Diciamocelo francamente: la domanda “da dove veniamo?” ce la portiamo dietro da un bel po’. Non parlo di nonni e bisnonni, eh, ma proprio dell’inizio di tutto, quella scintilla primordiale che ha trasformato un pugno di molecole inanimate in… beh, in noi, e in tutto il circo biologico che ci circonda. Ora, un gruppo di ricercatori sembra aver aggiunto un pezzetto non da poco a questo puzzle cosmico, lavorando con l’RNA, quella molecola un po’ factotum che molti pensano sia stata la protagonista indiscussa dell’origine della vita.
Sono riusciti a far sì che un enzima a RNA si copiasse da solo, anche se per ora solo parzialmente. Sembra poco? Forse. Ma considerate che stiamo parlando di mimare in laboratorio processi che, miliardi di anni fa, potrebbero aver dato il via a tutto. È come trovare la prima pagina di un libro di cui ignoravamo perfino l’esistenza.
Il ruolo chiave dell’RNA nell’origine della vita
L’RNA, o acido ribonucleico, è da tempo sotto i riflettori quando si discute delle primissime fasi della vita sulla Terra. A differenza del DNA, che è un maestro nell’immagazzinare informazioni genetiche, e delle proteine, che sono i cavalli da soma della cellula capaci di catalizzare reazioni, l’RNA ha la straordinaria capacità di fare entrambe le cose. Certo, magari non con l’efficienza specializzata degli altri due, ma questa sua versatilità lo rende il candidato ideale per il ruolo di “prima molecola della vita”. L’idea, nota come “ipotesi del mondo a RNA”, suggerisce che la vita sia iniziata con molecole di RNA capaci di autoreplicarsi.
Come ha detto James Attwater dell’University College London, uno degli autori dello studio, “Questa era la molecola che gestiva la biologia”. Insomma, un vero e proprio tuttofare molecolare.
Il problema, però, è che far replicare l’RNA in laboratorio non è una passeggiata. L’RNA può formare doppie eliche, un po’ come il DNA, e teoricamente potrebbe copiarsi dividendo questa doppia elica in due filamenti singoli, per poi usare ciascun filamento come stampo per crearne uno nuovo. Il guaio è che queste doppie eliche di RNA sono tenute insieme da legami fortissimi, molto più di quelli del DNA. Una volta formate, è difficilissimo separare i due filamenti abbastanza a lungo da permettere la replicazione.
È un po’ come cercare di sfilare due pezzi di velcro potentissimo tenendoli immersi nella colla. Non proprio semplice.

Triplette e cicli termici: la nuova strategia per capire l’origine della vita
Il team di Attwater, la cui ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Chemistry, ha trovato un modo ingegnoso per aggirare questo ostacolo. Hanno scoperto che usando piccoli frammenti di RNA composti da tre “lettere” (le basi azotate che compongono l’RNA), chiamate triplette, queste si legano ai filamenti singoli con forza sufficiente da impedire che la doppia elica si richiuda troppo in fretta.
Tre sembra essere il numero magico: frammenti più lunghi rischierebbero di appaiarsi in modo errato, creando confusione. È come usare dei piccoli fermacarte molecolari, abbastanza forti da tenere separate le pagine ma non così ingombranti da impedire la lettura.
Il processo messo a punto dai ricercatori è affascinante. Iniziano con un enzima a RNA (un ribozima) in forma di doppia elica e lo mescolano con queste triplette. Poi, rendono la soluzione acida e la scaldano a 80 gradi Celsius. Questo calore e l’acidità “aprono” la doppia elica, permettendo alle triplette di legarsi ai filamenti singoli. Successivamente, la soluzione viene resa alcalina e raffreddata drasticamente fino a meno 7 gradi Celsius. Congelando l’acqua, il liquido rimanente diventa estremamente concentrato, e qui entra in gioco l’enzima a RNA: diventa attivo e inizia a “cucire” insieme le triplette legate al filamento stampo, formando così un nuovo filamento complementare.
Per ora, i ricercatori sono riusciti a replicare fino a 30 “lettere” dell’enzima originale, che è lungo 180 lettere. Non è ancora la replicazione completa, ma è un passo da gigante. I ricercatori sono fiduciosi che, migliorando l’efficienza dell’enzima, si possa arrivare all’obiettivo. Questo sistema molecolare molto semplice, sottolinea Attwater, ha delle proprietà davvero intriganti.
Implicazioni e collegamenti con il codice genetico
Una delle cose più stuzzicanti è il possibile legame tra queste triplette di RNA usate nell’esperimento e il codice a triplette che le nostre cellule usano oggi per specificare la sequenza delle proteine. Avete presente il codice genetico? Quello che traduce la lingua del DNA e dell’RNA nella lingua delle proteine? Utilizza proprio gruppi di tre lettere. “Potrebbe esserci una relazione tra come la biologia copiava il suo RNA in passato e come la biologia usa l’RNA oggi,” ipotizza Attwater. È come se avessimo trovato un antico dialetto molecolare che ha lasciato tracce nella lingua moderna della vita.
Inoltre, il team ha osservato che le triplette che partecipano più volentieri alla replicazione in questo sistema sono quelle che si legano più fortemente. E guarda caso, si pensa che il primissimo codice genetico fosse composto proprio da questo insieme di triplette “forti”. Un’altra coincidenza che fa riflettere.
Le condizioni necessarie per questo processo, con cicli di riscaldamento, raffreddamento e variazioni di pH, potrebbero essere avvenute naturalmente sulla Terra primordiale. Data la necessità di acqua dolce, è più probabile che sia successo sulla terraferma, magari in sistemi geotermici, come quelli che troviamo oggi in Islanda, dove esistono sorgenti calde con pH molto vari, alcuni acidi quanto quelli usati nell’esperimento.
Sempre più vicini a capire
L’idea che l’origine della vita possa essere avvenuta in pozze geotermiche terrestri non è nuova, e questo studio aggiunge un tassello a favore. Anche noi di Futuro Prossimo abbiamo esplorato varie ipotesi, ma come sottolinea Zachary Adam dell’Università del Wisconsin-Madison, questo lavoro potrebbe indicare un ruolo puramente chimico, non ancora informatico, per le triplette di RNA, prima ancora dell’emergere di una cellula vivente.
Stiamo lentamente, ma inesorabilmente, sollevando il velo su uno dei misteri più profondi della scienza, avvicinandoci a capire non solo come la vita è iniziata, ma anche dove e in che modo, un piccolo, cruciale passo molecolare alla volta. Chissà, forse un giorno riusciremo davvero a ricreare quella prima, timida scintilla.