Il cantiere si risveglia all’alba, con le gru che riprendono a mordere il cielo di Gedda. Per sette anni è rimasto fermo, come un gigante addormentato sulla costa del Mar Rosso. Ora la Jeddah Tower riprende la sua scalata verso un traguardo che nessuna costruzione umana ha mai raggiunto: mille metri di altezza. Un chilometro preciso. Ma mentre gli ingegneri calcolano resistenze e portate, qualcun altro fa i conti con numeri meno poetici: 200mila tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni annuali di una nazione come il Pakistan.
Il progetto, fermo dal 2018 e una “falsa ripartenza” nel 2023, ha ripreso vita a gennaio 2025 con una nuova determinazione. La Jeddah Tower è stimata per essere completata nel 2028, secondo le ultime previsioni degli sviluppatori. Al momento (settembre 2025) la torre ha raggiunto il 70° piano, con un ritmo di costruzione di circa un piano ogni quattro giorni.
Quando l’ambizione incontra la gravità
La forma della torre non è casuale. Adrian Smith, l’architetto che ha già firmato il Burj Khalifa, ha concepito una struttura ispirata a un fascio di foglie che spuntano da terra, con una pianta a “Y” e forma aerodinamica essenziale per sostenere la struttura alta un chilometro. La geometria triangolare non è un vezzo estetico: è l’unico modo per far reggere in piedi qualcosa che sfida così apertamente le leggi della fisica.
L’ingegneria dietro questo colosso è impressionante. Le fondazioni utilizzano 270 pali che si estendono fino a 105 metri di profondità, con una base di 5 metri di spessore che copre 3.200 metri quadrati. Il sistema di pompaggio del calcestruzzo ha già raggiunto gli 800 metri (2.624 piedi) di altezza, stabilendo un nuovo record ingegneristico.
Ma proprio quando si parla di numeri la torre mostra il suo lato più problematico.
Il prezzo invisibile del chilometro record
Costruire il grattacielo più alto del mondo richiede risorse che vanno ben oltre gli 1,2 miliardi di dollari di investimento dichiarato. La torre consumerà circa 500mila metri cubi di calcestruzzo e 80mila tonnellate di acciaio. Il settore edile è responsabile di più del 35% delle emissioni globali di CO2, e la Jeddah Tower rappresenta un caso estremo di questo impatto.
Le emissioni di carbonio incorporate nei materiali sono pazzesche. E non è tutto: con un coefficiente di carbonio incorporato dell’acciaio di circa 977 kg CO₂e per tonnellata, le 80mila tonnellate di acciaio della torre genereranno sostanziali emissioni aggiuntive. Senza contare il calcestruzo, il trasporto e le attività di cantiere.
Gli scienziati ambientali hanno già definito questo tipo di progetti come “vanity height”: costruzioni che superano di gran lunga la praticità funzionale per il solo scopo di battere record. Oltre il 50% delle emissioni globali di carbonio delle costruzioni tra 2020-2050 sarà dovuto alle fasi di trasporto dei materiali e di cantiere.

Vision 2030 contro Accordi di Parigi
La Jeddah Tower non è solo un grattacielo: è il simbolo della Vision 2030 saudita, il piano per diversificare l’economia del regno oltre il petrolio. La torre sarà il fulcro della Jeddah Economic City, un progetto da 20 miliardi di dollari sulla costa del Mar Rosso. L’ironia è palpabile: un paese che ha fatto la sua fortuna con i combustibili fossili ora costruisce il futuro con un progetto che produce più CO2 di molte nazioni intere.
L’edificio ospiterà un hotel Four Seasons con 200 camere, appartamenti di lusso, uffici di classe A e l’osservatorio più alto del mondo a 644 metri. Tutto raggiungibile attraverso 59 ascensori ad alta velocità. Un po’ come costruire una città verticale per mostrare al mondo che si può fare.
Ma c’è un paradosso più profondo. Mentre l’Arabia Saudita investe miliardi per ridurre la sua dipendenza dal petrolio, costruisce strutture che richiedono quantità industriali di energia e materiali per esistere. L’Unione Europea punta alla quota zero emissioni entro il 2050, con una riduzione del 55% entro il 2030 (chissà se manterranno il proposito, viste le nuove strategie), obiettivi che progetti come questo rendono più difficili da raggiungere a livello globale.
Un chilometro che pesa
La localizzazione costiera della torre aggiunge un altro livello di complessità ambientale. Le acque costiere di Gedda sono già sotto stress a causa dell’urbanizzazione rapida e del trattamento inadeguato delle acque reflue. Il mega-sviluppo non farà che amplificare queste pressioni su un ecosistema già fragile.
Progetti come la Jeddah Tower scommettono su un futuro in cui il simbolismo e l’impatto economico valgono più del costo ambientale. Quando la torre sarà completata nel 2028, offrirà panorami mozzafiato sul Mar Rosso e riscriverà i libri di ingegneria. Ma la vista più importante potrebbe essere quella che ci costringe a confrontarci con le tensioni tra ambizione umana e limiti planetari.
Un chilometro verso l’alto, in un mondo che ha imparato a guardare verso il basso, alle proprie emissioni? La Jeddah Tower si alzerà comunque, e noi col naso in su ad ammirare l’ambizione e a pagarne il prezzo.