Il chatbot interno di Electronic Arts (EA) si chiama ReefGPT. Dovrebbe scrivere codice, accelerare lo sviluppo di videogiochi AI, liberare tempo creativo. Nella pratica, invece, genera errori che gli sviluppatori devono correggere manualmente, facendo più fatica invece di farne meno. Succede proprio mentre EA annuncia una partnership strategica con Stability AI per portare l’intelligenza artificiale al centro della produzione videoludica. L’obiettivo dichiarato è nobile: texture più realistiche, ambienti 3D generati da prompt testuali, flussi di lavoro più rapidi. Il problema è che chi lavora sul campo racconta una storia diversa. Gli sviluppatori temono di star addestrando il proprio sostituto, mentre il management spinge sull’acceleratore dell’automazione per gestire un debito da 20 miliardi di dollari.
La partnership che promette tutto
Come vi dicevo in apertura, Electronic Arts e Stability AI hanno siglato un accordo per co-sviluppare strumenti di intelligenza artificiale generativa destinati ad artisti, designer e sviluppatori. Stability AI è la società dietro Stable Diffusion, uno dei modelli text-to-image più utilizzati al mondo. La prima applicazione pratica riguarda i Physically Based Rendering materials, texture ultra-dettagliate che fanno sembrare le superfici nei videogiochi realistiche sotto qualsiasi condizione di luce. Serve a far brillare una maglia da calcio sotto i riflettori dello stadio o a catturare il bagliore di un tavolo da caffè nella luce del mattino.
L’ambizione, però, va molto oltre. EA e Stability AI vogliono sistemi capaci di pre-visualizzare interi ambienti 3D partendo da semplici descrizioni testuali. Scrivi “foresta pluviale al tramonto con rovine antiche” e il sistema dovrebbe restituirti un ambiente di gioco completo. Rick Stringfellow, responsabile dei contenuti visuali di EA, parla di “evolvere il mestiere dello sviluppo videogiochi” e di “strumenti per raccontare storie più profonde”. Prem Akkaraju, CEO di Stability AI, aggiunge che “l’innovazione parte dal creatore” e che il progresso è possibile solo quando scienziati e creativi lavorano fianco a fianco. Tutto giusto, tutto bello, tutto vero?
Ma poi c’è ReefGPT
Dietro le quinte, la realtà è diversa. Il chatbot interno di EA, pensato per velocizzare lo sviluppo, scrive codice con errori sistematici. Genera asset che richiedono correzioni. Produce quelle che gli sviluppatori chiamano “allucinazioni”: output che sembrano plausibili ma sono completamente sbagliati. Secondo report interni, il risultato è l’opposto di quello promesso. Invece di ridurre il carico di lavoro, l’AI lo aumenta. Gli sviluppatori passano ore a sistemare ciò che la macchina ha prodotto male.
L’attrito tra management e team di sviluppo cresce. Da un lato i dirigenti vedono nell’intelligenza artificiale la soluzione per ridurre costi e accelerare la produzione. Dall’altro chi scrive codice ogni giorno si sente sempre più un “badante“ del sistema che presto potrebbe sostituirlo. Come racconta un dipendente EA a Business Insider, “l’AI è uno strumento di produttività che spesso crea più lavoro, non meno”. La sensazione diffusa è di star addestrando il proprio sostituto mentre si corregge ogni errore della macchina.
Uno studio pubblicato nel maggio 2025 su 42 professionisti del game design evidenzia il paradosso. Mentre l’AI generativa accelera prototipazione e ideazione, solleva preoccupazioni su originalità, dipendenza creativa e svalutazione del contenuto fatto da umani. I designer temono che l’automazione riduca le opportunità per i junior, soprattutto nei ruoli che tradizionalmente coinvolgono creazione ripetitiva di asset o iterazioni iniziali.
Il peso del debito
Il contesto rende tutto più pressante. EA è appena stata acquistata per 55 miliardi di dollari in quello che rappresenta il più grande accordo nella storia del gaming. Già, perchè l’operazione porta con sé un debito da 20 miliardi di dollari. I nuovi proprietari puntano sull’intelligenza artificiale per tagliare i costi operativi e gestire questo carico finanziario. E la partnership con Stability AI si inserisce in questa strategia di riduzione delle spese.
L’approccio non è esclusivo di EA. Take-Two Interactive e CD Projekt hanno riconosciuto nei loro documenti per gli investitori che l’uso dell’AI rappresenta un rischio reputazionale e legale. Michał Nowakowski, co-CEO di CD Projekt, ha definito l’AI generativa “piuttosto complicata quando si tratta di proprietà intellettuale”. Puoi scrivere un bel prompt e ritrovarti un bell’ambiente di gioco, per poi scoprire che l’AI lo ha sgraffignato “ispirandosi” a qualche titolo di successo della concorrenza. Per questo motivo The Witcher 4 non utilizzerà queste soluzioni. Ma mentre alcuni procedono con cautela, EA accelera.

I numeri raccontano un’altra storia
Una ricerca di Google Cloud condotta su 615 sviluppatori di videogiochi rivela che il 90% usa già qualche forma di intelligenza artificiale nei propri flussi di lavoro. Il 97% crede che l’AI stia trasformando l’industria. Ma i dati mostrano anche che gli sviluppatori la usano principalmente per compiti di supporto: playtesting automatico, moderazione delle chat, miglioramento del codice. Come evidenziato da analisi recenti, la creazione di contenuti rimane territorio principalmente umano, specialmente negli studi più grandi
Il divario tra entusiasmo dirigenziale e scetticismo dei developer è netto. L’85% degli executive dichiara di usare l’AI, contro il 58% degli artisti. La differenza non è tecnica. È una questione di prospettiva. Chi comanda vede efficienza e riduzione costi. Chi lavora sul campo vede errori, correzioni e ansie per il futuro.
La domanda che resta
EA sostiene che l’AI non sostituirà gli umani ma “superpotenzia” la creatività. Dice che la macchina può abbozzare, generare e analizzare, ma non può immaginare, empatizzare o sognare. Questo resta compito di artisti e narratori. Ma quando un sistema genera errori che richiedono ore di correzione, quando costringe gli sviluppatori a fare da controllori di qualità per l’output della macchina, quando il clima interno parla di addestramento del proprio sostituto, quella distinzione suona ottimistica.
I videogiochi AI promettono velocità, efficienza, mondi più vasti. Sul campo offrono caos controllato, carico di lavoro aumentato e un futuro incerto. Come nota Digital Trends, EA sta scommettendo sull’intelligenza artificiale per alimentare il futuro dello sviluppo videogiochi.
Ma all’interno, la rivoluzione assomiglia già a una rivolta al rallentatore.
