può cambiare le regole del gioco, rendendo finalmente possibile identificare con precisione gli allergeni specifici di ogni specie: una distinzione che potrebbe portare sollievo a milioni di persone che soffrono di allergie stagionali.
La sfida microscopica degli allergeni
Osservare al microscopio granelli di polline di conifere è come guardare un mucchio di sabbia e cercare di distinguere i singoli granelli. Anche con i più sofisticati strumenti ottici le differenze sono minime, praticamente invisibili all’occhio umano. Eppure, queste piccole particelle sono responsabili di lacrime, starnuti e difficoltà respiratorie per milioni di persone durante la stagione dei pollini.
Behnaz Balmaki, assistente professoressa di ricerca in biologia all’Università del Texas di Arlington, ha guidato un team che ha affrontato questa sfida con un approccio totalmente nuovo. Insieme a Masoud Rostami della Divisione di Data Science, ha pubblicato uno studio rivoluzionario sulla rivista Frontiers in Big Data. Il sistema di intelligenza artificiale che hanno sviluppato è capace di distinguere sottili differenze tra pollini di abete, pino e larice con una precisione sorprendente.
Con dati più dettagliati su quali specie di alberi sono più allergeniche e quando rilasciano polline, gli urbanisti possono prendere decisioni più intelligenti su cosa piantare e dove.

Oltre le allergie: un tesoro di informazioni
L’analisi del polline non riguarda solo gli allergeni e il benessere umano. Questi minuscoli granelli raccontano storie antiche, conservate nei sedimenti lacustri e nelle torbiere, offrendo registrazioni dettagliate delle comunità vegetali del passato. La distribuzione delle piante è strettamente legata a fattori ambientali come temperatura, precipitazioni e umidità.
I ben nove modelli di AI testati dai ricercatori non solo identificano con precisione gli allergeni presenti nei pollini, ma aprono la porta a un monitoraggio ambientale su larga scala. Gli agricoltori potrebbero usare queste informazioni per tracciare tendenze ambientali a lungo termine che influenzano la vitalità delle colture, le condizioni del suolo o i modelli climatici regionali.
Mi colpisce particolarmente l’implicazione per la conservazione della fauna selvatica e degli impollinatori. Molti animali, inclusi insetti come api e farfalle, dipendono da piante specifiche per cibo e habitat. Identificando quali specie vegetali sono presenti o in declino in un’area, possiamo capire meglio come questi cambiamenti impattano l’intera catena alimentare. E magari evitare il piano B (alimentare le api con del cibo sintetico).
Il futuro della diagnosi degli allergeni
I ricercatori hanno esaminato campioni storici di abeti, larici e pini conservati dal Museo di Storia Naturale dell’Università del Nevada. La tecnologia ha dimostrato un potenziale impressionante, superando i metodi tradizionali in velocità e precisione.
Balmaki e i suoi collaboratori stanno già pianificando di espandere la loro ricerca per includere una gamma più ampia di specie vegetali. L’obiettivo è sviluppare un sistema completo di identificazione del polline applicabile in diverse regioni degli Stati Uniti, per comprendere meglio come le comunità vegetali potrebbero cambiare in risposta a eventi meteorologici estremi.
Come ha sottolineato la stessa ricercatrice, questa non è solo una questione di macchine: è una collaborazione tra tecnologia e scienza, dove l’intelligenza artificiale potenzia il lavoro umano, ma non lo sostituisce. Una lezione che vale per molti altri campi della ricerca moderna.