Sapete qual è il mio incubo ricorrente? Essere morso da un serpente in mezzo al nulla, lontano da ospedali e cure. Un incubo che per molte persone nel mondo è realtà quotidiana. Ma ora qualcosa sta cambiando: un nuovo siero antiveleno promette di neutralizzare 19 tra i serpenti più mortali al mondo.
La cosa folle? È nato grazie a un uomo che per 18 anni si è fatto mordere volontariamente, costruendo nel suo corpo un’immunità che gli scienziati hanno saputo trasformare in cura. Un gesto estremo che potrebbe salvare migliaia di vite, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove i morsi di serpente mietono vittime ogni giorno.
Sapevo che mi sarebbe piaciuto
La produzione di sieri antiveleno è rimasta praticamente invariata nell’ultimo secolo: si inietta il veleno in cavalli o pecore, si raccolgono gli anticorpi prodotti e si spera funzionino. Un metodo abbastanza efficace, ma con mille limitazioni: reazioni avverse agli anticorpi non umani, trattamenti specifici solo per certe specie e regioni. Troppo poco, considerando che milioni di persone rischiano la vita per un incontro casuale con un serpente, magari lontano chilometri da un ospedale con l’antiveleno giusto.
La vera sorpresa in questa storia è come gli scienziati abbiano trovato la soluzione: un donatore, Tim Friede, che per quasi due decenni si è sottoposto spontaneamente a centinaia di morsi e auto-immunizzazioni con dosi crescenti di veleno da 16 specie di serpenti letali. Una follia che avrebbe ucciso chiunque, ma che ha generato nel suo corpo anticorpi efficaci contro numerose neurotossine contemporaneamente.

L’idea del cocktail antiveleno
Il team guidato dal CEO di Centivax, Jacob Glanville, ha creato un panel di test con 19 dei serpenti più letali secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, appartenenti alla famiglia degli elapidi (quella che comprende serpenti corallo, mamba, cobra, taipan e krait). Hanno quindi isolato gli anticorpi mirati dal sangue del donatore che reagivano con le neurotossine presenti nelle specie testate.
Gli anticorpi sono stati testati uno per uno su topi avvelenati da ciascuna specie inclusa nel pannello. In questo modo, gli scienziati hanno potuto costruire sistematicamente un cocktail che comprende un numero minimo ma sufficiente di componenti per rendere inefficaci tutti i veleni. Una logica semplice ma brillante: trovare il minimo comune denominatore delle neurotossine più letali.
Il risultato? Una miscela di tre componenti principali: due anticorpi isolati dal donatore e una piccola molecola. Il primo anticorpo, chiamato LNX-D09, ha protetto i topi da una dose letale di veleno intero di sei specie. Per rafforzare ulteriormente il siero, il team ha aggiunto la piccola molecola varespladib, un inibitore di tossine noto, che ha garantito protezione contro altre tre specie. Infine, hanno aggiunto un secondo anticorpo, SNX-B03, che ha esteso la protezione all’intero panel.

Prospettive future
“Quando siamo arrivati a tre componenti, avevamo una protezione completa senza precedenti per 13 delle 19 specie e una protezione parziale per le rimanenti”, spiega Glanville. I risultati suggeriscono che questo cocktail potrebbe essere efficace contro molti altri, se non tutti i serpenti elapidi: compresi quelli non testati in questo studio.
Ora il team ora punta a testare l’efficacia sul campo, iniziando con la somministrazione dell’antiveleno ai cani portati nelle cliniche veterinarie australiane per morsi di serpente. Passo successivo: sviluppare un antiveleno mirato all’altra principale famiglia di serpenti, le vipere.
“Il prodotto finale contemplato sarebbe un unico cocktail di antiveleno universale o potenzialmente ne realizzeremmo due: uno per gli elapidi e un altro per i viperidi, perché alcune aree del mondo hanno solo l’uno o l’altro”, ha spiegato il professor Peter Kwong della Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell, mi fa sorridere: come spesso accade, la soluzione più avanzata nasce dalla follia di un singolo. Un uomo che ha sfidato la morte centinaia di volte potrebbe salvare migliaia di vite. Onore a te, Tim!