Ho sempre pensato che le grandi imprese nascano spesso da piccole intuizioni. Prendiamo MySQL: un database creato in Svezia a metà degli anni ’90 da tre sviluppatori, battezzato con il nome della figlia di uno di loro. Chi avrebbe immaginato che 30 anni dopo sarebbe diventato lo scheletro portante dell’intero ecosistema web?
Dietro l’ascesa dei social media, dietro la bolla delle dotcom, dietro la trasformazione digitale di interi settori economici, c’è questo sistema di gestione dati che questo mese celebra tre decenni di vita. Una storia che vale la pena raccontare, soprattutto perché mostra come le tecnologie apparentemente “secondarie” finiscano per plasmare il nostro futuro.
MySQL, un nome di famiglia
Nel 1995, mentre il primo lungometraggio interamente realizzato in computer grafica conquistava il cinema, tre sviluppatori in Svezia stavano dando vita a qualcosa che avrebbe cambiato internet per sempre. Ricordo bene quel periodo: i modem gracchiavano, i cellulari erano mattoncini indistruttibili e nessuno immaginava che un giorno avremmo passato ore a scrollare, pieni d’ansia, un flusso inarrestabile di notizie sui nostri smartphone.
In quel contesto, Michael “Monty” Widenius, un programmatore finlandese, insieme agli svedesi David Axmark e Allan Larsson, crearono MySQL. Il nome era una combinazione: “My” era il nome della figlia di Widenius, mentre “SQL” stava per Structured Query Language, il linguaggio standard per interagire con i database relazionali. Un gesto d’affetto paterno che sarebbe diventato uno dei marchi più riconosciuti nel mondo della tecnologia. Mi ha sempre colpito come dietro ai grandi progetti tecnologici ci siano spesso storie personali e umane che raramente vengono raccontate.

La particolarità di MySQL fu subito evidente: era distribuito con licenza open source, il che significava che chiunque poteva usarlo, modificarlo e adattarlo alle proprie esigenze senza pagare costose licenze. Nel 1995, quando Windows 95 costava una fortuna e i software proprietari dominavano il mercato, questa era una piccola rivoluzione culturale. Sembra un’epoca geologica fa, eppure stiamo parlando di appena 30 anni.
La formula magica chiamata LAMP
Alla fine degli anni ’90, con il mondo in fissa per il millennium bug, MySQL diventava il cuore pulsante di una combinazione tecnologica che avrebbe democratizzato lo sviluppo web: lo stack LAMP. Sapete per cosa sta l’acronimo? È facile. “L” di Linux come sistema operativo, “A” di Apache come server web, “M” di MySQL come database e “P” di PHP (o se volete Perl, o ancora Python) come linguaggio di programmazione. Una formula magica, quattro moschettieri che hanno permesso a migliaia di sviluppatori di creare siti web dinamici con budget ridotti.
Lo stack LAMP è stato per il web quello che la Formula 1 è stata per l’automobile: un laboratorio di innovazione che ha spinto i limiti del possibile. Chiunque abbia avuto un blog su WordPress o abbia usato phpBB per i forum nei primi anni 2000 ha inconsapevolmente beneficiato di MySQL. È stato il motore silenzioso che ha alimentato l’esplosione dei contenuti generati dagli utenti e la nascita del Web 2.0.
Mi viene in mente come, intorno al 2004, creare un sito web dinamico fosse diventato alla portata di tutti grazie a questa tecnologia. La barriera d’ingresso si era drasticamente abbassata. Non serviva essere un genio della programmazione o avere capitali enormi: bastava un computer, una connessione internet e la voglia di imparare. Perfino io potevo farlo, e infatti lo feci. MySQL aveva reso tutto questo possibile.
Quando Zuckerberg balbettava (non so se ha smesso, per la verità)
Nel dicembre 2005, un Mark Zuckerberg visibilmente nervoso si presentò in un’aula di Harvard per parlare di un sito che aveva creato poco meno di due anni prima. Facebook era ancora agli albori, ma già serviva 400 milioni di pagine al giorno. Il suo segreto? “MySQL è un ottimo database open source… è abbastanza facile da usare ed è discretamente veloce”, spiegò Zuckerberg al pubblico.
Oggi fa quasi tenerezza ripensare a quel Zuckerberg, lontano anni luce dal CEO miliardario che conosciamo (a parte, forse, il balbettio). All’epoca Facebook era solo uno dei tanti social network emergenti, ma aveva fatto una scelta tecnologica che si sarebbe rivelata vincente: MySQL.
