Le proteine vegetali non sono superiori a quelle animali per la longevità. È questa la conclusione di uno studio della McMaster University che ha analizzato i dati di quasi 16.000 adulti americani per oltre 16 anni. I ricercatori hanno utilizzato metodi statistici avanzati per eliminare le fluttuazioni quotidiane e misurare le abitudini alimentari reali.
Il risultato? Nessuna differenza significativa tra chi consumava principalmente proteine vegetali e chi preferiva quelle animali. Anzi, emerge un leggero effetto protettivo delle proteine animali contro i tumori. Una scoperta che ridimensiona il dibattito tra plant-based e dieta onnivora, suggerendo che la qualità conta più dell’origine.
Lo studio che ribalta le convinzioni sulle proteine vegetali
La ricerca, pubblicata su Applied Physiology, Nutrition, and Metabolism, ha analizzato i dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES III), una vasta indagine condotta tra il 1988 e il 1994 su adulti statunitensi. Il campione comprendeva 15.977 partecipanti di età superiore ai 19 anni, seguiti fino al 2006 per un totale di oltre 3.800 decessi registrati.
Per garantire l’affidabilità dei risultati, il team guidato da Stuart Phillips, professore del Dipartimento di Chinesiologia della McMaster University, ha impiegato strumenti statistici sofisticati. Tra questi, il modello del National Cancer Institute e la modellazione multivariata Markov Chain Monte Carlo, tecniche che permettono di distinguere le abitudini alimentari abituali dalle semplici oscillazioni quotidiane.
L’analisi ha rivelato che non esistono legami significativi tra il consumo totale di proteine, siano esse animali o vegetali, e il rischio di morte per cause generali, cardiovascolari o oncologiche. Quando entrambe le fonti proteiche sono state analizzate insieme, i dati hanno indicato che le proteine vegetali hanno un impatto minimo sulla mortalità per cancro, mentre quelle animali potrebbero avere un lieve effetto protettivo.

Proteine vegetali e animali: la parità inaspettata
“C’è molta confusione sulle proteine: quante assumerne, di che tipo e con quali effetti sulla salute a lungo termine”, spiega Phillips. “Questo studio aggiunge chiarezza, importante per chiunque cerchi di prendere decisioni informate e basate sull’evidenza su quello che mangia”.
I risultati contraddicono parzialmente alcuni studi precedenti che suggerivano una superiorità delle proteine vegetali. Una ricerca dell’Università McGill pubblicata su Nature Food nel 2024, ad esempio, aveva indicato che la sostituzione parziale delle proteine animali con quelle vegetali aumenta l’aspettativa di vita di circa nove mesi.
Tuttavia, come sottolinea Yanni Papanikolaou, presidente di Nutritional Strategies e primo autore dello studio:
“Guardando insieme dati osservazionali e studi clinici, è chiaro che alimenti proteici di origine animale e vegetale favoriscono salute e longevità”.
Cosa significa per le proteine vegetali nella dieta
Lo studio della McMaster University non nega i benefici delle proteine vegetali, ma ridimensiona l’idea che siano necessariamente superiori a quelle animali per la longevità. Questo approccio è in linea con i nuovi Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia (LARN) pubblicati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) nel 2024, che raccomandano un’inclusione più generosa di fonti proteiche vegetali, non per superiorità intrinseca, ma per motivi di sostenibilità ambientale.
Un dato interessante emerso dalla ricerca riguarda l’IGF-1, un fattore di crescita precedentemente associato a un maggior rischio oncologico. Anche in questo caso, nessun legame con la mortalità è stato identificato, suggerendo che le semplificazioni “fa bene” o “fa male” difficilmente riescono a catturare la complessità reale della nutrizione.
Secondo un rapporto del Boston Consulting Group, le proteine vegetali raggiungeranno l’11% del mercato mondiale delle proteine entro il 2035, con un fatturato di almeno 290 miliardi di dollari. Se da un lato ci sono aziende come Beyond Meat che si trovano davvero sull’orlo del baratro, altre come Impossible Foods stanno ottenendo approvazioni per i loro prodotti plant-based anche in Europa, mentre l’Italia si conferma leader nel consumo di alternative vegetali secondo il progetto europeo Smart Protein.
Il futuro delle proteine vegetali: equilibrio, non supremazia
Gli studi osservazionali come quello della McMaster University non possono dimostrare rapporti diretti di causa-effetto, ma sono preziosi per individuare tendenze in ampie popolazioni. Incrociati con decenni di ricerche cliniche controllate, questi risultati confermano che sia le proteine animali che quelle vegetali possono essere incluse in una dieta equilibrata.
La vera lezione da trarre non è che le proteine vegetali siano inutili, ma che l’ossessione per la fonte specifica potrebbe essere meno importante di quanto pensassimo. Come emerge dai dati raccolti su tre coorti europee e pubblicate dal Nutrition Foundation of Italy, l’importante è raggiungere il fabbisogno proteico quotidiano, specialmente dopo i 60 anni quando aumenta il rischio di sarcopenia.
In definitiva, lo studio canadese ci invita a un approccio più rilassato e scientifico alla nutrizione. Le proteine vegetali restano un’ottima scelta per sostenibilità ambientale, costi e varietà alimentare. Ma non dobbiamo più sentirci in colpa se occasionalmente preferiamo quelle animali.
La salute, come sempre, si costruisce sull’equilibrio complessivo della dieta, non sulla perfezione di ogni singolo nutriente.