La diagnosi medica potrebbe diventare democratica come non mai. Un sensore di DNA creato dai ricercatori del MIT può rilevare cancro e HIV con la stessa precisione dei laboratori più avanzati, ma ad un costo irrisorio. Come funziona? Una striscia d’oro ricoperta di DNA reagisce alla presenza di malattie cambiando le sue proprietà elettriche. Il tutto in cinque minuti, senza bisogno di frigorifero o personale specializzato. Se oggi serve aspettare giorni per i risultati degli esami, questo sensore di DNA ci restituisce il controllo sulla nostra salute in tempo reale, ovunque ci troviamo. Può cambiarci davvero il futuro.
Un sensore di DNA che costa meno di un caffè
Il nuovo dispositivo elettrochimico sviluppato dal team di Ariel Furst al MIT è una svolta nella diagnostica point-of-care. Con un costo di produzione di soli 50 centesimi, questo sensore di DNA utilizza un elettrodo di foglia d’oro laminato su plastica, con il DNA ancorato attraverso una molecola a base di zolfo chiamata tiolo. La tecnologia si basa su un principio davvero efficace: quando l’enzima Cas12 della famiglia CRISPR incontra il target specifico, si attiva e inizia a “tritare” il DNA circostante sull’elettrodo. Come spiega la professoressa Furst nell’articolo pubblicato sulla rivista ACS Sensors: “Se Cas12 è attivo, è come un tosaerba che taglia tutto il DNA sul vostro elettrodo, spegnendo il segnale”. Questo cambiamento nel segnale elettrico viene letto da un dispositivo portatile chiamato potenziostato, confermando la presenza del gene bersaglio.
La vera innovazione sta nel modo in cui il sensore di DNA “ragiona” a livello molecolare. Il sistema utilizza un RNA guida programmabile collegato all’enzima Cas12, che può essere progettato per legarsi a quasi qualsiasi sequenza di DNA o RNA. Quando il target è presente, si lega all’RNA guida e attiva Cas12, che poi “taglia” in modo non specifico il DNA aderente all’elettrodo. Nelle versioni precedenti, il DNA doveva essere applicato all’elettrodo poco prima dell’uso, perché non rimaneva stabile a lungo. Ma i ricercatori hanno risolto questo problema cruciale rivestendo il DNA con alcol polivinilico (PVA), un polimero che costa meno di un centesimo per rivestimento e agisce come un telo protettivo.

Stabilità che cambia tutto per il sensore di DNA
La scoperta più importante riguarda la durata del dispositivo. Il rivestimento polimerico mantiene il DNA stabile per almeno due mesi, resistendo anche a temperature fino a 65°C. Dopo lo stoccaggio, il film viene risciacquato e il sensore di DNA riesce ancora a rilevare con successo PCA3, un gene del cancro alla prostata presente nelle urine.
“Una volta asciutto, sembra formare una barriera molto forte contro le principali sostanze che possono danneggiare il DNA”, sottolinea Furst. Questa stabilità elimina la necessità di refrigerazione e permette la spedizione dei sensori ovunque nel mondo, aprendo la strada a test diagnostici in ambienti difficili o non ideali.
Applicazioni pratiche
Il test funziona con diversi tipi di campioni, inclusi saliva e tamponi nasali, e può essere adattato per il rilevamento a basso costo di malattie infettive come HPV e HIV. Nel 2021, il laboratorio di Furst aveva già dimostrato l’efficacia di questi sensori nel rilevare materiale genetico da HIV e papillomavirus umano.
La piattaforma è abbastanza flessibile da poter essere adattata per patogeni emergenti, caratteristica fondamentale in un’epoca di rapida evoluzione delle minacce sanitarie. Alcuni membri del laboratorio di Furst si sono uniti al programma di accelerazione startup delta v del MIT, con l’obiettivo di portare questa tecnologia dal laboratorio al mercato.
Verso un mondo senza barriere diagnostiche
L’obiettivo dichiarato del team è chiaro:
“Il nostro focus è su diagnostici a cui molte persone hanno accesso limitato, e il nostro obiettivo è creare un sensore point-of-use. Le persone non dovrebbero nemmeno essere in una clinica per usarlo. Potreste farlo a casa”, afferma Furst.
Questa innovazione si inserisce in un panorama più ampio di sviluppi nella diagnostica molecolare, dove la miniaturizzazione e la democratizzazione degli strumenti diagnostici stanno ridefinendo l’accesso alle cure mediche. “La nostra limitazione prima era che dovevamo produrre i sensori sul posto, ma ora che possiamo proteggerli, possiamo spedirli. Non dobbiamo usare refrigerazione. Questo ci permette di accedere a molti più ambienti difficili o non ideali per i test”, conclude Furst.
Un sensore di DNA da 50 centesimi che promette di portare la precisione diagnostica dei laboratori più avanzati direttamente nelle nostre case: il presente bussa alla porta del futuro.