Un bambino di otto anni apre la sua merenda in una scuola di Toronto: biscotti confezionati, succo di frutta, patatine. Non sa che ogni morso sta riprogrammando il suo cervello per desiderare sempre più zucchero, grassi e sale. Stesso copione a Melbourne, a Città del Messico, a Roma. È una delle storie che si ripete in 160 paesi del mondo, dove per la prima volta nella storia dell’umanità i bambini obesi hanno superato quelli malnutriti. Avete capito bene: l’obesità infantile ha superato la malnutrizione.
I dati dell’UNICEF sono inequivocabili: il 9,4% dei bambini globalmente è obeso, contro il 9,2% che soffre di malnutrizione. Un cambio di paradigma che ridefinisce le priorità della salute pubblica mondiale.
La grande inversione: più obesità che fame
Dal 2000 a oggi l’obesità infantile è letteralmente triplicata a livello mondiale, mentre la malnutrizione è diminuita lentamente, ma costantemente. Il risultato è una “transizione epidemiologica” che ha colto di sorpresa (ma non avrebbe dovuto) governi e organizzazioni sanitarie. La maggior parte delle strategie globali era infatti concentrata sulla lotta alla fame, non sull’eccesso di cibo.
I numeri sono drammatici: più dell’80% dei bambini obesi vive oggi in paesi a basso e medio reddito, sempre secondo il rapporto UNICEF. Paesi che fino a pochi decenni fa lottavano contro la fame ora devono fare i conti con l’obesità. È il paradosso della transizione nutrizionale: le stesse popolazioni che uscivano dalla malnutrizione sono finite nel problema opposto. Scusate la brutalità: avevamo un mare di pance vuote, e adesso le abbiamo riempite di spazzatura letale.
I cibi ultra-processati conquistano il mondo
La ricerca di Harriet Torlesse all’UNICEF in Belgio ha analizzato i dati nutrizionali di oltre 160 paesi, identificando il principale colpevole dell’epidemia: i cibi ultra-processati. Questi prodotti industriali, carichi di additivi, conservanti, grassi, zuccheri e sale, rappresentano ormai almeno la metà delle calorie consumate dai bambini in Australia, Canada, Stati Uniti e Regno Unito. Ma il fenomeno si sta espandendo rapidamente anche nei paesi emergenti.
Come spiega uno studio dell’Università federale di São Paulo, questi alimenti non si limitano a fornire calorie vuote: creano dipendenza neurologica. Il 95% dei bambini obesi esaminati nella ricerca brasiliana presenta almeno uno dei sintomi associati alla dipendenza da cibo, mentre il 24% ha ricevuto una diagnosi clinica di food addiction.

Quando le politiche falliscono
Il problema non è la mancanza di interventi, ma la loro inefficacia. Il Messico è stato pioniere nel 2014 con la tassa sui cibi ad alto contenuto calorico e le bevande zuccherate. Risultato? Le vendite sono calate, soprattutto tra le famiglie a basso reddito, ma i tassi di obesità adolescenziale sono rimasti praticamente invariati, con un calo significativo solo nelle ragazze.
Anche il Regno Unito ha seguito la stessa strada nel 2018 con una sugar tax, ottenendo risultati modesti. Il caso più emblematico è quello del Cile, che nel 2016 ha implementato alcune delle normative più severe al mondo: restrizioni alla pubblicità di cibi ultra-processati, etichette di avvertimento obbligatorie sui prodotti ricchi di calorie, sodio, grassi saturi e zucchero. I tassi di obesità nei bambini di 4-6 anni sono diminuiti di 1-3 punti percentuali, ma sono tornati ai livelli di partenza nel 2018.
Un recente studio del Centro tedesco per la ricerca sul diabete spiega perché le politiche falliscono: bastano cinque giorni di alimentazione con cibi ultra-processati per alterare permanentemente la sensibilità all’insulina nel cervello, il sistema che regola l’appetito. È come se questi alimenti riprogrammassero i circuiti neurali, rendendo quasi impossibile tornare indietro.
L’Italia nella mappa mondiale dei bambini obesi
L’Italia non è immune da questa epidemia globale. Secondo i dati 2023 dell’Istituto Superiore di Sanità, il 19% dei bambini italiani di 8-9 anni è in sovrappeso e il 9,8% è obeso, posizionando il nostro paese al quarto posto in Europa per prevalenza di obesità infantile, subito dopo Cipro, Grecia e Spagna.
La situazione è particolarmente grave al Sud: in Campania, la mia regione, quasi quattro bambini su dieci sono in eccesso ponderale. Il dato che preoccupa di più gli esperti è che il 70% di questi bambini resterà obeso anche da adulto, trasformando l’emergenza pediatrica in una bomba sanitaria ed economica per i prossimi decenni.
Bambini obesi, la generazione perduta
I dati globali nascondono una tragedia generazionale. Secondo l’UNICEF, entro il 2035 avremo 400 milioni di bambini obesi nel mondo. Una generazione cresciuta con un’alimentazione che compromette non solo la salute fisica, ma anche quella mentale: l’obesità infantile è sempre più associata a bullismo, stigma sociale e problemi psicologici che accompagneranno questi bambini per tutta la vita.
Come sottolinea Andrea Richardson della RAND Corporation:
“Le stesse ragioni per cui vediamo persone soffrire di malnutrizione sono le stesse per cui vediamo persone soffrire di sovra-nutrizione. È radicato nella mancanza di risorse finanziarie, nel vivere in aree impoverite, nel scarso accesso a cibi nutrienti e acqua potabile sicura.”
Oltre le calorie: la vera causa
L’errore più grande è pensare che l’obesità infantile sia solo questione di calorie. Come dimostra la ricerca pubblicata su Nature da Filippa Juul e colleghi, i cibi ultra-processati agiscono attraverso meccanismi complessi che vanno ben oltre l’apporto energetico. Scompongono gli alimenti nelle loro parti costituenti, li modificano chimicamente e li ricombinano con additivi per migliorare artificialmente sapore, colore e conservazione.
Il risultato è un prodotto che bypassa i normali meccanismi di sazietà del corpo umano. Perfino il packaging contribuisce al problema: composti come ftalati e bisfenolo A, che migrano dagli imballaggi, sono considerati interferenti endocrini e giocano un ruolo nella diffusione dell’obesità.
La soluzione non può essere individuale. Come conclude Torlesse:
“Non esiste un singolo intervento che funzioni. Alcuni paesi fanno la tassa sulle bibite, altri mettono etichette sui cibi. È tutto ammirevole, ma finché non affrontiamo il problema da tutti i lati, non avremo il cambiamento di cui abbiamo bisogno.”
Il mondo si trova di fronte a una scelta: continuare a curare l’obesità infantile dopo che si manifesta, spendendo miliardi in cure mediche, oppure affrontare le cause strutturali che hanno trasformato il cibo in una droga legale. La prima opzione ha già dimostrato di non funzionare.
Per la seconda, il tempo sta scadendo: ogni giorno che passa, milioni di bambini obesi nel mondo aprono la loro merenda confezionata, inconsapevoli di stare consumando il loro futuro.