Alla Biennale di Venezia 2025 non ci sono solo installazioni artistiche, ma anche strutture vive alte tre metri che respirano letteralmente. Sono fatte con cianobatteri stampati in 3D, capaci di assorbire 18 chilogrammi di CO2 all’anno ciascuna.
L’idea nata nei laboratori dell’ETH di Zurigo trasforma batteri vecchi miliardi di anni in operai microscopici che costruiscono e rinforzano materiali edilizi. Se il cemento tradizionale genera l’8% delle emissioni globali di carbonio, questi mattoni biologici fanno l’opposto: mangiano anidride carbonica dall’atmosfera e la trasformano in minerali solidi. Un cambio di paradigma che potrebbe cambiare per sempre il modo di costruire.

Come funzionano i cianobatteri da costruzione
Il professor Mark Tibbitt e il suo team all’ETH di Zurigo hanno risolto un problema che sembrava impossibile: come tenere vivi dei microrganismi all’interno di un materiale da costruzione. La loro soluzione è geniale: i cianobatteri vengono incorporati stabilmente in un gel stampabile che fornisce loro tutto ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere e proliferare.
Questi antichi organismi fotosintetici sono tra i primi abitanti della Terra, comparsi 3,5 miliardi di anni fa. La loro caratteristica speciale è la capacità di catturare CO2 attraverso la fotosintesi e trasformarla in biomassa e, cosa ancora più interessante, in carbonato di calcio: lo stesso materiale che costituisce la base del cemento tradizionale.
Il processo richiede solo tre ingredienti basilari: luce solare, acqua marina artificiale con nutrienti facilmente reperibili e anidride carbonica. I ricercatori hanno ottimizzato la geometria delle strutture stampate in 3D per garantire una penetrazione ottimale della luce e un flusso passivo dei nutrienti attraverso le forze capillari.

La doppia cattura del carbonio che cambia tutto
Quello che rende davvero speciale questo materiale è il suo meccanismo di doppia cattura del carbonio. Come spiegato nello studio pubblicato su Nature Communications, i cianobatteri non si limitano a immagazzinare CO2 nella biomassa organica, ma innescano anche la precipitazione di carbonati insolubili attraverso un processo chiamato MICP (precipitazione di carbonato indotta microbicamente).
Dalia Dranseike, prima autrice dello studio insieme a Yifan Cui, spiega che questo doppio meccanismo permette al materiale di sequestrare 2,2 milligrammi di CO2 per grammo di idrogel in soli 30 giorni, raggiungendo i 26 milligrammi nell’arco di 400 giorni. Il dato più sorprendente? La longevità: i cianobatteri incapsulati restano produttivi per oltre un anno, continuando a indurire il materiale dall’interno.
Dai laboratori alle architetture del futuro
L’applicazione pratica di questa tecnologia è già realtà grazie al lavoro della dottoranda Andrea Shin Ling. Per l’installazione Picoplanktonics nel Padiglione Canada della Biennale di Venezia, il team ha scalato il processo dal formato laboratorio alle dimensioni architettoniche, costruendo strutture simili a tronchi d’albero che catturano CO2 come un pino ventenne.

Parallelamente, alla 24esima Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, l’installazione “Dafne’s Skin” esplora come questi materiali viventi possano trasformare le facciate degli edifici. Su una struttura ricoperta di scandole di legno, i microrganismi formano una patina verde che cambia nel tempo, trasformando un segno di deterioramento in un elemento di design attivo che cattura carbonio.
Le sfide da superare per i cianobatteri
Naturalmente, la strada verso l’applicazione commerciale presenta ancora ostacoli. I cianobatteri necessitano di condizioni controllate di umidità per sopravvivere, il che li rende attualmente inadatti alle regioni più aride del pianeta. Il team sta lavorando per sviluppare ceppi più resistenti alla disidratazione.
Inoltre, la scalabilità industriale richiede investimenti significativi e l’accettazione da parte di un settore edilizio tradizionalmente conservatore. Ma i vantaggi potenziali sono enormi: come evidenziato in precedenti ricerche, i materiali biologici attivi potrebbero trasformare gli edifici da consumatori di risorse a produttori di servizi ecosistemici.
Tibbitt e il suo team vedono un futuro in cui questi materiali viventi possano essere utilizzati come rivestimenti per facciate, trasformando ogni edificio in un sistema di cattura del carbonio attivo per tutto il suo ciclo di vita. Non più costruzioni inerti, ma organismi architettonici che respirano, crescono e contribuiscono attivamente al benessere dell’ambiente urbano.