Il morbo di Crohn colpisce oltre 6,8 milioni di persone nel mondo e spesso richiede una gestione a vita. Nonostante i numerosi farmaci biologici disponibili, molti pazienti non riescono a ottenere una remissione sostenuta. Guselkumab blocca il percorso dell’interleuchina-23, un driver chiave dell’infiammazione intestinale cronica.
I risultati degli studi GALAXI 2 e 3, pubblicati su The Lancet e coordinati dal Mount Sinai, hanno fornito la base per l’approvazione FDA. Una storia di successo che ridefinisce le aspettative terapeutiche.
Come funziona guselkumab contro l’infiammazione intestinale
Il guselkumab (nome commerciale Tremfya) è una vera e propria svolta nel trattamento delle malattie infiammatorie intestinali. A differenza dei farmaci tradizionali che agiscono su più bersagli, questo anticorpo monoclonale blocca selettivamente l’interleuchina-23, una proteina chiave che alimenta l’infiammazione cronica dell’intestino. Pensate all’IL-23 come al direttore d’orchestra di una sinfonia distruttiva: guselkumab gli toglie la bacchetta dalle mani.
L’anticorpo si lega non solo all’IL-23, ma anche al recettore CD64 presente sulle cellule che producono questa molecola infiammatoria. È il primo farmaco approvato con questa doppia azione, un approccio che i ricercatori definiscono “dual-acting”. La strategia funziona: invece di spegnere l’infiammazione dopo che si è sviluppata, guselkumab la previene alla fonte.
Gli studi GALAXI dimostrano la superiorità del guselkumab
I numeri parlano chiaro. Gli studi GALAXI 2 e 3, coordinati dal team del professor Bruce Sands del Mount Sinai Health System, hanno coinvolto oltre 1.300 pazienti con morbo di Crohn moderato o severo. Per la prima volta nella storia delle malattie infiammatorie intestinali, un farmaco ha dimostrato superiorità rispetto al gold standard in tutti i parametri endoscopici.
Il confronto diretto con ustekinumab (Stelara), considerato uno dei migliori farmaci disponibili, ha mostrato risultati sorprendenti. Guselkumab ha ottenuto tassi di remissione clinica del 56% contro il 22% del placebo, e tassi di risposta endoscopica del 34% contro il 15% a 12 settimane. Ma il dato più significativo è la superiorità dimostrata in tutti gli endpoint endoscopici pooled rispetto a ustekinumab.
Come spiega il dottor Sands, che ha guidato la ricerca:
Questi studi rappresentano i primi trial registrativi in doppio cieco che dimostrano superiorità versus ustekinumab nel morbo di Crohn. I risultati suggeriscono che l’inibitore dell’IL-23 selettivo potrebbe ridefinire il trattamento di prima linea.

FDA approva guselkumab: doppia opzione di somministrazione
L’approvazione della Food and Drug Administration arrivata a marzo 2025 segna una pietra miliare. Guselkumab è il primo e unico inibitore dell’IL-23 che offre sia l’opzione sottocutanea che endovenosa per l’induzione del trattamento. Tradotto: i pazienti possono scegliere tra l’iniezione a casa o l’infusione in ospedale, una flessibilità mai vista prima in questa classe di farmaci.
La strategia terapeutica prevede 400 mg per via sottocutanea alle settimane 0, 4 e 8 per l’induzione, seguiti da 100 mg ogni 8 settimane o 200 mg ogni 4 settimane per il mantenimento. Per chi preferisce la via endovenosa, 200 mg in infusione alle stesse tempistiche dell’induzione sottocutanea.
Perché questo anticorpo cambia le regole del gioco
La vera differenza rispetto ai farmaci tradizionali sta nell’approccio. Mentre cortisone e immunosoppressori agiscono come un martello che colpisce ovunque, guselkumab è un bisturi chirurgico che taglia solo dove serve. Questo si traduce in efficacia superiore con profilo di sicurezza migliore.
Il confronto con i trattamenti esistenti è impietoso. Come aveva anticipato lo studio del San Raffaele coordinato dal professor Silvio Danese, guselkumab ha mostrato benefici superiori anche a ustekinumab, considerato fino a ieri uno dei farmaci migliori a disposizione. I pazienti che non rispondevano più ai farmaci anti-TNF ora hanno un’opzione concreta.
Questa ricerca chiude il cerchio di una storia iniziata nei laboratori e arrivata fino al letto del paziente. Per chi soffre di morbo di Crohn, guselkumab non è solo un nuovo farmaco: è la promessa di una vita migliore, come raccontavamo tra i progressi medici del 2024.
Perché in medicina, alla fine, contano i risultati. E questi parlano da soli.