Settant’anni fa abbiamo iniziato a costruire città rumorose. Oggi qualcuno ha deciso di renderle silenziose senza riempirle di muri. All’EMPA di Zurigo hanno testato 72 pannelli che occupano lo spazio di una rivista ma funzionano come una parete.
Il risultato? 4 decibel in meno nel rumore del traffico, che in termini umani significa dimezzare la percezione del disturbo. Non male per qualcosa che pesa meno di due chili al metro quadro.
Come funziona il nuovo materiale fonoassorbente
La scoperta arriva dal laboratorio Acoustics/Noise Reduction dei Laboratori Federali Svizzeri per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (EMPA) di Dübendorf. Bart Van Damme, il ricercatore che guida il progetto, l’ha spiegata in termini semplici: immaginate di costringere l’aria a fare un percorso più lungo per attraversare il materiale.
Il trucco sta nella struttura porosa variabile della schiuma minerale. Invece di avere pori tutti uguali, questo materiale ha cavità di dimensioni diverse disposte in strati multipli. Quando le onde sonore ci entrano dentro, sono costrette a zigzagare tra questi ostacoli microscopici, perdendo energia lungo il tragitto.
Il materiale base? Semplicemente gesso o cemento espanso, lavorato per creare una schiuma con il 90% di porosità. Niente di esotico, il trucco sta nell’organizzazione: ogni strato ha una struttura diversa, e la perforazione finale viene calibrata sulla frequenza del rumore che deve assorbire.

Il test che ha cambiato le regole del rumore urbano
I ricercatori non si sono limitati a testare il materiale in laboratorio. Hanno scelto un vialetto a Zurigo, proprio quello che collega una strada trafficata a un cortile residenziale. 72 pannelli spessi appena 5,5 centimetri, distribuiti su 130 metri quadri: l’equivalente di tappezzare una parete con quaderni invece che con materassi.
La fisica del suono ha le sue regole precise: ogni 3 decibel di riduzione equivalgono a dimezzare il volume percepito. I 4 decibel ottenuti a Zurigo significano che il rumore del traffico viene percepito come quasi la metà rispetto a prima. Per capire l’impatto: è come passare da una conversazione animata al volume di una chiacchierata tranquilla.
L’effetto funziona meglio per le frequenze tra 500 e 1000 Hertz, che sono esattamente quelle del traffico stradale. Non è un caso: Van Damme e il suo team hanno progettato il materiale specificamente per il rumore urbano, quello che attraversa le finestre dei nostri appartamenti ogni giorno.
La struttura porosa variabile delle schiume minerali costringe le particelle d’aria a percorrere una strada più lunga per entrare e uscire dal materiale. Nonostante il basso spessore, questo crea l’impressione di un assorbitore molto più spesso per le onde sonore.
Perché i pannelli tradizionali non bastano più
Il problema dell’isolamento acustico urbano è sempre stato lo stesso: per fermare i suoni bassi servono pannelli spessi che rubano spazio prezioso agli edifici. La lana di roccia tradizionale, per essere efficace contro il traffico, deve avere uno spessore di almeno 20 centimetri. In una città dove ogni metro quadro costa migliaia di euro, è un lusso che pochi si possono permettere.
Il team dell’EMPA ha ribaltato l’approccio: invece di aumentare lo spessore, hanno moltiplicato i percorsi che il suono deve fare all’interno del materiale. Come riportato da New Atlas, i calcoli del modello numerico mostrano che quattro strati coordinati di schiuma minerale a pori fini bastano per ottenere lo stesso risultato di pannelli quattro volte più spessi.
Il vantaggio non è solo nello spessore. Questo materiale pesa meno di 1,5 kg al metro quadro (con spessore di 50 mm), è resistente alle intemperie, ignifugo e completamente riciclabile. Può essere tagliato e installato facilmente, sia all’interno che all’esterno degli edifici.

Le applicazioni pratiche
Van Damme e il suo team non pensano solo ai balconi di Zurigo. La versatilità del materiale permette di adattarlo a qualsiasi tipo di ambiente regolando dimensioni dei pori, perforazione e struttura degli strati. Serve ridurre i rumori bassi in un auditorium? Si modifica la struttura. Bisogna attenuare le chiacchiere in un ufficio? Si cambia il tipo di perforazione.
Le possibili applicazioni spaziano dai vialetti condominiali alle facciate degli edifici, dai sottoportici alle pareti interne di uffici e ristoranti. L’unico requisito è una protezione superficiale (come un pannello perforato) per evitare che sporco e umidità intasino i pori.
L’azienda svizzera De Cavis, partner del progetto, sta già lavorando per portare il materiale dalla ricerca alla produzione industriale. Il collo di bottiglia attuale è la perforazione, che viene ancora fatta a mano. Come avevamo raccontato per il tessuto del MIT, spesso le innovazioni più promettenti nell’isolamento acustico si bloccano proprio sulla scalabilità produttiva.
C’è un però: il materiale non è perfetto su tutte le frequenze. Funziona meglio della lana di roccia sui suoni bassi, ma perde efficacia su quelli acuti. È il compromesso tipico dei materiali fonoassorbenti: non esiste la soluzione universale, ma quella specifica per ogni problema.
Il futuro non fa rumore
La vera novità di questa ricerca non sta tanto nel materiale in sé, quanto nel metodo: progettare l’isolamento acustico partendo dal rumore specifico che si vuole combattere. Il traffico a 500-1000 Hz richiede una soluzione, le voci umane in ufficio ne richiedono un’altra.
Van Damme la mette così: idealmente, gli assorbitori acustici dovrebbero essere considerati già nella progettazione architettonica degli edifici. Non come ripensamento dell’ultimo minuto, ma come parte integrante del design. Cinque centimetri guadagnati su ogni parete di un appartamento di 100 metri quadri significano 2-3 metri quadri in più di spazio vivibile.
Il futuro delle città silenziose potrebbe passare da qui: materiali intelligenti che lavorano con la fisica del suono invece di limitarsi a opporsi con la massa. Meno ingombro, stesso risultato. A volte le soluzioni migliori sono quelle che fanno di più con meno.