La scelta di Facebook non fu casuale. Durante la bolla delle dotcom, molte startup avevano bruciato capitali enormi in infrastrutture costose. Dopo lo scoppio della bolla nel 2000, i fondi si erano ridotti drasticamente. L’open source divenne non solo una scelta ideologica, ma una necessità economica. MySQL offriva prestazioni eccellenti con costi contenuti: l’equazione perfetta per chi voleva costruire il prossimo grande successo del web partendo da zero.
Piccola soluzione, grande popolo
Uno degli aspetti più affascinanti di MySQL è stata la comunità che si è formata attorno ad esso. Peter Zaitsev, nato in Russia, fu uno dei primi sviluppatori e adopter di MySQL 3.23. “C’erano molti bug. Passavo molto tempo sulla mailing list a segnalarli tutti e a tormentare Monty”, ha raccontato Zaitsev, che in seguito è diventato co-fondatore di Percona, una società di consulenza per database open source.
L’approccio diretto e senza fronzoli degli sviluppatori nordici mi ha sempre colpito: così lontano dal mio atteggiamento involontariamente barocco (un napoletano non può mai liberarsi del tutto da questa attitudine, può solo interpretarla). Zaitsev racconta che, a differenza degli americani, con Monty Widenius non c’era bisogno di passare mezz’ora a elogiare qualcuno prima di chiedere di correggere un bug. Un approccio pragmatico e sincero che rifletteva la filosofia stessa di MySQL: semplicità, efficienza, zero fronzoli.

La cultura aziendale di MySQL AB (l’azienda originale) era fortemente orientata all’ingegneria. Con circa 40 dipendenti, per lo più ingegneri, la società aveva un’ideologia chiara: non sarebbe mai stata gestita da venditori. MAI. Non è vero, fu una promessa che, come vedremo, aveva i giorni contati. Ma riflette perfettamente lo spirito dei tempi: eravamo nella fase in cui i tecnici, non i manager, erano i nuovi eroi della cultura pop.
Il matrimonio di MySQL con Sun
Nel 2008, mentre un promettente (anche lì il tempo avrebbe dato altre risposte) Barack Obama veniva eletto presidente degli Stati Uniti, Sun Microsystems acquistò MySQL per un miliardo di dollari. All’epoca era una cifra scioccante per un’azienda open source. Per contestualizzare, era l’anno in cui la prima generazione di iPhone stava prendendo piede e in cui Netflix passava dalla spedizione di DVD al servizio di streaming.
Robin Schumacher, analista di Gartner ed ex dipendente di MySQL, racconta che il CEO di Sun dell’epoca, Jonathan Schwartz, promise: “L’ultima cosa che voglio fare è ostacolare il vostro progresso. Qualunque cosa accada, voglio che continuiate a fare ciò che state facendo”. Sun non era un player nel mercato dei database, e quindi gli utenti di MySQL non si sentirono particolarmente minacciati.
Mi ricordo che l’acquisizione fu vista con un misto di ottimismo e preoccupazione dalla comunità. Da un lato, significava che MySQL aveva finalmente “fatto il grande passo”; dall’altro, c’era il timore che l’anima open source potesse venire compromessa. Era il classico dilemma di ogni progetto indipendente che viene acquisito da una grande azienda: manterrà la sua identità o verrà assorbito e snaturato? Qualcuno sa come è finita, o può intuirlo. Per tutti gli altri: continuate pure a leggere.
L’ombra di Oracle
Era il 2009 quando Oracle acquistò Sun Microsystems per 5,6 miliardi di dollari. E qui la storia prende una piega inaspettata. Oracle era (ed è) un gigante dei database proprietari, con il suo fondatore Larry Ellison noto per il suo stile aggressivo e la sua passione per il lusso (inclusa l’acquisizione di isole hawaiane e cose così).

La preoccupazione della comunità MySQL era comprensibile. Ogni volta che qualcuno usava un database open source, potenzialmente sottraeva dollari alla cassa di Oracle. Non è un caso che Monty Widenius lasciò la società e lanciò una campagna per “salvare MySQL” e “mantenere internet libero”. Finì per creare un fork del codice MySQL per costruire MariaDB, una nuova azienda basata sul nuovo nome.
Le grandi acquisizioni tecnologiche sono spesso accompagnate da drammi umani e scissioni ideologiche. È come se dietro ogni riga di codice ci fossero passioni, convinzioni e visioni del mondo contrastanti. La tecnologia non è mai neutrale, e la storia di MySQL lo dimostra perfettamente.
MySQL, l’eredità continua
Sorprendentemente, Oracle non ha affossato MySQL come molti temevamo. “Diamo a Oracle il merito che merita. Se guardiamo cosa ha fatto con MySQL, ha continuato a migliorarlo, a farlo crescere, a offrire nuove soluzioni innovative basate su di esso”, afferma Schumacher. Molti degli stessi leader ingegneristici con cui aveva lavorato 20 anni fa sono ancora lì, il che sarebbe impensabile se Oracle stesse danneggiando il progetto.
