Una mattina qualcuno a Wake Forest ha guardato una stampante 3D e ha pensato: “Quasi quasi, invece di stampare plastica, stampiamo un pancreas”. Già. Per la prima volta nella storia, i ricercatori sono riusciti a stampare Isole di Langerhans, anche note come “isole pancreatiche” umane perfettamente funzionanti usando un bioink fatto di tessuto pancreatico e alghe marine. Le strutture sopravvivono tre settimane, rispondono ai livelli di glicemia e potrebbero essere impiantate sotto pelle con una semplice anestesia locale. La terapia del diabete non sarà più la stessa.
Il bioink che stampa la speranza
Il team guidato da Quentin Perrier della Wake Forest University ha sviluppato qualcosa di incredibile: un inchiostro biologico capace di stampare tessuto pancreatico vivo. La ricetta è sorprendentemente semplice: tessuto pancreatico umano privato delle cellule originali, mescolato con alginato estratto dalle alghe marine. Questo cocktail biotecnologico permette alle vere cellule produttrici di insulina di sopravvivere al processo di stampa e mantenere la loro funzionalità.
Il segreto di questi risultati è tutto nella struttura porosa che si crea durante la stampa. Non è un caso: quella texture apparentemente casuale facilita il passaggio di ossigeno e nutrienti, permettendo la formazione spontanea di vasi sanguigni. È come se il dispositivo sapesse già come integrarsi con il corpo umano. I risultati sono stati presentati al congresso della Società Europea per il Trapianto di Organi di Londra, confermando che il 90% delle cellule stampa.
Addio chirurgia invasiva per la terapia del diabete?
Fino a oggi, i trapianti di isole pancreatiche richiedevano interventi complessi attraverso la vena porta del fegato. Una procedura che porta alla perdita di circa la metà delle cellule trapiantate nei primi giorni, costringendo i pazienti a subire trapianti multipli. La stampa 3D cambia tutto: i dispositivi possono essere impiantati direttamente sotto la pelle con una piccola incisione in anestesia locale.
Pensateci: invece di un intervento chirurgico maggiore, basterebbero pochi minuti in ambulatorio. Adam Feinberg della Carnegie Mellon University, che lavora su una tecnologia simile, conferma l’importanza di questa semplicità: “Più alta è la densità delle isole, più piccolo il dispositivo da impiantare”. La sua tecnica, presentata in Italia, ha già dimostrato il controllo glicemico normale per sei mesi nei topi diabetici.

Le cellule staminali entrano in gioco
I ricercatori utilizzano microscopiche “vescicole gassose” che cambiano contrasto quando il gel si solidifica, permettendo ai medici di vedere in tempo reale se il processo sta funzionando. È come avere un sistema di monitoraggio incorporato che garantisce la riuscita dell’impianto. Come vi raccontavo in questo articolo, la stampa 3D medica sta vivendo una vera esplosione creativa. Dai vasi sanguigni alle isole pancreatiche, stiamo assistendo alla nascita di una medicina che costruisce invece di limitarsi a riparare.
La ricerca conferma che l’approccio con cellule staminali sta dando risultati straordinari. Su 12 pazienti trattati con zimislecel, 10 hanno raggiunto l’indipendenza dall’insulina dopo un anno. La terapia del diabete si sta spostando verso soluzioni che ripristinano la funzione originale invece di sostituirla artificialmente.
Lorenzo Piemonti del San Raffaele di Milano, principale investigatore dello studio, sottolinea un aspetto cruciale: “Le cellule possono essere prodotte in quantità teoricamente illimitata nei tempi e modi desiderati”. Questo risolve il problema cronico della scarsità di donatori che ha sempre limitato i trapianti tradizionali.
Terapia del diabete, il futuro senza aghi
Entrambi i gruppi di ricerca concordano: le cellule staminali rappresentano il futuro della terapia del diabete. Utilizzare cellule staminali invece di tessuto da donatore risolverebbe simultaneamente i problemi di disponibilità, compatibilità e reazioni immunitarie. Stiamo parlando di una produzione industriale di soluzioni personalizzate.
La strada è ancora lunga, ma i segnali sono chiari. Tra test preclinici sugli animali e ottimizzazione dei processi, potrebbero servire ancora alcuni anni prima di vedere questi dispositivi negli ospedali. Tuttavia, per la prima volta nella storia del diabete tipo 1, l’orizzonte mostra una vera alternativa alle iniezioni quotidiane.
La terapia del diabete sta per entrare in una nuova era. Un’era in cui invece di gestire la malattia, potremmo semplicemente ripararla. Con una stampante, un po’ di bioink e molta scienza.