Venti minireattori nucleari entro il prossimo decennio. Donald Trump e Keir Starmer l’hanno annunciata come una “partnership storica” per l’energia pulita. Piccoli, modulari, sicuri: la retorica è quella della transizione green “ad alte prestazioni”. Il problema è che nessun minireattore commerciale efficiente ed efficace è ancora stato messo davvero a regime. E diverse analisi indipendenti dimostrano che costano più delle rinnovabili, producono 30 volte più scorie e richiedono decenni per entrare in funzione. Allora perché tanto entusiasmo? La risposta non sta nelle bollette, ma nelle flotte nucleari. Dietro i minireattori civili si nasconde la dipendenza delle marine militari dai reattori atomici. Senza l’industria nucleare “civile”, i sottomarini a propulsione nucleare diventano insostenibili. Un gioco di specchi che trasferisce miliardi dalle tasche dei contribuenti ai bilanci della difesa. Ora crocifiggetemi pure, “avvocati” vari, intanto continuo.
Minireattori, i conti che non tornano
Gli Small Modular Reactors, o SMR, sono reattori a fissione nucleare di piccola taglia, fino a 300 megawatt di potenza elettrica. Dovrebbero essere più economici, più veloci da costruire e intrinsecamente più sicuri rispetto alle centrali tradizionali. Ne abbiamo parlato anche noi diverse volte, da curiosi di futuro e senza pregiudizi (ma poi ci facciamo un’idea sulle cose, dopo). Rolls-Royce, che li costruirà nel Regno Unito, sostiene che i minireattori ridurranno i costi dell’energia e garantiranno l’indipendenza energetica. Il punto è che anche le valutazioni più ottimistiche dell’industria ammettono che i minireattori non possono competere con le rinnovabili.
Un’analisi pubblicata su New Civil Engineer ha concluso che gli SMR rappresentano “la fonte di energia più costosa per kilowatt generato” rispetto a gas naturale, nucleare tradizionale e rinnovabili. La Royal Society, storicamente favorevole al nucleare, ha dimostrato che i sistemi 100% rinnovabili superano qualsiasi configurazione con nucleare su costi, flessibilità e sicurezza. Le statistiche mondiali confermano: il nucleare non è generalmente associato a riduzioni delle emissioni di carbonio, mentre le rinnovabili lo sono.
Uno studio della Stanford University e della University of British Columbia pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences ha analizzato tre tipologie di minireattori. I risultati: il volume di combustibile nucleare esausto aumenta di un fattore 5,5 rispetto ai reattori tradizionali; i rifiuti ad alta attività aumentano di un fattore 30; quelli a bassa e media intensità di un fattore 35. E la perdita di neutroni intrinsecamente più elevata negli SMR aggrava le problematiche legate alla gestione delle scorie.
Minireattori, il vero cliente: le marine militari
Se l’economia non giustifica i minireattori, cosa li giustifica? La dipendenza militare dai reattori nucleari. Change my mind. Mantenere una flotta di sottomarini a propulsione atomica richiede un’industria nucleare civile funzionante. Senza quella base industriale, i costi della difesa esploderebbero. Rolls-Royce, che costruisce sia i reattori per i sottomarini britannici che gli SMR civili, lo ha dichiarato apertamente già nel 2017: un programma civile di minireattori “solleverà il Ministero della Difesa dall’onere di sviluppare e mantenere competenze e capacità”.
Nuclear Intelligence Weekly nel 2020 ha sottolineato come il programma SMR di Rolls-Royce abbia un’importante “simbiosi con le esigenze militari del Regno Unito”. Un ex dirigente di BAE Systems, che costruisce i sottomarini britannici, ha spiegato che i costi militari possono essere “mascherati” dietro i programmi civili. Uno studio commissionato dal governo britannico ha stimato il valore di questo trasferimento in circa 5 miliardi di sterline l’anno solo nel Regno Unito. Negli Stati Uniti, circa 25 miliardi di dollari all’anno fluiscono dal nucleare civile a quello militare.
L’Italia entra nel gioco
Anche l’Italia sta seguendo questa strada. Fincantieri guida il progetto Minerva, finanziato dal Piano Nazionale della Ricerca Militare con 2,1 milioni di euro, per studiare l’integrazione di minireattori su navi militari e sottomarini. Il consorzio include Ansaldo Nucleare, Rina Services e l’Università di Genova. L’ammiraglio Enrico Credendino, capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ha confermato nel marzo 2025 che si sta lavorando a “propulsori nucleari per caccia e sottomarini”.
Il modello non è nuovo. Francia, Russia e Cina sono esplicite sui legami inscindibili tra nucleare civile e militare. Emmanuel Macron lo ha detto chiaramente: “Senza nucleare civile, niente nucleare militare. Senza nucleare militare, niente nucleare civile”. Per questi Stati, le capacità nucleari militari rappresentano un segno di status da grande potenza. La fine del programma civile metterebbe a rischio non solo posti di lavoro ed energia, ma la posizione al “tavolo dei grandi”.
Microreattori: la prossima frontiera bellica
Oltre agli SMR, si stanno sviluppando i microreattori, ancora più piccoli e sperimentali. Dal punto di vista dell’energia commerciale non hanno senso. Ma sono considerati essenziali nei piani statunitensi per l’alimentazione di basi militari, infrastrutture spaziali e nuove armi ad alta energia come sistemi anti-drone e anti-missile. I microreattori diventeranno sempre più prominenti nei dibattiti “civili” sull’energia (e nelle arringhe degli “avvocati nucleari” o degli “ingenui” divulgatori pop) proprio perché servono obiettivi militari.
Gli sviluppatori di minireattori e i sostenitori del nucleare spesso utilizzano parametri semplici come la massa o la radiotossicità totale per suggerire che i reattori avanzati genereranno meno combustibile esaurito. Ma l’analisi dettagliata rivela che i minireattori aumenteranno i volumi equivalenti di rifiuti nucleari che necessitano di gestione e smaltimento, con scorie più voluminose e chimicamente reattive rispetto ai PWR tradizionali.
Qualunque sia l’opinione su questi sviluppi militari, è una questione di democrazia che ci sia onestà su cosa sta realmente accadendo. I veri motori del recente accordo nucleare tra USA e Regno Unito risiedono nella proiezione militare della forza, non nella produzione civile di energia. Eppure questo rimane assente dalla maggior parte delle discussioni sulla politica energetica. I minireattori vengono venduti come soluzione climatica quando in realtà sono un sussidio mascherato alle flotte nucleari. I contribuenti pagano attraverso bollette più alte per capacità militari che non compaiono nei bilanci della difesa.
Chiamarlo “energia pulita” è solo un modo più elegante per far pagare le armi atomiche ai cittadini.