Il sole non tramonta mai nello spazio. Mentre qui sulla Terra aspettiamo che spuntino le prime luci dell’alba per vedere funzionare i nostri pannelli solari, a 36.000 chilometri di altezza l’energia solare è sempre disponibile. Un nuovo studio del King’s College di Londra ha appena dimostrato che questa semplice verità potrebbe trasformare completamente il futuro energetico dell’Europa. Entro 25 anni i pannelli solari spaziali potrebbero coprire entro l’80% del nostro fabbisogno di energie rinnovabili. Un risultato che farebbe tremare i colossi del gas e cambierebbe per sempre il modo in cui produciamo energia.
La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Joule, ha analizzato per la prima volta l’impatto concreto di questa tecnologia sul sistema energetico europeo.
Pannelli solari spaziali: il progetto NASA che cambia tutto
Il team guidato dal professor Wei He ha preso in esame il modello RD1 sviluppato dalla NASA, un progetto che prevede la messa in orbita di satelliti dotati di enormi pannelli solari capaci di raccogliere energia 24 ore su 24. Il sistema utilizza una struttura a eliostato1, con specchi riflettenti che catturano la luce solare in orbita geostazionaria. L’energia viene poi trasmessa a stazioni di ricezione sulla Terra attraverso microonde e convertita in elettricità per la rete. Come già sperimentato in Islanda, questa tecnologia promette di superare tutti i limiti delle rinnovabili terrestri.
Lo studio ha simulato il funzionamento della rete elettrica di 33 paesi europei, analizzando domanda, produzione e stoccaggio energetico. I risultati mostrano che i pannelli solari spaziali potrebbero ridurre i costi dell’intero sistema energetico europeo del 15%, con un risparmio stimato di 35,9 miliardi di euro all’anno. Inoltre, taglierebbero di oltre due terzi la necessità di batterie per l’accumulo.
Come funzionano i pannelli solari spaziali
A differenza delle fonti rinnovabili terrestri, soggette a variabilità meteorologica e al ciclo giorno-notte, i pannelli solari spaziali operano in condizioni ideali. Posizionati al di sopra dell’atmosfera, dove non esistono nuvole o interferenze atmosferiche, i satelliti ricevono luce solare diretta e continua. Il progetto NASA prevede strutture di circa 15 chilometri quadrati per satellite, dimensioni che renderebbero questi impianti tra gli oggetti più grandi mai messi in orbita.
Il processo è relativamente semplice nel concetto: i pannelli catturano l’energia solare nello spazio, la convertono in onde radio a frequenza specifica e la trasmettono verso stazioni terrestri specializzate chiamate rectenne. Qui l’energia viene riconvertita in elettricità utilizzabile dalla rete. La trasmissione avviene attraverso fasci di microonde calibrati per attraversare l’atmosfera senza perdite significative.
Europa, l’indipendenza energetica può davvero arrivare dallo spazio?
Il potenziale di questa tecnologia va oltre i numeri. Come sottolinea Wei He:
“È una tecnologia in grado di fornire energia rinnovabile continua, qualcosa che le fonti terrestri non possono garantire”.
L’Europa, forte della tradizione di cooperazione attraverso l’Agenzia Spaziale Europea e degli scambi energetici transfrontalieri, potrebbe diventare il terreno ideale per sviluppare un’infrastruttura comune di pannelli solari spaziali.
Per la prima volta abbiamo dimostrato l’impatto positivo che questa tecnologia potrebbe avere per l’Europa. Sebbene la fattibilità sia ancora in fase di valutazione, la nostra ricerca ne evidenzia l’enorme potenziale economico e ambientale se adottata.
Il progetto europeo SOLARIS, che vede la partecipazione di Enel tra i partner, punta a mettere in orbita un impianto da un megawatt entro il 2030. Un primo passo verso quella che potrebbe diventare la più grande trasformazione energetica della storia europea.

Le sfide dei pannelli solari spaziali
Non tutto è rose e fiori, ovviamente, nell’orbita terrestre. I costi di lancio e manutenzione restano oggi proibitivi: secondo i ricercatori, la convenienza economica non arriverà prima del 2050, quando i progressi tecnologici dovrebbero ridurre drasticamente i prezzi. Altri rischi riguardano la congestione orbitale e la sicurezza dei satelliti, sempre più esposti a collisioni con detriti spaziali.
Come ammette lo stesso Wei He: “Ci sono rischi da valutare, come l’eccessivo numero di pannelli in orbita o il possibile danneggiamento da parte di detriti spaziali”. Lo studio non ha considerato fattori specifici come interruzioni nella trasmissione dell’energia o problemi di congestione orbitale, aspetti che dovranno essere affrontati nelle fasi di sviluppo.
Il Giappone sta già inserendo i pannelli solari spaziali nella sua strategia per il net zero, mentre la Cina prevede di testare la tecnologia entro il 2030.
L’Europa non può permettersi di restare indietro in questa corsa verso il futuro dell’energia pulita: ha davanti a sé un’opportunità storica. Il sole dello spazio non tramonta mai. Ora tocca a noi decidere se cogliere questa luce o annaspare tra le soluzioni dello scorso secolo.
- Un eliostato è un dispositivo con uno specchio che segue il movimento del Sole durante il giorno per riflettere continuamente i raggi solari in una direzione fissa, solitamente verso un punto specifico. Viene usato soprattutto negli impianti solari per concentrare il calore del Sole su una caldaia o un ricevitore, ottenendo così energia da quella luce riflessa. Funziona grazie a un sistema meccanico o elettronico che muove lo specchio con precisione per mantenere costante la riflessione della luce solare verso l’obiettivo desiderato ↩︎