La cirrosi epatica non si ferma quando smetti di bere. Continua a progredire anche anni dopo l’ultima bevuta, e ora sappiamo perché. Un nuovo studio dell’Università dell’Illinois rivela il meccanismo: le cellule restano intrappolate in uno stato intermedio, incapaci di funzionare o rigenerarsi.
Il problema sta nella proteina ESRP2, essenziale per il “taglio e cucito” dell’RNA. Quando manca, le istruzioni genetiche si mescolano e le cellule perdono la bussola. È un GPS che ti dice contemporaneamente di andare dritto e di svoltare: alla fine, resti fermo.
Cirrosi epatica, quando le cellule dimenticano il proprio lavoro
Il team guidato da Auinash Kalsotra dell’Università dell’Illinois, insieme ai colleghi della Duke University, ha analizzato campioni di fegato sano e malato provenienti dal Johns Hopkins University Hospital. Quello che hanno trovato è un meccanismo tanto elegante quanto crudele: le cellule danneggiate dall’alcol iniziano il processo di rigenerazione, ma si fermano a metà strada, come un treno che si blocca tra due stazioni.
“Non sono né cellule adulte funzionali né cellule rigenerative. Dato che non funzionano, aumenta la pressione sulle cellule rimanenti”, spiegano Ullas Chembazhi e Sushant Bangru, coautori dello studio pubblicato su Nature Communications.
“Quindi provano a rigenerarsi, ma finiscono tutte in questo stato improduttivo. Ed è questo che causa l’insufficienza epatica”.
Il fegato è l’unico organo interno del corpo umano capace di rigenerarsi dopo essere stato danneggiato. Per farlo, le cellule epatiche devono riprogrammare la loro espressione genica per tornare a uno stato simile alle cellule staminali fetali, moltiplicarsi e poi invertire il processo per diventare di nuovo cellule mature funzionali. Ma nella cirrosi epatica, questo meccanismo si inceppa.
ESRP2: la proteina che fa la differenza
Per capire cosa andasse storto, i ricercatori si sono concentrati sui messaggi RNA che trasportano le istruzioni dal DNA ai macchinari cellulari che producono proteine. Mentre la maggior parte degli studi si limita a contare la quantità totale di RNA in una cellula, il team di Kalsotra ha usato tecnologie di sequenziamento profondo per osservare un processo cruciale: lo splicing dell’RNA, il “montaggio” dei frammenti genetici che determina quali proteine vengono prodotte e dove vanno a finire nella cellula.
La scoperta è stata sorprendente: nelle cellule danneggiate dall’alcol, migliaia di geni subivano uno splicing scorretto. La proteina ESRP2, che normalmente si lega all’RNA per dirigere questo processo, era drasticamente ridotta. “Le proteine funzionano in punti molto specifici della cellula”, spiega Kalsotra.
“Abbiamo scoperto che le sequenze che indicano dove una proteina deve localizzarsi erano sbagliate. C’era la stessa quantità di RNA e proteine, ma la proteina non era nel posto giusto per funzionare”.
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L’infiammazione è il vero colpevole
Ma perché ESRP2 scompare dalle cellule epatiche danneggiate? I ricercatori hanno trovato il responsabile: l’infiammazione cronica che accompagna la cirrosi epatica. Le cellule di supporto del fegato e quelle immunitarie, richiamate dai danni causati dall’alcol, rilasciano massicce quantità di fattori infiammatori e di crescita. Questi segnali sopprimono la produzione di ESRP2.
Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno testato su topi privi del gene che produce ESRP2. Risultato: gli animali mostravano danni al fegato e incapacità di rigenerazione simili a quelli osservati nei pazienti con epatite alcolica avanzata. La prova definitiva è arrivata quando hanno trattato colture di cellule epatiche con una molecola che blocca i recettori dell’infiammazione: i livelli di ESRP2 si sono ripresi e l’attività di splicing è tornata normale.
Secondo recenti studi italiani del Policlinico Sant’Orsola, nuove terapie come il dapagliflozin stanno mostrando risultati promettenti nel trattamento della cirrosi scompensata. Questi approcci, combinati con le scoperte sui meccanismi di ESRP2, potrebbero aprire strade terapeutiche completamente nuove.
Cirrosi epatica, una strada per nuove terapie
La scoperta apre prospettive concrete per sviluppare trattamenti che vadano oltre la gestione dei sintomi. “Possiamo usare questi RNA mal assemblati come marcatori diagnostici o sviluppare trattamenti che riducano l’infiammazione”, dice Kalsotra.
“E se riusciamo a correggere i difetti di splicing, forse possiamo migliorare il recupero e ripristinare i fegati danneggiati”.
Parallelamente, altre ricerche stanno esplorando approcci innovativi. L’Università di Edimburgo sta sperimentando terapie cellulari con macrofagi che hanno mostrato una riduzione delle complicanze cliniche nei pazienti con malattia epatica terminale. Mentre i ricercatori di Swiss Medica riportano miglioramenti della funzionalità epatica fino al 60% dei pazienti trattati con cellule staminali mesenchimali.
Per ora, l’unica cura definitiva per la cirrosi epatica avanzata resta il trapianto. Ma queste scoperte suggeriscono che potremmo essere sulla strada giusta per cambiare le cose. Il fegato, dopo tutto, è un organo che vuole guarire. Bisogna solo dargli gli strumenti giusti per farlo.
Come spesso accade in medicina, la soluzione più elegante potrebbe essere quella più semplice: spegnere l’infiammazione che tiene le cellule in trappola e lasciare che ESRP2 torni a fare il suo lavoro. Finché le cellule non ricordano come si fa a essere un fegato.