Avete presente quelle notizie che spuntano fuori ogni tanto, quelle che parlano di fonti energetiche “pulite” e “dal potenziale enorme”? Ecco, ne è arrivata un’altra. Questa volta si parla di turbine subacquee, che sfruttano le correnti oceaniche per generare elettricità. L’idea è affascinante, quasi poetica: sfruttare la forza costante e imponente dell’oceano, quella stessa forza che ha plasmato le coste per millenni e che (forse) un tempo faceva navigare le navi senza dover bruciare nulla. Una startup olandese, Equinox Ocean Turbines, ha ricevuto nuovi fondi per portare avanti un progetto del genere.
Dicono che potrebbe diventare la “terza fonte di energia pulita” importante, dopo il sole e il vento. Un’affermazione audace, lo so. Soprattutto in un mondo dove le promesse nel campo dell’energia spesso si scontrano con la dura, noiosa realtà dei costi, della manutenzione e del “non vogliamo quella roba nel nostro giardino” (o, in questo caso, nel nostro pezzo di mare).
Un rotore da campo di calcio (più o meno)
Di cosa stiamo parlando esattamente? Non immaginatevi pale eoliche rovesciate. Questo sistema, a quanto pare, è una specie di piattaforma semi-galleggiante con un rotore di cemento di ben 50 metri di diametro. Cinquanta metri. Per darvi un’idea, sono più o meno la larghezza di un campo da calcio regolamentare. Ai lati di questo rotore gigante, ci sarebbero turbine più piccole. Il tutto, stando a quello che raccontano, progettato per stare completamente sott’acqua.
Questo aspetto “sommerso” è il loro cavallo di battaglia principale, almeno per quanto riguarda l’impatto. Zero impatto visivo, dicono. Zero impatto ambientale, o almeno “minimo”. Certo, finché non si scopre che magari il rumore o le vibrazioni disturbano qualcosa là sotto. Ma vabbè, per ora prendiamo per buono l’entusiasmo dei promotori. Genererà, nelle loro previsioni più rosee, fino a tre megawatt (MW) di elettricità, anche con correnti non fortissime. Tre MW non sono male, certo, ma per farci davvero qualcosa di serio, ne serviranno parecchie, immagino.

Turbine subacquee: un’altra iniezione di fiducia e soldi
Allora, come si finanzia un sogno sottomarino così? Beh, Equinox Ocean Turbines ha appena ottenuto nuovi fondi per queste sue turbine subacquee. Non hanno detto quanti esattamente, il che è sempre un po’ buffo. Come se i soldi fossero un dettaglio trascurabile. Ringraziano partner vari, tra cui il programma Valorisatie del Samenwerkingsverband Noord-Nederland (SNN) e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (EFRO). Soldi pubblici, insomma, almeno in parte. Un classico. Ci mettono del loro anche l’Università di Groningen e la Damen Maritime Ventures, che dovrebbe aiutarli a costruire e mettere in mare ‘sta benedetta turbina.
L’anno scorso, per dire, avevano già racimolato 2,4 milioni di euro (che al cambio dell’epoca facevano circa 2,7 milioni di dollari statunitensi, giusto per capirci) da investitori come EIT InnoEnergy e un paio di privati. Tutti che scommettono sulla forza (ancora inespressa) delle correnti oceaniche. Un’idea che c’è da anni, a dirla tutta. Le correnti sono costanti, prevedibili. Non come il sole che va a dormire o il vento che a volte si prende una pausa. Questo le rende, in teoria, perfette per fornire quell’elettricità di “base” che serve sempre, giorno e notte.
Le speranze del capo e la realtà che verrà
“Questo supporto accelera la nostra missione di sfruttare l’energia pulita dalle correnti oceaniche,” ha detto qualcuno dall’azienda. E poi, aggiungendo quel tocco di retorica che non guasta mai: “Ora è il momento giusto per combinare gli sforzi e l’esperienza di molte parti per rendere l’energia delle correnti oceaniche una nuova realtà nel mix energetico.” Ecco, sentite il profumo del comunicato stampa? Una nuova realtà. Speriamo, eh. L’obiettivo è avere la prima turbina commerciale pronta per il 2027. Mancano, quindi, un paio d’anni buoni.
Il signor Pieter de Haas, CEO di Equinox Ocean Turbines, sembra piuttosto fiducioso. “Questo è un passo significativo verso il raggiungimento della nostra ambizione di rendere il settore dell’energia marina una realtà commerciale,” ha dichiarato. E uno ci crede, o almeno cerca di crederci. Anche se la mia vecchia anima di cronista un po’ stanca ha visto passare tanti “passi significativi” che poi, diciamocelo, non hanno portato a granché o hanno impiegato decenni per diventare (forse) qualcosa di concreto.
Turbine subacquee: una questione di fiducia (e di mare)
Alla fine, è sempre una questione di fiducia, no? Fiducia nella tecnologia, fiducia negli investitori, fiducia che l’oceano non si offenda troppo per queste macchine che gli mettiamo dentro. *Georgina Jedikovska*, che ha scritto l’articolo originale (gente che fa il nostro mestiere, insomma), riportava queste notizie con un misto di speranza e, immagino, la stessa dose di scetticismo che ho io. Perché vedere i soldi che arrivano è un buon segno, certo. Ma la vera sfida non è trovare i fondi iniziali. La vera sfida è passare dal prototipo, dal “potenziale”, alla produzione in serie. Mettere centinaia, migliaia di questi cosi in giro per i mari del mondo.
Richiede non solo ingegneri brillanti e investitori pazienti, ma anche permessi, studi d’impatto che non facciano saltare tutto, catene di montaggio, navi speciali per l’installazione, manutenzione in un ambiente ostile come quello sottomarino. E poi, certo, deve anche costare il giusto, altrimenti chi la compra l’energia? Insomma, c’è ancora tanta acqua sotto i ponti (o, in questo caso, sopra la turbina) prima che l’energia delle correnti oceaniche diventi davvero la “terza fonte”. Ma l’idea rimane lì, seducente. La forza nascosta e costante del mare, pronta (forse) a darci una mano. E noi, con un sospiro misto a speranza e scetticismo, guardiamo l’orizzonte, chiedendoci se stavolta è quella buona.