Avete mai guardato un granchio mentre scappa lateralmente sulla spiaggia e vi siete chiesti cosa provi? Forse noia, forse paura, forse solo fastidio per la vostra presenza. Fino a qualche mese fa, questa domanda sarebbe sembrata ridicola agli occhi della scienza. Oggi, centinaia di ricercatori da tutto il mondo hanno messo nero su bianco una verità che cambierà il nostro rapporto con il regno animale: anche creature apparentemente semplici come insetti, crostacei e molluschi potrebbero avere una forma di coscienza animale.
Una dichiarazione forte, quella nata a New York, che sta facendo tremare le fondamenta di decenni di certezze scientifiche.
Una dichiarazione che fa la storia della coscienza animale
La New York Declaration on Animal Consciousness, presentata il 19 aprile dello scorso anno presso la New York University, segna una svolta epocale nel dibattito scientifico. Kristin Andrews dell’Università di York, Jeff Sebo della New York University e Jonathan Birch della London School of Economics hanno coordinato questo documento che oggi conta 480 firmatari tra i più autorevoli esperti mondiali.
Il documento è netto:
“Esiste un forte sostegno scientifico per l’attribuzione di esperienza cosciente ad altri mammiferi e agli uccelli. L’evidenza empirica indica almeno una possibilità realistica di esperienza cosciente in tutti i vertebrati e invertebrati, compresi molluschi cefalopodi, crostacei decapodi e insetti”.
Dodici anni dopo la Dichiarazione di Cambridge sulla Coscienza del 2012, che aveva già riconosciuto la senzienza in mammiferi e uccelli, la scienza ha fatto un deciso salto in avanti. Ora include nel cerchio della coscienza animale creature che fino a ieri consideravamo poco più che automi biologici.
Bombi che giocano e granchi che provano ansia
Le prove accumulate negli ultimi dieci anni sono sorprendenti: le abbiamo seguite anche qui, dal nostro sito. Nel 2022, presso il Bee Sensory and Behavioral Ecology Lab della Queen Mary University di Londra, i ricercatori hanno osservato bombi giocare con palline di legno senza alcun legame apparente con sopravvivenza o riproduzione. Puro divertimento.
I polpi evitano la sofferenza e cercano sollievo nella lidocaina, dimostrando non solo di sentire il dolore ma di ricordarlo. Le seppie ricordano dettagli specifici di eventi passati, inclusi luogo e tempo. Un recente studio del 2024 ha mostrato che i granchi marini bilanciano l’avversione per la luce intensa con quella per le scosse elettriche, prendendo decisioni complesse. Altri esperimenti hanno rivelato che i gamberi di fiume sviluppano stati simili all’ansia quando sottoposti a stress, stati che migliorano con farmaci ansiolitici usati negli umani.
Come riconoscere la coscienza animale senza parole
Jonathan Birch, autore del libro The Edge of Sentience, spiega che la coscienza animale si manifesta attraverso tre livelli. Il più basilare è la senzienza: la capacità di provare sensazioni grezze come dolore, piacere, eccitazione o noia. Sopra c’è la sapienza, l’abilità di riflettere sulle proprie esperienze. Il livello più alto è l’autoconsapevolezza, la percezione di sé come essere con passato e futuro.
Gli scienziati si concentrano principalmente sulla senzienza, studiando comportamenti che indicano esperienza soggettiva. Il test dello specchio rimane un caposaldo: riconoscere la propria immagine riflessa indica consapevolezza di sé. Lo hanno superato scimpanzé, elefanti, delfini e persino alcune gazze. I pesci pulitori sembrano superare una versione di questo test, così come i serpenti giarrettiera con varianti basate sull’olfatto.

Le implicazioni etiche che non possiamo ignorare
La dichiarazione è chiara su un punto cruciale:
“Quando esiste una possibilità realistica di esperienza cosciente in un animale, è irresponsabile ignorare tale possibilità nelle decisioni che riguardano quell’animale”.
Le conseguenze pratiche sono enormi.
Negli Stati Uniti, lo stato di Washington ha già vietato l’allevamento intensivo di polpi considerandolo “non etico e crudele”. Nel Regno Unito, la revisione guidata da Birch nel 2021 ha portato all’inclusione di polpi, granchi e aragoste nell’Animal Welfare (Sentience) Act 2022.
Ma le implicazioni vanno oltre la legislazione. Come sottolineavo in questo articolo, riconoscere la coscienza animale in creature così diverse significa ripensare il nostro rapporto con l’intero regno animale. Non si tratta solo di evitare sofferenze fisiche, ma di considerare il benessere psicologico di esseri che potrebbero avere esperienze soggettive ricche quanto inaspettate.
Quando l’empatia incontra la scienza
La ricerca pubblicata su Trends in Cognitive Sciences dimostra che la coscienza animale non richiede necessariamente strutture cerebrali complesse. Andrews spera che la dichiarazione stimoli ulteriori ricerche su animali spesso trascurati: “va studiata la coscienza anche in quei vermi nematodi e moscerini della frutta presenti in quasi tutte le università”.
Non tutti concordano. Alcuni neuroscienziati rimangono scettici, sostenendo che i comportamenti osservati potrebbero essere spiegati senza invocare la coscienza fenomenica. Ma il peso dell’evidenza sta chiaramente spostando il consenso scientifico.
La coscienza animale potrebbe non essere un’eccezione, ma la regola. E se così fosse, dovremo imparare a convivere sapendo che condividiamo questo pianeta con miliardi di esseri coscienti, ognuno con la propria esperienza soggettiva del mondo. Una responsabilità che non possiamo più ignorare.