In un laboratorio di Princeton, un patologo rimuove con cura il cervello più famoso del mondo: il cervello di Einstein. È il 18 aprile 1955, lo scienziato è morto da poche ore. Thomas Harvey taglia, pesa, fotografa: 1230 grammi di genio che finiscono in 240 blocchi di tessuto.
Settant’anni dopo, quei frammenti aspettano ancora: la tecnologia del 1955 non era in grado di “sbirciarli”. E quella del 2025? Forse sì. Un gruppo di ricercatori cinesi sostiene di aver sviluppato uno strumento in grado di leggere campioni biologici antichi come pagine di un libro. Anche quelli di Einstein. La chiave giusta per una cassaforte che aspetta da decenni.
Quando l’RNA degradato diventa leggibile
Il team di BGI-Research ha pubblicato su Cell i risultati di Stereo-seq V2, una tecnologia di mappatura spaziale dell’RNA che promette di fare l’impossibile: analizzare campioni biologici conservati in condizioni pessime. I ricercatori sono riusciti a processare tessuti tumorali immagazzinati male e a estrarre informazioni genetiche che sembravano perdute per sempre. È come recuperare un hard disk danneggiato e scoprire che i dati ci sono ancora, solo nascosti meglio.
Li Yang, ricercatore associato di BGI-Research, non ha nascosto l’ambizione del gruppo:
“Se fossimo abbastanza fortunati da analizzare il cervello di Einstein, potremmo tentare. Certo, sono sfide significative perché le tecniche di conservazione dell’epoca non erano molto buone”.
Un understatement elegante per dire che la formalina del 1955 non era pensata per preservare l’RNA, ma più che altro per conservare la forma.
Per i più “studiati”: la tecnologia Stereo-seq V2 supera le limitazioni dei campioni FFPE (fissati in formalina e inclusi in paraffina) utilizzando primer casuali invece della cattura basata su poly(T). Questo approccio offre una copertura uniforme del corpo genico e aumenta la sensibilità per gli RNA non codificanti, raggiungendo una risoluzione a singola cellula anche su tessuti degradati.

Un cervello che aspetta da settant’anni
Il cervello di Einstein non è mai stato analizzato completamente. Come abbiamo visto con il sequenziamento del genoma umano, le tecnologie del passato avevano limiti che solo oggi riusciamo a superare. Harvey aveva fatto quello che poteva: aveva sezionato il cervello in blocchi di circa un centimetro cubo, li aveva inclusi in collodio e ne aveva spediti alcuni ad autorevoli patologi dell’epoca.
Gli studi successivi degli anni ’80 e ’90 si erano concentrati sulla struttura fisica: il lobo parietale più sviluppato del normale, un numero superiore di cellule gliali, circonvoluzioni eccezionalmente complesse. Ma l’RNA, le istruzioni genetiche attive al momento della morte, erano rimaste un mistero. Per quanto ancora?
Oltre il cervello di Einstein: il potenziale nascosto
L’applicazione più immediata di Stereo-seq V2 non è nostalgica, ma pratica. Gli ospedali di tutto il mondo conservano milioni di campioni FFPE, spesso per vent’anni o più. Fino a oggi, gran parte di quella informazione genetica era inaccessibile a causa dei danni causati dalla conservazione. Li Yang lo spiega così:
“Molte malattie rare richiedono tempo per accumulare campioni. Ora possiamo utilizzare efficacemente campioni preziosi conservati a lungo termine”.
I ricercatori hanno testato la tecnologia su campioni di cancro al seno triplo-negativo conservati per quasi un decennio. Non solo hanno estratto profili di espressione genica, ma hanno anche identificato eventi specifici del tumore. È come se avessero recuperato non solo le parole di un libro danneggiato, ma anche la punteggiatura.
La ricerca, pubblicata su Cell, dimostra che Stereo-seq V2 può mappare simultaneamente RNA di ospite e patogeno in campioni FFPE. Nel modello di tubercolosi, la tecnologia ha catturato la dinamica dell’infezione da Mycobacterium tuberculosis con una risoluzione temporale e spaziale senza precedenti.
Il paradosso della conservazione
C’è un’ironia in tutto questo. La formalina che ha “rovinato” l’RNA del cervello di Einstein è la stessa che ne ha permesso la conservazione per settant’anni. Senza di lei, i tessuti sarebbero andati perduti molto prima che qualcuno inventasse Stereo-seq V2. È come criticare la carta per essere fragile, dimenticando che senza di essa non avremmo libri da leggere.
Il team di BGI-Research ha dimostrato che la loro tecnologia funziona anche su campioni con un DV200 del 18%, una misura di degradazione dell’RNA che indica condizioni pessime. Se questo fosse un vino, sarebbe aceto da decenni. Eppure, qualcosa di utile si può ancora estrarre.
Cervello di Einstein: la “genetica del genio”? Per me resterà un mistero
Anche se Stereo-seq V2 riuscisse ad analizzare il cervello di Einstein, cosa scopriremmo davvero? Le ricerche moderne suggeriscono che il genio non risiede in strutture cerebrali particolari, ma nell’applicazione costante e migliorativa di funzioni cognitive specifiche. Come dice Antonio Cerasa dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del CNR: “Tutti possiamo diventare superdotati” attraverso l’allenamento intensivo.
Alla fine, come immaginerete, la vera rivoluzione di Stereo-seq V2 non sta nel decifrare Einstein, ma nel trasformare milioni di campioni “inutili” in risorse preziose per la ricerca medica. Un archivio di tessuti che aspettava solo la tecnologia giusta per tornare a parlare.
Il cervello di Einstein continuerà ad aspettare, probabilmente. Ma nel frattempo, la sua storia ci ha portato a sviluppare strumenti che potrebbero salvare vite umane oggi. E va bene anche così.