Se vivete negli Emirati e siete cittadini, probabilmente il governo ha già una copia del vostro profilo genetico, o sta per averla. Il programma nazionale di sequenziamento ha raggiunto quota 815.000 genomi mappati su una popolazione di circa un milione di persone. L’infrastruttura è impressionante: quindici sequenziatori da 1,25 milioni di dollari l’uno, laboratori all’avanguardia, un supercomputer chiamato Artemis per processare montagne di dati.
L’obiettivo ufficiale è nobile: medicina personalizzata, prevenzione, diagnosi precoci. Il problema è che tutti quei terabyte di informazioni genetiche finiscono in un database statale. Per sempre. Con regole di accesso che definiscono il DNA “priorità nazionale”: curioso modo di intendere la privacy.
Quindici macchine, un milione di destini
Albarah El-Khani è la mente dietro il centro operativo del programma ad Abu Dhabi. Quando accompagna i visitatori attraverso la struttura di 4.800 metri quadrati, si ferma davanti a una stanza che contiene qualcosa che difficilmente troverete altrove: quindici NovaSeq X Plus, sequenziatori genomici da mezza tonnellata ciascuno. Ogni macchina può processare 128 campioni di DNA simultaneamente, producendo fino a 16 terabyte di dati per ciclo. È come avere 500 MacBook che si riempiono di informazioni genetiche ogni volta che premi “invio”.
L’Emirati Genome Programme è partito nel 2019 come collaborazione tra il Department of Health di Abu Dhabi e Group 42, azienda tecnologica locale. I cittadini possono donare (volontariamente, va detto) un campione di sangue in uno dei tanti centri di raccolta sparsi per gli emirati. Sei settimane dopo, il loro genoma completo è pronto. Il tutto gratis, ovviamente. Quando qualcosa è gratis, di solito il prodotto sei tu. O il tuo DNA.
Dal neonato al database
Ad agosto 2025 il programma ha fatto un salto in avanti: ora include anche i neonati. Nasci negli Emirati da genitori emiratini e il tuo profilo genetico entra automaticamente nel sistema. L’idea è intercettare malattie genetiche prima che si manifestino, offrire screening preventivi, personalizzare le cure. Tutto molto sensato, sulla carta. Nella pratica significa che lo Stato conosce il tuo codice biologico prima ancora che tu impari a camminare.
Secondo uno studio pubblicato a settembre 2025 su medRxiv, il programma ha analizzato 43.608 genomi identificando oltre 5 milioni di nuove varianti genetiche specifiche della popolazione emiratina.
I ricercatori hanno trovato correlazioni con malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e predisposizioni al cancro. Informazioni preziose per la ricerca medica. Informazioni sensibilissime se finiscono nelle mani sbagliate.
La mappa genetica che mancava
C’è un problema reale che il programma emiratino sta risolvendo: la maggior parte dei database genomici mondiali si basa su popolazioni europee o nord-americane. Le varianti genetiche mediorientali sono storicamente sottorappresentate. Questo significa che diagnosi e terapie sviluppate su dati occidentali potrebbero non funzionare altrettanto bene su pazienti arabi. Gli Emirati stanno colmando questo vuoto scientifico, come il Progetto Genoma Umano fece vent’anni fa per l’intera specie.
Altri paesi della regione hanno programmi simili. Il Qatar ha sequenziato oltre 25.000 genomi. L’Arabia Saudita punta ai 100.000 entro la fine di quest’anno. Nessuno, però, ha i volumi e l’infrastruttura degli Emirati. Se è una gara, Abu Dhabi sta vincendo a mani basse.

Profili genetici della popolazione, il problema non è la scienza
Il sequenziamento genomico di massa funziona. La medicina personalizzata è il futuro. Startup come Nucleus vendono già analisi genomiche complete per 400 dollari, dimostrando che la tecnologia è matura e accessibile. Il problema non è tecnico, è politico.
Negli Emirati i dati genetici sono considerati “priorità nazionale”. Significa che, nonostante le promesse di confidenzialità e consenso informato, lo Stato ha un interesse strategico su quelle informazioni. Come ha dimostrato il caso 23andMe, quando un’entità controlla enormi database genetici, la tentazione di usarli per scopi diversi da quelli dichiarati è alta. E se l’entità in questione è un governo, la faccenda si complica.
Le leggi emiratine sulla protezione dei dati sono opache. Non esistono norme paragonabili al GDPR europeo. Il concetto di proprietà individuale del proprio DNA è, diciamo, interpretabile. In teoria i cittadini possono rifiutarsi di partecipare. In pratica, quando uno Stato investe miliardi in infrastrutture genomiche e te lo presenta come progresso sanitario gratuito, rifiutarsi diventa una scelta complicata.
Medicina o sorveglianza?
Chi decide come usare questi dati, e con quali garanzie? Negli Stati Uniti la polizia ha già usato campioni di DNA neonatali per indagini criminali sui familiari. In Cina il governo ha raccolto profili genetici di minoranze etniche per scopi di controllo sociale.
Gli Emirati giurano che il loro programma serve solo alla salute pubblica. Magari è vero. Ma costruire un database genetico nazionale senza trasparenza normativa, senza controlli indipendenti e con leggi che definiscono il DNA “interesse strategico” non è esattamente rassicurante.
Il futuro della medicina, è certo, sarà personalizzato: quello della privacy, invece, potrebbe non esserlo affatto.