Fumare fa male. Lo sappiamo tutti, lo sanno gli stessi fumatori. Ma, paradossalmente, per chi soffre di colite ulcerosa le sigarette sembrano avere un effetto protettivo documentato da decenni di studi. Un paradosso che ha lasciato perplessi medici e ricercatori per oltre quarant’anni.
Ora, finalmente, la scienza ha una spiegazione: i ricercatori del RIKEN Center in Giappone hanno scoperto che il fumo produce metaboliti come l’idrochinone, che permettono ai batteri della bocca di stabilirsi nell’intestino dove innescano una risposta immunitaria benefica.
La scoperta apre la strada a terapie probiotiche che potrebbero replicare gli effetti protettivi senza i devastanti rischi del tabacco.
Il viaggio dei batteri dalla bocca all’intestino
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Gut, ha seguito un approccio tutto sommato semplice. Il team guidato da Hiroshi Ohno ha esaminato la flora batterica intestinale di fumatori e non fumatori affetti da colite ulcerosa. I risultati sono stati sorprendenti: nei fumatori, la mucosa del colon ospitava batteri tipicamente presenti nella bocca, come lo Streptococcus. Un po’ come trovare un inquilino napoletano in un appartamento milanese: non dovrebbe esserci, eppure eccolo lì.
Ma come fanno questi batteri a compiere il viaggio dalla bocca all’intestino? Normalmente, quando deglutiamo saliva durante il giorno, i microrganismi orali attraversano tutto l’apparato digerente senza fermarsi. Nel caso dei fumatori, però, qualcosa cambia. Il fumo produce metaboliti specifici che trasformano l’intestino in un ambiente accogliente per questi viaggiatori microscopici.
La ricerca ha identificato nell’idrochinone il metabolita chiave responsabile di questo fenomeno. Questa sostanza, prodotta dal fumo di sigaretta, crea le condizioni ideali per la crescita dello Streptococcus nella mucosa intestinale. È come se l’idrochinone preparasse il terreno per l’insediamento di una nuova colonia batterica.

Quando i batteri diventano medicina
La parte più affascinante della scoperta riguarda il meccanismo d’azione di questi batteri “emigranti”. Per verificare i loro effetti, i ricercatori hanno isolato 10 ceppi batterici dalla saliva di fumatori e li hanno testati su modelli murini di colite ulcerosa e morbo di Crohn. Il risultato ha confermato le osservazioni cliniche: somministrare Streptococcus mitis ai topi aveva quasi lo stesso effetto del fumo.
Ma come fa un batterio a ridurre l’infiammazione? La risposta sta nel sistema immunitario. Lo S. mitis innesca la produzione di cellule helper Th1, fondamentali nella risposta immunitaria intestinale. Nel caso della colite ulcerosa, queste cellule contrastano la risposta infiammatoria Th2 che caratterizza la malattia, riducendo così l’infiammazione. È una sorta di guerra intestinale dove i rinforzi arrivano dalla bocca.
Paradossalmente, lo stesso meccanismo peggiora il morbo di Crohn, dove l’infiammazione è già causata dalle cellule Th1. Un caso da manuale di come la stessa soluzione possa essere medicina o veleno, a seconda del contesto.
Colite ulcerosa, verso nuove terapie
La scoperta del RIKEN Center apre scenari terapeutici completamente nuovi. Come sottolinea Ohno, i risultati indicano che
“la protezione contro la colite ulcerosa può essere ottenuta attraverso prebiotici come l’idrochinone o terapia probiotica con batteri come lo Streptococcus mitis, eliminando così la” necessità” di fumare e tutti i rischi associati ad altre malattie”.
In Italia, dove circa 130.000 persone soffrono di colite ulcerosa su un totale di 250.000 affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali, questa ricerca potrebbe rappresentare una svolta significativa. Centri specializzati come quello del San Raffaele stanno già sperimentando nuove terapie biologiche, e l’approccio probiotico potrebbe integrarsi perfettamente in questo panorama innovativo.
Un dato interessante: la ricerca conferma che il fumo di sigaretta ha effetti opposti sulle due principali malattie infiammatorie intestinali. Mentre protegge dalla colite ulcerosa, aumenta significativamente il rischio e la gravità del morbo di Crohn. La natura non fa mai sconti.
Colite, il futuro dei probiotici mirati
Quello che emerge da questa ricerca è un nuovo paradigma nella comprensione delle malattie infiammatorie intestinali. Non si tratta più solo di sopprimere l’infiammazione con farmaci, ma di manipolare strategicamente il microbiota per ottenere effetti terapeutici specifici. È come dirigere un’orchestra batterica dove ogni strumento suona la sua parte per creare l’armonia intestinale.
I ricercatori del Policlinico Gemelli e altri centri italiani stanno già esplorando l’uso di probiotici mirati per le malattie infiammatorie croniche intestinali. L’identificazione precisa dei ceppi batterici benefici potrebbe accelerare lo sviluppo di terapie personalizzate.
La strada verso probiotici “di precisione” è ancora lunga, ma la ricerca giapponese ha tracciato una mappa dettagliata. Serve che qualcun altro, ora, decida di seguirla.