Oggi MySQL è il database open source più quotato nella classifica DB-Engines, secondo solo a Oracle in generale. È anche secondo nel sondaggio Stack Overflow degli sviluppatori professionali, dietro PostgreSQL. Quest’ultimo è diventato un quasi front-end per sistemi distribuiti come YugabyteDB e CockroachDB, oltre ad essere un popolare DBaaS fornito da AWS, Google Cloud e Microsoft Azure.
Pensate che YouTube ha costruito un sistema distribuito su MySQL, e il risultato, Vitess, è utilizzato da colossi come Slack, Airbnb e GitHub. PlanetScale, che fornisce un servizio database per Vitess, mira ad alimentare una nuova generazione di startup basate sul web. La storia continua, in forme nuove e inaspettate.
Mysql nella tua vita quotidiana
Ehi, tu. Si, proprio tu. Forse non te ne sei mai accorto, ma MySQL è presente nella tua vita quotidiana in modi che nemmeno immagini. Quando controlli la disponibilità di un prodotto su un sito di e-commerce, probabilmente stai interrogando un database MySQL. Quando pubblichi una foto su Instagram o un tweet, quando prenoti un volo o un hotel online, quando fai una ricerca su un motore di ricerca: dietro molte di queste azioni c’è un database MySQL che elabora, archivia e recupera i dati.
In un certo senso, MySQL è come l’elettricità moderna: non ci pensiamo mai finché non si spegne la luce. È diventato così integrato nell’infrastruttura di internet che diamo per scontata la sua esistenza. Eppure, senza di esso, gran parte della tecnologia che usiamo quotidianamente semplicemente non funzionerebbe.
Mi piace pensare a MySQL come a uno di quegli eroi silenziosi dei film, quelli che fanno il lavoro sporco dietro le quinte mentre i protagonisti prendono tutti i meriti. È il database che ha permesso a generazioni di sviluppatori di creare prodotti che hanno cambiato il mondo, spesso senza nemmeno essere menzionato nei comunicati stampa o nelle presentazioni pubbliche. Dopo di lui, il Diluvio. O che altro?
Il futuro è ancora da scrivere
Celebrando i 30 anni di MySQL in uno dei “pezzi lunghi” e un po’ nostalgici della rubrica “il futuro di ieri” è naturale chiedersi anche cosa ci riserverà il futuro di domani. La crescente preferenza per i sistemi open source suggerisce che MySQL non scomparirà presto. Come ha detto un CEO di startup all’epoca: “Non avrei un’attività senza MySQL”. Era la facilità d’uso, il fatto di non dover affrontare licenze complicate, che permetteva agli sviluppatori di scaricare il software e iniziare a lavorare con esso in poche ore, anziché dover passare attraverso processi di approvvigionamento e trattare con Oracle o Microsoft. Oggi diamo per scontate queste cose. Ma all’epoca erano innovative.
MySQL ha democratizzato l’accesso ai database potenti, abbattendo barriere economiche e tecniche che avevano tenuto molti sviluppatori e piccole imprese fuori dal gioco. Ha contribuito a creare un mondo in cui le idee potevano essere trasformate in prodotti reali con budget limitati, accelerando l’innovazione e aprendo la porta a una nuova generazione di imprenditori tecnologici.
Se il mondo sempre online di business, politica e cultura che MySQL ha contribuito a creare sia da celebrare o meno è una questione aperta. I social media hanno trasformato il discorso politico, spesso non in meglio. Le piattaforme digitali hanno ridefinito il nostro modo di socializzare, lavorare e consumare. Ma qualunque sia la tua opinione su questi cambiamenti, una cosa è certa: non c’è modo di tornare indietro.
E forse è proprio questo il vero lascito di MySQL: non solo un pezzo di software, ma un catalizzatore di cambiamento culturale e sociale. Un piccolo database svedese che, insieme ad altri strumenti open source, ha contribuito a costruire il mondo interconnesso in cui viviamo oggi. Un mondo che, nel bene e nel male, è stato trasformato dalla possibilità di archiviare, recuperare e analizzare dati su scala globale.
Mi torna in mente quella presentazione di Zuckerberg del 2005. Chissà se lui stesso immaginava dove l’avrebbe portato quel “database abbastanza veloce”. Chissà se i tre fondatori di MySQL avevano previsto l’impatto che la loro creazione avrebbe avuto sul mondo. A volte le grandi rivoluzioni iniziano con le intuizioni più semplici e gli obiettivi più modesti.
E a volte, come nel caso di MySQL, con il nome di una bambina.