AOL ha fatto la storia di internet negli anni ’90. Poi l’ha guardata passare per vent’anni, cambiando mano più volte senza trovare mai una casa definitiva. Adesso quella casa sarà Milano. Apollo Global Management ha raggiunto un accordo per cedere il portale e il servizio email a Bending Spoons, la tech company italiana che negli ultimi anni ha costruito un impero comprando marchi dimenticati e rilanciandoli. L’operazione vale circa 1,5 miliardi di dollari. Per finanziarla, Luca Ferrari e soci hanno raccolto 2,8 miliardi di debito da dodici banche internazionali. AOL porta in dote 30 milioni di utenti mensili, 8 milioni quelli giornalieri, e una nostalgia che vale oro per chi ha vissuto l’era dei modem a 56k.
Il marchio che non muore mai
AOL è tipo un collega che ha visto di tutto ma non si arrende. Ha dominato internet quando internet era una cosa per pochi, poi ha fatto la fusione più costosa della storia con Time Warner nel 2000, per 165 miliardi di dollari. Un disastro finanziario che è entrato nei libri come esempio di cosa non fare. Passata a Verizon, poi ad Apollo nel 2021 insieme a Yahoo, AOL è rimasta in piedi servendo una base utenti fedele. Otto milioni di persone al giorno aprono ancora la loro casella @aol.com, trent’anni dopo. Ferrari, CEO e cofondatore di Bending Spoons, l’ha definita “un’azienda iconica e amata, in buona salute, che ha resistito alla prova del tempo”.
Apollo non stava cercando acquirenti. Le performance solide del brand hanno fatto arrivare offerte spontanee, spingendo il fondo a valutare formalmente i potenziali compratori. Bending Spoons ha vinto la partita promettendo investimenti significativi nel prodotto e nell’esperienza utente, con una visione di lungo periodo. La chiusura è prevista entro fine anno, dopo le approvazioni normative.
Bending Spoons, la strategia italiana di conquista
Bending Spoons non è nuova a questo tipo di operazioni. La società milanese fondata nel 2013 ha costruito il suo impero acquisendo marchi con grandi basi utenti ma performance sottotono, per poi rilanciarli con tecnologia e gestione migliorate. Nel 2023 ha comprato Evernote, nel 2024 WeTransfer, Meetup e StreamYard. A settembre ha firmato per Vimeo, 1,38 miliardi di dollari. AOL è solo l’ultimo tassello di una strategia che punta a diventare il player di riferimento nel rilancio di piattaforme digitali mature.
Ferrari ha dichiarato che Bending Spoons “non ha mai venduto un’azienda acquisita” e che intende essere “il giusto custode a lungo termine” anche per AOL. Il modello è chiaro: comprare, tenere per sempre, migliorare. L’azienda conta oltre 300 milioni di utenti mensili sulle sue app e piattaforme, con un fatturato 2024 di 622 milioni di euro, in crescita del 72,5% rispetto all’anno precedente.

Il debito come arma di espansione
Per sostenere l’acquisizione di AOL e future operazioni, Bending Spoons ha chiuso un pacchetto di finanziamenti da 2,8 miliardi di dollari. Il pool di banche include nomi di primo piano: Banco BPM, BNP Paribas, Crédit Agricole, Goldman Sachs, HSBC, Intesa Sanpaolo, JP Morgan, Mitsubishi UFJ, Mizuho, Société Générale, UniCredit e Wells Fargo. La struttura comprende linee di credito Term Loan A e Term Loan B, più facility di credito revolving incrementali.
Ferrari ha ringraziato le banche sottolineando che il supporto “rafforza la nostra capacità di continuare ad acquisire e trasformare aziende digitali in tutto il mondo con una prospettiva di lungo periodo”. Bending Spoons ha raccolto oltre 4 miliardi di dollari in finanziamenti solo nel 2025, segnale di una strategia espansiva piuttosto aggressiva. Vediamo.
Bending Spoons: startup morte e giganti vivi
C’è un dettaglio che rende questa storia ancora più interessante. Se, come abbiamo già osservato, il 99% delle startup AI brucerà tutti i soldi entro il 2026, alcuni marchi considerati “morti” come AOL continuano a generare centinaia di milioni di cash flow. Bending Spoons ha capito una cosa che molti investitori ignorano: le piattaforme mature con basi utenti fedeli sono più preziose delle startup ipertrofiche senza ricavi.
AOL non è sexy. Non promette crescite del 1000%. Non usa l’AI generativa per reinventare il mondo. Ma ha trent’anni di storia, milioni di utenti che non se ne vanno, e un brand riconoscibile ovunque. In un panorama dove le startup AI falliscono prima di trovare un modello di business sostenibile, comprare assets consolidati sembra la mossa più intelligente.
Yahoo, dal canto suo, vede nell’operazione l’occasione per concentrarsi sui propri prodotti core, in particolare… proprio nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Per AOL, dopo Verizon e Apollo, arriva finalmente una casa stabile. Milano, per la precisione.
E la sensazione è che questa volta potrebbe restare lì, all’ombra della Madunina, per molto tempo.
