L’auricolare sta lì, appoggiato dietro l’orecchio. Niente di vistoso. Arnav Kapur chiude la bocca e fa una domanda. In silenzio. Tipo quando parli dentro la testa, sai quando ripeti mentalmente una frase prima di dirla ad alta voce. Solo che stavolta la frase arriva lo stesso. Non nell’aria, ma direttamente nel dispositivo. Che la traduce, la elabora, risponde. Tutto senza che tu abbia mosso le labbra. È AlterEgo, nato al MIT nel 2018 come progetto di ricerca e diventato startup quest’anno. Un’interfaccia neurale che non legge i pensieri ma capta i segnali elettrici che i muscoli facciali mandano quando stai per parlare. Anche se poi non parli. Precisione del 92%. Nessun chip impiantato. Nessuna operazione chirurgica.
Come funziona l’interfaccia neurale AlterEgo
Il meccanismo è più semplice di quanto sembri. Quando stai per dire qualcosa, il cervello invia impulsi elettrici ai muscoli che servono per parlare: mandibola, lingua, corde vocali. Questi segnali partono sempre, anche quando decidi di non aprire bocca. AlterEgo usa sette piccoli elettrodi posizionati sulla pelle attorno alla gola, al mento e alla zona facciale per intercettare questi segnali neuromuscolari. I dati vengono poi elaborati da modelli di intelligenza artificiale che riconoscono le parole che stai articolando mentalmente.
La risposta non arriva da un altoparlante. Usa la conduzione ossea, una tecnologia che trasmette il suono direttamente all’orecchio interno attraverso le ossa del cranio. In pratica, senti la risposta dentro la testa senza che nessuno intorno a te percepisca nulla. Un loop chiuso. Tu comunichi in silenzio, ricevi in silenzio. Il resto del mondo non sa nemmeno che stai interagendo con un dispositivo.
Come spiega Howard Chizeck, ingegnere elettrico dell’Università di Washington, sulla rivista Nature: “Sfrutta i segnali neuromuscolari che verrebbero utilizzati nel parlato; è tipo parlare in silenzio”. Il vantaggio rispetto alle interfacce cervello-computer invasive come Neuralink è lampante. Nessun robot chirurgico che apre il cranio. Nessun rischio di infezione. Niente elettrodi piantati nel tessuto cerebrale.
Dal MIT Media Lab alla startup commerciale
Il progetto è partito nel 2018 al MIT Media Lab. Arnav Kapur, allora studente, aveva presentato un primo prototipo al TED nel 2019. Un’interfaccia neurale periferica, non invasiva, pensata inizialmente per aiutare persone con disturbi del linguaggio come sclerosi laterale amiotrofica o sclerosi multipla. Malattie che tolgono la voce ma lasciano intatto il cervello. Con AlterEgo, queste persone potrebbero tornare a comunicare.
Ma l’obiettivo è andato oltre. Kapur parla di AlterEgo come di “un’estensione naturale della mente umana”. L’idea è integrare informatica, internet e intelligenza artificiale nella vita quotidiana in modo così fluido da sembrare invisibile. Una sorta di secondo strato cognitivo, sempre disponibile, che potenzia le capacità umane senza richiedere nessun gesto osservabile. Nel 2023 abbiamo fatto un check noi e ne è venuto fuori un bell’articolo.
All’inizio del 2025, il progetto è uscito dal laboratorio ed è diventato una società commerciale con sede a Boston. Sul sito ufficiale compare la nuova versione del dispositivo, che include anche una fotocamera. Gli utenti possono inquadrare oggetti e fare domande in tempo reale all’intelligenza artificiale. Il sistema ha anche una funzione chiamata Silent Sense, che gestisce diversi livelli di comunicazione: dal parlato normale fino al silenzio completo.

Interfaccia neurale non invasiva vs Neuralink
La differenza con Neuralink non è solo tecnica. È filosofica. Neuralink punta all’integrazione profonda: elettrodi flessibili inseriti nel cervello da un robot chirurgico, migliaia di canali di comunicazione diretta con i neuroni. Risultati impressionanti, certo. Un paziente è riuscito a giocare ai videogiochi e scrivere codice col pensiero. Ma i costi sono alti: intervento chirurgico, rischio di rigetto, durata limitata dell’impianto.
AlterEgo fa un passo indietro. Non entra nel cervello, resta in periferia. Legge solo i segnali che il cervello manda ai muscoli del linguaggio. Non capta i pensieri spontanei, solo quelli che tu decidi consapevolmente di articolare. È una forma di comunicazione volontaria, controllata. Dal punto di vista della privacy, è un vantaggio. Come dice Chizeck: “Non sta leggendo la tua mente, quindi non vedo un problema significativo. È meno rischioso che parlare a un chatbot”.
Secondo uno studio pubblicato su Nature Reviews in Bioengineering che ha analizzato 28 studi clinici tra il 1998 e il 2023, le interfacce neurali non invasive hanno il vantaggio di essere più sicure e accessibili, ma offrono una precisione inferiore rispetto agli impianti cerebrali. AlterEgo cerca di colmare questo divario: precisione alta senza invasività.
Applicazioni concrete e futuro dell’interfaccia neurale
Le applicazioni immediate sono chiare. Per chi ha perso la capacità di parlare a causa di malattie neurodegenerative, AlterEgo è una protesi comunicativa. Ma gli usi vanno oltre. Immagina di poter inviare un messaggio in una riunione silenziosa senza toccare lo smartphone. O di chiedere informazioni a un assistente AI mentre guidi, senza distogliere lo sguardo dalla strada. O di controllare dispositivi domestici intelligenti senza dover urlare “Alexa” in tutta la casa.
Il dispositivo funziona anche in ambienti rumorosi, secondo quanto dichiarato dalla startup. E promette supporto multilingue, riconoscimento visivo tramite fotocamera e capacità di gestire sia comunicazione esplicita (quando muovi leggermente la bocca) sia completamente silenziosa (solo articolazione mentale). Come riportato da uno studio del 2018 firmato da Kapur e altri ricercatori del MIT, la precisione mediana su set limitati di vocaboli era già del 92%.
Resta da capire quando arriverà sul mercato e quanto costerà. La startup non ha ancora comunicato né prezzi né tempistiche di lancio. Sul sito non ci sono dettagli tecnici approfonditi né indicazioni su come prenotare il dispositivo. Ma il fatto che il progetto sia passato da ricerca accademica a società commerciale suggerisce che qualcuno ci crede abbastanza da investirci denaro vero.
Nel frattempo, il settore delle interfacce neurali minimamente invasive continua ad avanzare. Dalla Rice University arriva l’ECI, che usa il liquido cerebrospinale come via d’accesso al cervello. Meta lavora a un bracciale che legge i segnali muscolari del polso per controllare dispositivi AR. Il mercato globale delle interfacce cervello-computer dovrebbe raggiungere i 5,42 miliardi di dollari entro il 2033, secondo le previsioni.
AlterEgo si inserisce in questo panorama come alternativa non invasiva alle BCI impiantabili. Non promette di trasformarti in un cyborg. Promette qualcosa di più semplice e forse più realistico: comunicare senza dover scegliere tra voce e tastiera. Parlare in silenzio quando serve. Pensare una frase e vederla tradotta in azione. Finché resta chiaro che la tecnologia non legge i pensieri spontanei ma solo quelli che scegli di articolare, il confine tra utilità e invasività resta gestibile.
Resta solo da decidere se vogliamo davvero un mondo dove le persone camminano in silenzio ma continuano a parlare dentro la testa.