Era il 6 aprile 1984 quando una dozzina di scienziati si è seduta attorno a un tavolo per il pranzo più insolito della loro carriera. Nel piatto: stufato di bisonte di 50.000 anni fa. L’ingrediente principale era Blue Babe, un esemplare di Bison priscus estratto dal permafrost alaskano cinque anni prima. “La carne era ben stagionata ma ancora un po’ dura, e dava allo stufato un forte aroma pleistocenico”, ha raccontato il paleontologo Dale Guthrie. Nessuno dei commensali ha osato rifiutare l’invito. Nessuno si è sentito male. Tutti hanno assaggiato un pezzo di storia evolutiva servito con verdure fresche. L’esperimento gastronomico che ha unito paleontologia e cucina in modo inedito.
La scoperta di Blue Babe: bisonte preistorico perfetto
Nel luglio del 1979, Walter Roman e i suoi figli stavano scavando oro vicino a Fairbanks quando le loro lance ad acqua ad alta pressione hanno fatto emergere qualcosa di inaspettato. Due zampe di bisonte spuntavano dal fango ghiacciato. Non si trattava di una scoperta qualsiasi: il permafrost aveva conservato l’animale in condizioni eccezionali, tanto che inizialmente sembrava morto da pochi anni anziché da millenni.
Il bisonte venne chiamato Blue Babe per il colore blu metallico della sua pelle, causato dalla vivianite (idrofosfato di ferro) formatasi durante il lungo periodo di contatto con il fango. Gli studi dell’Università dell’Alaska hanno rivelato che si trattava di un maschio adulto di Bison priscus, vissuto circa 50.000 anni fa. È come se qualcuno avesse dimenticato un bisonte nel freezer dell’era glaciale.
Il permafrost alaskano agisce come un frigorifero naturale perfetto. Le temperature costantemente sotto zero rallentano la decomposizione fino a fermarla quasi completamente. Blue Babe era così ben conservato che persino il sangue coagulato era ancora visibile nelle ferite causate dai leoni delle caverne che lo avevano ucciso.
L’ultima cena del bisonte delle steppe
L’analisi forense ha ricostruito gli ultimi momenti di Blue Babe con la precisione di un cold case degno delle serie tv. Segni di artigli e morsi di denti sulla parte posteriore della carcassa, frammenti di molari felini conficcati nella carne: tutto puntava a un attacco di Panthera leo spelaea, il leone delle caverne americano. Il bisonte morì probabilmente durante l’autunno o l’inverno, quando le temperature erano già rigide.
La rapidità del congelamento fu cruciale. Il freddo rese la carcassa troppo dura per gli spazzini, proteggendola dalla decomposizione. Un meccanismo di conservazione che ha funzionato per 50.000 anni. Come dimostra questo studio sui reperti preistorici, il permafrost è una macchina del tempo naturale che continua a restituirci sorprese.

Dal laboratorio alla tavola: esperimento culinario estremo
Quando Dale Guthrie e il suo team completarono la preparazione di Blue Babe per l’esposizione museale, decisero di compiere un gesto che oggi farebbe gridare allo scandalo qualsiasi comitato etico. Tagliarono un pezzo del collo del bisonte e lo trasformarono in ingrediente per uno stufato. Un po’ come dire: “Abbiamo studiato questo animale per anni, perché non assaggiarlo?”
La preparazione fu meticolosa quanto l’analisi scientifica. La carne, che aveva la consistenza del “beef jerky”, la carne essiccata, venne stufata lentamente con verdure e spezie per ammorbidire le fibre muscolari irrigidite dai millennii di congelamento. Secondo i resoconti degli scienziati, il sapore risultò sorprendentemente familiare: simile alla carne di bisonte moderno, seppur con una nota terrosa caratteristica.
“Il gusto era delizioso, e nessuno di noi ha sofferto effetti collaterali dal pasto”, scherzò Guthrie. “è stato uno stufato con un forte aroma pleistocenico, ma nessuno là presente avrebbe osato perderselo.”
Bisonte e scienza: lezioni dal permafrost
Blue Babe rappresenta l’unico esemplare completo di bisonte pleistocenico esposto al mondo, conservato presso l’University of Alaska Museum of the North a Fairbanks. La sua importanza scientifica va ben oltre l’aneddoto culinario. Gli studi sul contenuto dello stomaco hanno rivelato che questi bisonti erano brucatori selettivi, preferendo arbusti e vegetazione forestale alle semplici erbe delle praterie.
Il Bison priscus popolò vaste aree dall’Europa alla Siberia fino al Nord America durante il Pleistocene. Era l’antenato comune sia del bisonte europeo (Bison bonasus) che di quello americano (Bison bison). La sua estinzione, avvenuta circa 7.500 anni fa, segnò la fine di un’era in cui questi giganti delle steppe dominavano gli ecosistemi glaciali.
Il permafrost: frigorifero dell’era glaciale
L’esperimento di Blue Babe ha dimostrato le incredibili capacità conservative del permafrost. Le temperature costanti sotto zero creano condizioni ideali per la preservazione di tessuti organici, superando di gran lunga i nostri sistemi di refrigerazione moderni. Il permafrost siberiano e alaskano continua a restituire scoperte eccezionali: da mammut lanosi a lupi di 44.000 anni fa, tutti perfettamente conservati.
La recente scoperta di un lupo adulto in Siberia conferma che questi “frigoriferi naturali” rappresentano archivi biologici inestimabili. Ogni scoperta offre finestre uniche sugli ecosistemi del passato, sui cambiamenti climatici e sull’evoluzione delle specie.
La storia di Blue Babe ci ricorda che a volte la scienza migliore nasce dalla curiosità più elementare. Un gruppo di ricercatori che decide di cucinare e mangiare un fossile può sembrare una follia, ma ha aperto nuove prospettive sulla conservazione degli alimenti e sui meccanismi di preservazione naturale. In fondo, chi altri se non gli scienziati poteva permettersi di cenare con un ospite di 50.000 anni?
Il bisonte più antico mai servito a tavola, probabilmente, non si è nemmeno lamentato del menù.