L’obesità non danneggia solo chi ne soffre: può alterare il futuro neurologico dei figli prima ancora che vengano concepiti. I ricercatori dell’Università delle Hawaii hanno scoperto che il peso eccessivo materno modifica la metilazione del DNA negli ovuli, causando disfunzioni del gene Homer1. Il risultato sono comportamenti simili all’autismo nei maschi che aprono scenari inquietanti sulla trasmissione epigenetica dei rischi neurologici.
Obesità materna e rischio autismo, lo studio che cambia tutto
Il team guidato da Alika Maunakea e Monika Ward del John A. Burns School of Medicine dell’Università delle Hawaii ha utilizzato un approccio innovativo per isolare gli effetti dell’obesità pre-concepimento da quelli della gravidanza. Attraverso fecondazione in vitro e trasferimento di embrioni in topi, i ricercatori hanno dimostrato che l’obesità materna prima del concepimento innesca modifiche metaboliche durature che alterano epigeneticamente gli ovociti.
I risultati, pubblicati sulla rivista Cells, mostrano che questi cambiamenti epigenetici vengono trasmessi agli embrioni in sviluppo, interferendo con l’espressione di geni cruciali per lo sviluppo cerebrale. Nei maschi della prole, i ricercatori hanno identificato livelli aumentati di una specifica isoforma del gene Homer1, nota per interferire con le connessioni neurali e associata a comportamenti tipici del disturbo dello spettro autistico.
“Questo lavoro evidenzia come la salute di una madre prima della gravidanza, non solo durante la gestazione, possa modellare lo sviluppo cerebrale del bambino in modi profondi”
Alika Maunakea
La scoperta sorprende per la sua specificità: anche senza contatto materno diretto dopo il concepimento, le impronte epigenetiche derivanti dall’ovulo portano peso sufficiente per alterare il comportamento.

Gene Homer1 e meccanismi epigenetici
Il cuore della scoperta riguarda il gene Homer1, una proteina importante per regolare la segnalazione sinaptica, l’apprendimento, la memoria e la risposta all’attività neurale. I ricercatori hanno scoperto che nei maschi affetti era completamente demetilato un “interruttore nascosto” all’interno del gene, attivando una versione breve della proteina, Homer1a, che interferisce con il modo in cui si costruiscono e mantengono le connessioni delle cellule nervose.
Nei topi non affetti, questo interruttore era parzialmente metilato (nei topi obesi non affetti) o completamente metilato e spento (nei topi usati per controllo). Questo suggerisce che l’obesità prima della gravidanza può cambiare i marcatori epigenetici negli ovuli della madre, alterando a sua volta il funzionamento di alcuni geni cerebrali nella generazione successiva.
I test comportamentali sui topi maschi adolescenti hanno rivelato modelli di vocalizzazione alterati, sociabilità ridotta e comportamenti di grooming ripetitivo che ricordano i tratti dell’autismo. Questi cambiamenti non si sono verificati nei maschi del gruppo obesità gestazionale o nelle femmine di nessun gruppo. I comportamenti di ansia sono rimasti invariati, indicando che i deficit sociali e comunicativi non erano dovuti all’ansia generale.
Trasmissione intergenerazionale del rischio autismo
La ricerca dimostra che i cambiamenti indotti dall’obesità nell’ambiente metabolico materno portano ad alterazioni epigenetiche durature negli ovociti, i precursori degli ovuli. Queste modifiche, specificamente i cambiamenti nei modelli di metilazione del DNA, vengono trasportate negli embrioni in sviluppo, interferendo con l’espressione di geni neurosviluppatori critici.
La ricerca dell’Università delle Hawaii si inserisce in un panorama scientifico complesso. Come vi raccontavo in questo articolo, l’obesità infantile rappresenta una bomba a orologeria per le generazioni future. Ora scopriamo che i suoi effetti possono manifestarsi addirittura prima del concepimento attraverso meccanismi epigenetici che alterano il rischio di autismo.
Non tutti i maschi nel gruppo obesità pre-concepimento erano affetti; alcuni mostravano comportamento normale, riflettendo la variabilità osservata nell’autismo umano. Questo dato conferma la complessità del disturbo e l’importanza di fattori multipli nella sua manifestazione.
Implicazioni cliniche e strategie preventive
Con i tassi globali di obesità e disturbi dello spettro autistico in aumento, i risultati dello studio potrebbero avere implicazioni piuttosto serie. La ricerca suggerisce che la salute materna prima della gravidanza rappresenta un fattore critico e potenzialmente modificabile nel rischio di neurosviluppo di un bambino.
Le adolescenti in età riproduttiva rappresentano una popolazione prioritaria per l’intervento preventivo. Evitare la trasmissione intergenerazionale dell’obesità diventa fondamentale per spezzare questo ciclo perverso di rischio neurologico. I segnali molecolari identificati dai ricercatori, come Homer1a, potrebbero diventare biomarcatori precoci per il disturbo dello spettro autistico.
Lo studio apre la strada a futuri interventi pre-concepimento attraverso dieta, stile di vita o terapie mirate per ridurre il rischio autismo. Comprendere questi percorsi potrebbe permettere di sviluppare strategie terapeutiche che invertano o mitighino questi effetti attraverso mezzi nutrizionali o farmacologici.
Note da considerare – La scoperta ha limitazioni importanti: solo la prole maschile è stata analizzata in dettaglio perché le femmine non mostravano comportamenti simili all’autismo. Inoltre, l’analisi bulk dei tessuti non ha risolto i cambiamenti in tipi specifici di cellule cerebrali. Il follow-up si è concluso al giorno postnatale 41, quindi la persistenza dei comportamenti nell’età adulta rimane sconosciuta.
Tuttavia, la correlazione tra metilazione ed espressione genica era forte, anche se la causalità non è stata dimostrata. I ricercatori non sono riusciti a rintracciare ogni cucciolo affetto al suo donatore specifico di ovociti perché gli ovuli erano stati raggruppati durante la procedura di fecondazione in vitro. Servono altre verifiche.
La strada verso la prevenzione del rischio autismo potrebbe iniziare molto prima di quanto immaginassimo. Non durante la gravidanza, ma nei mesi che la precedono, quando il corpo materno programa silenziosamente il futuro neurologico della prossima generazione attraverso modifiche invisibili ma durature del codice epigenetico.