Ormai ci siamo abituati a tutto, o quasi. Smartphone che riconoscono la nostra impronta, che ci leggono la faccia, che ci suggeriscono cosa mangiare o dove andare in vacanza. Ma siete mai stati così profondamente legati al vostro cellulare da volerlo… umano? No, non parlo di intelligenza artificiale che vi fa compagnia, ma proprio di pelle. Già, alla Fantozzi: una cover in pelle umana, o qualcosa che ci assomiglia in modo sfacciato, sulla vostra cara vecchia cover.
L’idea è del designer Marc Teyssier che, in combutta con la British Skin Foundation e la compagnia telefonica O2, ha creato la ‘Skincase’. Una cover in pelle che non solo sembra e si sente come un pezzo di epidermide (con tanto di pori e rughette), ma si ustiona pure come tale. Avete capito bene: se state troppo al sole, il vostro telefono si arrossa. E l’obiettivo, pare, è nobile: ricordarvi di proteggervi dai raggi UV. A volte, la tecnologia, nel tentativo di renderci la vita più facile, finisce per renderla un po’ più… strana.
Una cover in pelle che “sgrida” il vostro smartphone
Pensateci bene: in un’epoca in cui i nostri telefoni sono quasi appendici corporee, l’idea di una cover in pelle che imita la nostra epidermide e si scotta al sole ha qualcosa di profondamente, e volutamente, inquietante.
La ‘Skincase’ è esattamente questo: un guscio per lo smartphone che non solo ha l’aspetto e la consistenza della pelle umana, ma si arrossa e cambia colore quando esposto troppo a lungo ai raggi ultravioletti. Un segnale tangibile, viscerale, per dirci: “Ehi, metti la crema, stupido!”. Il designer dietro questa creazione ha spiegato la logica in un comunicato stampa diffuso da Virgin Media O2, l’azienda di telecomunicazioni coinvolta nel progetto assieme alla British Skin Foundation:
“I nostri telefoni sono oggetti che non ci aspettiamo cambino e reagiscano in modo umano. Creando una reazione tangibile e viscerale all’esposizione ai raggi UV, la Skincase non solo sensibilizza sulla sicurezza solare, ma sottolinea come la protezione solare sia una priorità innegabile.”
Certo, è un’idea bizzarra, quasi morbosa. Ma in questo periodo in cui il caldo impera e il sole morde, forse la stranezza è l’unico modo per catturare la nostra attenzione.

La battaglia persa contro il buon senso e la crema solare
Ora, qui sta il punto dolente, quello che fa sorridere amaro. Se abbiamo bisogno di una cover in pelle che si ustiona per ricordarci di spalmarsi la crema, forse abbiamo davvero toccato il fondo. Nonostante tutti gli allarmi, le campagne di sensibilizzazione e i pericoli palesi, sembra che una buona parte di voi non si preoccupi granché del sole.
Le statistiche sono impietose: nel 2025, la penetrazione globale degli utenti di prodotti per la protezione solare è stimata attorno al 4,5% della popolazione mondiale, pari a circa 295 milioni di persone. Si prevede che questa percentuale crescerà solo leggermente nei prossimi anni, arrivando al 5,1% nel 20291
Capite il paradosso? Siamo iper-connessi, abbiamo a portata di mano ogni sorta di informazione, ma ci perdiamo su cose elementari come la cura di noi stessi.
Quando la tecnologia si fa promemoria della nostra fragilità
La triste verità è che il cancro della pelle, incluso il melanoma (come ben documentato dalle statistiche di Cancer Research UK e dalla British Skin Foundation, con cui Marc Teyssier ha collaborato), è un pericolo concreto. L’incidenza di melanoma e altri tumori cutanei è in crescita soprattutto nei paesi occidentali
Spalmare la crema solare, oltre a ridurre drasticamente questo rischio, aiuta anche a mantenere la pelle giovane e sana. Viene da chiedersi: non dovrebbe essere un gesto automatico, un istinto di sopravvivenza? Apparentemente no.
Ed è qui che la tecnologia, con le sue soluzioni a volte grottesche, cerca di colmare il divario tra la consapevolezza e l’azione. Non siamo più capaci di fidarci della nostra percezione o, forse, siamo solo troppo distratti per dar retta al nostro corpo che, silenziosamente, ci chiede protezione.
Il futuro (bizzarro) della tecnologia indossabile
Questa ‘Skincase’ è un caso limite, certo. Ma non è un caso isolato. Il mondo della tecnologia indossabile, quello dei wearable, sta esplorando nuove frontiere.
Non solo orologi che contano i passi o anelli che monitorano il sonno, ma veri e propri dispositivi pensati per la nostra salute, a volte in modi che un tempo sembravano lontani. Come vi scrivevo in questo approfondimento su Futuro Prossimo, i nostri accessori stanno lentamente diventando parte integrante della nostra cura personale, a volte anche della nostra terapia. Si cerca di creare materiali che si muovono come la pelle, che si integrano al nostro corpo, che ci danno feedback in tempo reale.
La “Skincase” si inserisce in questo filone, per quanto con un’estetica volutamente disturbante. L’idea, pur nella sua crudezza, è mettere la nostra dipendenza dal cellulare al servizio di una causa nobile: la salute. Se il vostro telefonino, assumendo sembianze umane, si sacrifica per farvi capire che state esagerando con i bagni di sole, forse qualche speranza c’è ancora.
L’ironia della cover in pelle che si ustiona per la nostra salute
E così, eccoci qui. A chiederci se il prossimo passo sarà una cover che tossisce se stiamo in ambienti inquinati, o che ci tira uno schiaffo virtuale se non beviamo abbastanza acqua. L’ironia sta nel fatto che, in un mondo che ci spinge sempre più verso il digitale, abbiamo bisogno che un oggetto freddo e metallico, travestito da qualcosa di vivo, ci ricordi quanto siamo vulnerabili e quanto poco siamo attenti al nostro involucro più prezioso: la nostra pelle.
Non possiamo più affidarci al semplice buon senso o ai moniti dei nonni; serve una protesi sensoriale che ci faccia vedere il pericolo, letteralmente, sulla superficie del nostro schermo.
Un tempo, bastava sentire il calore del sole sulla fronte per capire che era ora di ripararsi. Oggi, pare che serva un telefono con la febbre. Forse un giorno, torneremo a guardare il cielo, non lo schermo, per capire come vestirci. Nel frattempo, tenete d’occhio la vostra cover in pelle: il suo rossore potrebbe essere un segnale ben più onesto di qualsiasi app o notifica.