Durante il lockdown del 2020, mentre i suoi coetanei guardavano TikTok, Naman Pushp costruiva un drone con fogli sottili di legno, stuzzicadenti e nastro adesivo. Aveva 15 anni e un’idea fissa: rendere le consegne così economiche da far sembrare la distanza irrilevante. Cinque anni dopo, quel prototipo fatto in casa è diventato Airbound, una startup indiana che ha appena raccolto 8,6 milioni di dollari da gente che di solito finanzia razzi spaziali e auto elettriche. Il piano? Consegne a un centesimo. Letteralmente. Non è marketing: è fisica applicata. Un drone ultraleggero in fibra di carbonio che pesa 1,5 kg e ne trasporta 1. Decolla verticalmente come un razzo, vola come un aereo. E consuma 20 volte meno energia di un motorino elettrico.
Il problema è semplice: troppo peso, troppa energia
Facciamo due conti. In India, un motorino elettrico per consegne pesa 150 kg, trasporta pacchi da 3 kg massimi e costa circa 2 rupie al chilometro di energia (poco più di 2 centesimi di dollaro). Il rapporto peso-carico è, diciamo, ridicolo. Pushp ha pensato: e se togliessimo il motorino? E l’autista?
Il risultato sono consegne che costano un decimo di centesimo al chilometro. La logistica autonoma è un problema di fisica ed aritmetica. Ed è piuttosto semplice, almeno in teoria: se hai meno peso degli altri e più efficienza, vinci. Punto.
Il design che Airbound ha scelto si chiama blended-wing-body con configurazione tail-sitter. Chevvordì: il drone sta in piedi, si alza verticalmente come un razzo (senza bisogno di piste o infrastrutture), poi inclina il corpo e vola orizzontalmente come un aereo. Studi della NASA dimostrano che questa forma riduce la resistenza aerodinamica del 30% rispetto ai design convenzionali. I quadricotteri tradizionali hanno quattro eliche che disturbano il flusso d’aria. Il TRT (questo il nome del drone di Airbound) ne ha solo due, posizionate per non interferire con le ali. Risultato: più portanza, meno spinta necessaria per restare in aria, meno batteria consumata.
La prima versione del drone, come detto, pesa 1,5 kg e trasporta fino a 1 kg. La seconda versione, già in sviluppo, peserà 1,2 kg e porterà 3 kg. Un rapporto che nei droni attuali è impensabile.
Come dice Pushp:
“Oggi servono quattro chili di drone per sollevare un chilo di carico. È assurdo.”

Dagli stuzzicadenti ai milioni
La storia di Pushp è una di quelle che si raccontano ai convegni per ispirare i giovani imprenditori, solo che qui è vera. Lockdown 2020, ha 15 anni, guarda un video di Zipline (la società americana che consegna sangue e vaccini con droni in Africa) e pensa: “Posso farlo meglio.”
Costruisce un prototipo con materiali di recupero, carta tagliata in fette bidimensionali tenute insieme da stuzzicadenti e nastro, poi levigato per sembrare fibra di vetro. Lo presenta a un hackathon. Vince 500 dollari. Ci prova con Y Combinator. Viene rifiutato. Ma riceve 1.000 dollari dal 1517 Fund, poi 25.000 da GradCapital, poi altri 12.000 da Emergent Ventures. A 17 anni arriva il term sheet da Lightspeed Venture Partners. Aspetta di compiere 18 anni per firmarlo. “È stato il primo documento legalmente vincolante che ho firmato”, racconta.
Oggi ha 20 anni, una fabbrica a Bengaluru che produce un drone al giorno (l’obiettivo è salire a 100 al giorno entro il 2027), e un round da 8,6 milioni guidato da Lachy Groom, cofondatore di Physical Intelligence, con partecipazione di manager senior di Tesla, SpaceX e Anduril. Gente che non finanzia startup per hobby.
Droni ultraleggeri, le batterie fanno la differenza
C’è un dettaglio tecnico che spiega perché Airbound potrebbe davvero arrivare al centesimo per consegna. I droni ultraleggeri normali usano batterie al litio-polimero. Durano 100-200 cicli di ricarica. Airbound usa batterie agli ioni di litio, le stesse degli smartphone e delle auto elettriche. Durano 500-800 cicli. “Il costo maggiore di gestione di questi droni è la sostituzione delle batterie”, spiega Pushp. Raddoppiare (o triplicare) la vita della batteria significa dimezzare (o dividere per tre) i costi operativi.
È un calcolo semplice, ma nessuno lo aveva fatto prima perché tutti pensavano ai droni come gadget volanti, non come sistemi logistici industriali.
Oggi un drone Airbound costa 2.000 dollari da produrre e 27 centesimi per consegna. L’obiettivo è scendere sotto i 5 centesimi entro la fine del 2026. E arrivare a un milione di consegne al giorno entro metà 2027. Non è fantasia: la startup ha già avviato un programma pilota con Narayana Health, uno dei maggiori ospedali indiani, per consegnare campioni di sangue, test medici e materiale critico. Dieci consegne al giorno per tre mesi. Poi si scala.
Un studio della Martin Luther University ha dimostrato che i droni tradizionali consumano 10 volte più energia dei furgoni elettrici nelle aree urbane dense. Ma quei droni pesavano 4-5 kg per trasportare 1 kg. Il modello di Airbound ribalta l’equazione: meno peso, meno energia, più efficienza.
Prima India, poi Stati Uniti
Airbound non punta solo alla sanità. Il mercato vero sono le consegne rapide, il food delivery, l’e-commerce dell’ultimo miglio. Settori dove la velocità conta più del costo, ma dove il costo finisce per determinare chi sopravvive. L’India è il campo di prova perfetto: città dense, infrastrutture stradali congestionate, regolamentazione relativamente progressiva sui droni (la Directorate General of Civil Aviation indiana ha già autorizzato voli oltre la linea visiva in determinate condizioni). Dopo aver raggiunto un milione di consegne al giorno, Airbound punta agli Stati Uniti. Tra tre anni, dice Pushp.
La logistica è un problema di fisica. E la fisica, a quanto pare, favorisce chi pesa meno.
Per i piccoli carichi, i droni ultraleggeri sostituiranno i corrieri. È certo. C’è solo da capire chi arriverà primo. Amazon ci prova da un decennio con Prime Air. Google ha Wing. Zipline ha fatto oltre un milione di consegne in Africa. Ma nessuno è ancora arrivato al centesimo per consegna. Forse serviva qualcuno che non sapesse ancora cosa fosse “impossibile”.
Ad esempio, qualcuno che a 15 anni costruiva prototipi con stuzzicadenti e adesso convince manager di SpaceX a finanziarlo.