Ogni mattina, decine di founder si svegliano e controllano il burn rate. I numeri non mentono mai: tre milioni bruciati questo mese, diciotto il precedente. Il pitch deck parla ancora di “rivoluzione AI”, ma in sala riunioni l’atmosfera è quella di una veglia funebre. Le domande degli investitori sono cambiate. Non chiedono più “quando conquisterete il mondo?”, ma “quando finiranno i soldi?”. Benvenuti nel 2025, quasi 2026: l’anno in cui la bolla AI smette di fingere e inizia a scoppiare. Ma la cosa interessante non è il crollo: è quello che sta crescendo sotto le macerie.
Quando i numeri smettono di mentire
Il 95% dei progetti pilota AI fallisce, secondo il nuovo studio del MIT pubblicato dalla NANDA Initiative. Un dato che ha fatto tremare Wall Street più di qualsiasi crollo azionario. Ma la verità è più cruda: il 99% delle startup AI sarà morto entro il 2026. La matematica è spietata. La maggior parte delle aziende finanziate tra il 2021 e il 2023 aveva 18-36 mesi di capitale. Molte finiranno i soldi entro la fine del 2025 o l’inizio del 2026. Nel frattempo, gli investimenti AI hanno raggiunto i 200 miliardi di dollari secondo Goldman Sachs, ma i ritorni sono praticamente inesistenti.
Sam Altman, CEO di OpenAI, lo ha ammesso senza giri di parole: “Siamo in una fase in cui gli investitori sono potenzialmente sovraeccitati riguardo l’AI”. Quando chi dovrebbe vendere il sogno confessa che è tutto un bluff, il gioco è finito.
I numeri del disastro: Su 150 milioni di startup globali, il 90% fallisce. Per le AI il tasso sale al 99%. Oltre il 60% degli strumenti AI costruiti dalle startup non ha ricavi ricorrenti o percorsi di monetizzazione. Il tempo dei giochi è scaduto.

L’anatomia di un fallimento programmato
La maggior parte delle startup AI non sono aziende. Sono solo contenitori costruiti attorno alle API di OpenAI che bruciano soldi offrendo servizi gratuiti sperando di convertire utenti che non arriveranno mai. Un po’ come aprire un ristorante che serve solo piatti del McDonald’s, sperando che la gente non se ne accorga. L’idea funziona finché i soldi non finiscono. E stanno finendo tutti insieme, nello stesso momento.
Il mercato è saturo: ogni nicchia, dai tool per contenuti ai chatbot per customer service, è sovraffollata. Differenziarsi è impossibile quando tutti usano la stessa tecnologia di base. È come se mille pizzaioli aprissero nella stessa strada, usando tutti la stessa ricetta.
Ma c’è un paradosso nascosto. OpenAI dipende da questi wrapper per la distribuzione. Quando crolleranno, anche il gigante di San Francisco sentirà il colpo. Una catena alimentare fragile dove tutti dipendono da tutti, e nessuno fa davvero soldi.
Bolla AI, i segnali erano già tutti lì
La Banca Centrale Europea aveva avvertito, e non da sola: il mercato azionario è diventato dipendente da una manciata di aziende AI, creando il rischio di una bolla dei prezzi. Goldman Sachs Research stimava investimenti per 100 miliardi negli USA e 200 miliardi globalmente per il 2025. Troppi soldi, troppe aspettative, troppo poco tempo.
La realtà è che l’AI generativa è impressionante per i demo, ma inutile per i business model. Le aziende faticano a integrare i sistemi AI nei loro flussi di lavoro esistenti. Quello che sembra semplice (basta dare istruzioni in linguaggio naturale) richiede expertise e sperimentazione che pochi possiedono.
La verità scomoda: Anche Sam Altman punta già oltre l’AI attuale, parlando di “super intelligenza”. Quando chi ha creato ChatGPT guarda già altrove, forse è il momento di preoccuparsi.
Cosa cresce nel deserto dopo la tempesta
Volete sapere il punto che tutti stanno perdendo? Le bolle non distruggono mai tutto. Filtrano. Come nella bolla di internet molte aziende spariranno, ma la tecnologia continuerà a crescere e maturare. I sopravvissuti non saranno i “ChatGPT per X” che vediamo oggi. Saranno aziende che hanno capito tre cose: dati proprietari, integrazione profonda nei workflow esistenti, e ROI misurabile.
Quello che emergerà dalle cenere non sarà “più AI”. Sarà intelligenza integrata, invisibile, distribuita. Sistemi che non promettono di sostituire l’uomo, ma di potenziarlo in modi che oggi non riusciamo nemmeno a immaginare.
Bolla AI, il paradosso della fine
La cosa più affascinante di questa bolla è che sta scoppiando nel momento in cui l’AI inizia davvero a funzionare. Microsoft sviluppa AI quantistica, gli stetoscopi intelligenti raggiungono il 96% di precisione diagnostica, emergono i primi dati concreti su quali lavori l’AI può davvero trasformare. Ma tutto questo succede lontano dall’hype, nei laboratori di ricerca e nelle applicazioni specializzate. Mentre le startup bruciano soldi per fare chatbot, chi lavora sul serio costruisce il futuro in silenzio.
Il 2025 non sarà ricordato come l’anno della fine dell’AI. Sarà l’anno in cui l’intelligenza artificiale ha smesso di essere una moda e ha iniziato a diventare infrastruttura. Come internet dopo il 2000: meno chiacchiere, più sostanza.
La bolla scoppia sempre. Ma quello che resta, a volte, cambia il mondo.