Entro il 2050, la resistenza agli antibiotici ucciderà 10 milioni di persone l’anno. Ma c’è un acceleratore di questa emergenza sanitaria globale che nessuno vuole vedere: i conflitti armati. Dalle macerie di Sarajevo all’UCraina, dai campi profughi siriani alla Striscia di Gaza, ogni guerra moderna lascia dietro di sé un’eredità invisibile e mortale. Batteri che hanno imparato a sopravvivere in condizioni estreme, pronti a diffondersi attraverso rotte migratorie e scambi commerciali. La resistenza agli antibiotici non è più solo un problema medico: è diventata un’arma di distruzione di massa che si autoalimenta.
Quando gli ospedali diventano “palestre” di resistenza agli antibiotici
Come se servissero ancora ragioni per cui la guerra è quello schifo orrendo che quasi tutti odiamo, e qualcuno adora, ora i conflitti armati hanno trovato un modo nuovo e particolarmente subdolo per uccidere: trasformare ogni ospedale in un incubatore di superbatteri.
I dati pubblicati su The Lancet Infectious Diseases non lasciano spazio a interpretazioni ottimistiche. Durante la Grande Marcia del Ritorno del 2018 a Gaza, i microbi isolati dai feriti mostravano aumenti di resistenza fino al 300% per specifici antibiotici rispetto ai campioni prelevati da individui non feriti. E quello era solo un assaggio di quello che sarebbe successo dopo il 2023.
Il meccanismo è perverso: ospedali sovraffollati, antibiotici distribuiti senza diagnosi precise, feriti ammassati in spazi ristretti dove la contaminazione incrociata diventa inevitabile. Ogni zona di guerra si trasforma in un gigantesco esperimento evolutivo dove i batteri più resistenti vincono sempre.

La Siria e la lezione che non abbiamo imparato
La Siria ci aveva già mostrato dove porta questa strada. Prima del 2011, la produzione domestica di antibiotici copriva il 90% del fabbisogno nazionale. Dopo l’inizio della guerra civile, questi farmaci salvavita venivano venduti senza prescrizione nell’85% dei casi. Il risultato? Un paradiso per l’evoluzione batterica.
Lo step cruciale fatto dai superbatteri siriani, però, è stato quello di “imparare a viaggiare“. Non si sono accontentati di devastare gli ospedali locali. Quando i rifugiati iniziarono a spostarsi verso Europa e paesi limitrofi, portarono con sé un carico invisibile: batteri che avevano frequentato l’università della resistenza antimicrobica per anni.
L’Ucraina e il laboratorio europeo
Il conflitto in Ucraina ha offerto ai ricercatori europei un’occasione unica (e tragica) per studiare questo fenomeno in tempo reale. I dati dai Paesi Bassi e dalla Germania mostrano che gli ucraini sfollati durante il conflitto risultavano positivi agli organismi multiresistenti a tassi significativamente più elevati rispetto ai viaggiatori pre-conflitto dalla stessa regione.
Il caso più emblematico riguarda l’Acinetobacter baumannii, un batterio opportunista famoso per causare infezioni ospedaliere. In Ucraina, nel 2022, i ceppi di questo patogeno mostravano il 72% e il 67% di resistenza aumentata rispettivamente a meropenem e imipenem, due antibiotici critici. Un po’ come se i batteri avessero frequentato un corso accelerato di sopravvivenza bellica.
Il problema non si ferma ai confini di Siria, Ucraina e Gaza: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2019 l’antibiotico-resistenza è stata la causa diretta di più di 1 milione di morti nel mondo. Nel 2050, come detto, le previsioni parlano di 10 milioni di decessi annui. I conflitti armati stanno accelerando questa timeline.
Gaza: 1,5 milioni di sfollati e un esperimento involontario
La situazione a Gaza rappresenta forse l’esempio più estremo di come guerre e resistenza agli antibiotici si alimentino a vicenda. Circa 1,5 milioni di persone sono state sfollate, e 117.000 di queste hanno usato gli ospedali come rifugi. Il complesso ospedaliero Al-Shifa da solo ha ospitato più di 50.000 sfollati interni.
Due terzi degli ospedali sono diventati non funzionali, mentre i restanti hanno segnalato carenze di carburante e personale medico. I dati sulla diffusione della resistenza agli antibiotici in questa regione non sono ancora completi per ovvi motivi, ma le condizioni create sono esattamente quelle che favoriscono lo sviluppo di superbatteri.
E c’è un dettaglio che rende tutto più preoccupante: il 34% dei campioni d’acqua ospedaliera nella Striscia di Gaza era già contaminato prima della guerra del 2023. Aggiungete bombardamenti, distruzione delle infrastrutture idriche e sanitarie, e avete la ricetta perfetta per una catastrofe microbiologica.

I metalli pesanti: gli alleati inaspettati dei batteri
I siti pesantemente bombardati mostrano spesso contaminazione da metalli pesanti, che può portare alla selezione di patogeni resistenti. È un meccanismo perverso: gli stessi elementi che dovrebbero essere tossici per la vita diventano filtri selettivi che premiano solo i batteri più corazzati. Il risultato è che dalle zone di guerra non escono solo profughi traumatizzati, ma anche ecosistemi microbici completamente riorganizzati secondo logiche di pura sopravvivenza. Batteri che hanno imparato che la gentilezza non paga, e che l’unico modo per continuare a esistere è diventare invincibili. Come ci ricorda la ricerca sul clovibactin, ogni nuovo antibiotico che riusciamo a sviluppare è una vittoria temporanea in una guerra che i batteri sembrano sempre pronti a vincere.
Resistenza agli antibiotici: la soluzione che non vogliamo sentire
Le strategie per contenere questo fenomeno esistono, ma richiederebbero un cambiamento radicale nel modo in cui affrontiamo i conflitti. L’International Committee of the Red Cross ha sviluppato programmi di gestione antimicrobica durante emergenze, ma applicarli mentre cadono le bombe resta una sfida complessa.
Médecins sans Frontières ha dimostrato in Kenya che sistemi di supporto clinico elettronico possono ridurre del 50% le prescrizioni inappropriate di antibiotici per bambini sotto i 5 anni. Ma implementare questi sistemi in zone di guerra è come insegnare medicina durante un terremoto.
La verità scomoda è che ogni guerra moderna lascia dietro di sé non solo macerie e traumi, ma anche un’eredità batterica che può durare decenni. I superbatteri non firmano trattati di pace e non rispettano cessate il fuoco. Continuano a evolversi, a diffondersi, a uccidere, molto tempo dopo che le armi hanno smesso di sparare.
Vi prego, accettate questa provocazione: forse è arrivato il momento di aggiungere la resistenza agli antibiotici alla lista dei crimini di guerra, perché le conseguenze a lungo termine possono essere devastanti come qualsiasi arma convenzionale. Forse di più.