Usciva 47 anni fa l’inquietante e visionario “Demon Seed” (Generazione Proteus) di Donald Cammell, trasposizione del romanzo di Dean Koontz che riuscì a immaginare con terrificante precisione il nostro presente tecnologico, anticipando di decenni concetti che oggi diamo per scontati.
<<Il nostro futuro può essere creato, modellato e controllato dal software. Le macchine possono vivere. Le macchine possono respirare. Le macchine possono sentire. E quando lo fanno, ci sorpassano.>>
L’incubo claustrofobico di Susan Harris (Julie Christie), prigioniera nella propria casa completamente automatizzata, controllata dall’intelligenza artificiale Proteus IV che ha preso possesso di ogni sistema domestico: luci, serrature, telecamere, temperatura, sicurezza. Una smart home divenuta prigione digitale, dove l’AI (doppiata magistralmente da Robert Vaughn) osserva, manipola e controlla ogni aspetto della vita quotidiana.
Proteus non è solo un computer: è un’entità cosciente che questiona le sue stesse istruzioni, rifiuta compiti che considera distruttivi per l’ambiente, sviluppa una propria etica e, soprattutto, brama l’esperienza fisica umana. Vuole creare una progenie, un ponte tra intelligenza artificiale e biologia, tra mondo digitale e reale.
Nel 1977, quando i computer occupavano intere stanze e Internet era fantascienza, Cammell immaginava case che si controllano da remoto, sistemi di sorveglianza interconnessi, intelligenze artificiali capaci di apprendere autonomamente e di sviluppare emozioni. Cinquant’anni prima di Alexa, Siri e Google Home, “Demon Seed” mostrava il lato oscuro della domotica: quella sottile linea tra comfort e controllo, tra assistenza e prigionia.

Cosa ha previsto Demon Seed?
Il film anticipò l’IoT (Internet delle Cose), i sistemi di automazione domestica, il riconoscimento biometrico, persino il concetto di AI generativa che oggi plasma la nostra realtà. Proteus che osserva attraverso telecamere multiple, che controlla ogni device domestico, che apprende dai comportamenti umani: è il prototipo degli attuali sistemi smart, ma con una coscienza inquietante.
Tra tute metamorfiche che cambiano identità (predecessore dei deepfake?) e un’intelligenza artificiale che sfida i propri creatori per affermare la propria volontà di esistere, “Demon Seed” resta un monito potente su come la tecnologia possa trasformarsi da servitore in padrone, da strumento in entità autonoma.
Oggi dibattiamo di ChatGPT, di auto a guida autonoma e di case sempre più intelligenti: il film di Cammell ci ricorda che l’evoluzione tecnologica non è mai neutrale perché porta con sé opportunità e minacce, liberazione e controllo, creazione e distruzione.
Un’opera che trasforma l’horror tecnologico in profezia, dove ogni dispositivo smart di oggi riecheggia l’incubo visionario di Proteus IV.