Margaret ha 72 anni e vive negli USA, in un quartiere di Winston-Salem dove l’aria sa di scarichi e le sirene sono colonna sonora quotidiana. A tre isolati di distanza, Robert ha la stessa età ma abita in una zona tranquilla con parchi e negozi bio. Stesso DNA, stessa città, destini cerebrali opposti. Lo studio della Wake Forest University su 679 persone dimostra che il codice postale può predire il rischio di demenza senile meglio di molti esami del sangue.
Corteccia cerebrale più sottile, flusso sanguigno ridotto, materia bianca danneggiata: l’ambiente lascia impronte biologiche misurabili nel cervello.
Come lo studio ha collegato quartiere e cervello
I ricercatori della Wake Forest University School of Medicine hanno esaminato 679 adulti iscritti all’Healthy Brain Study del centro di ricerca sull’Alzheimer. Ogni partecipante ha ricevuto scansioni cerebrali e analisi del sangue per rilevare segni precoci di demenza senile. Poi hanno incrociato questi dati con tre strumenti nazionali che valutano le condizioni dei quartieri tramite codice postale: l’Area Deprivation Index, il Social Vulnerability Index e l’Environmental Justice Index.
Questi indici misurano povertà, qualità abitativa, accesso alle cure sanitarie, esposizione all’inquinamento. Chi viveva in aree con punteggi più alti (quindi peggiori condizioni ambientali e sociali) mostrava cambiamenti cerebrali collegati al rischio di demenza senile.
L’effetto era più pronunciato tra i partecipanti neri, le cui comunità affrontano livelli più elevati di stress ambientale e socioeconomico.
Demenza senile, i segni biologici della disuguaglianza
I marcatori cerebrali rilevati non sono astrazioni statistiche. Sono modifiche anatomiche e funzionali precise. Corteccia cerebrale più sottile: lo strato esterno del cervello, quello che gestisce memoria e ragionamento, risulta assottigliato in chi vive in zone degradate. Alterazioni della materia bianca: i fasci di fibre nervose che collegano diverse aree cerebrali mostrano danni legati a malattie vascolari. Flusso sanguigno ridotto e irregolare: alcune zone del cervello ricevono meno ossigeno e nutrienti, accelerando il declino cognitivo.
Timothy Hughes, professore associato di gerontologia alla Wake Forest, sottolinea che lo studio conferma altre ricerche: lo stato dell’ambiente sociale in cui le persone vivono può plasmare la salute cerebrale in modi profondi.
Perché l’ambiente danneggia il cervello
I meccanismi sono molteplici e si sovrappongono. L’inquinamento atmosferico genera particelle fini che attraversano il naso e raggiungono direttamente il cervello, innescando infiammazione cronica.
Lo stress cronico da insicurezza economica, violenza di quartiere o mancanza di servizi eleva il cortisolo, ormone che danneggia l’ippocampo, area cruciale per la memoria. L’isolamento sociale e la scarsità di spazi verdi riducono la stimolazione cognitiva. La difficoltà di accesso a cibo sano e cure mediche peggiora condizioni come ipertensione e diabete, fattori di rischio noti per la demenza senile.
Sudarshan Krishnamurthy, autore principale dello studio e candidato al dottorato MD-PhD, spiega che questa è una delle prime ricerche a collegare una varietà di fattori sociali basati sul luogo con marcatori biologici avanzati di demenza senile. Le condizioni e l’ambiente in cui le persone vivono (accesso ad aria pulita, alloggi sicuri, cibo nutriente, opportunità economiche) lasciano un’impronta duratura sulla salute cerebrale.
Demenza senile, oltre le scelte individuali
I risultati sollevano una questione politica scomoda. La Commissione Lancet ha identificato 12 fattori di rischio modificabili che potrebbero prevenire o ritardare fino al 40% dei casi di demenza senile: ipertensione, obesità, diabete, fumo, depressione, perdita dell’udito, inattività fisica, isolamento sociale, scarsa scolarità, consumo eccessivo di alcol, traumi cranici e inquinamento atmosferico. Ma molti di questi fattori non dipendono dalle scelte individuali. Dipendono dal quartiere.
Krishnamurthy lo dice senza giri di parole: se vogliamo davvero migliorare la salute cerebrale in tutte le comunità, dobbiamo guardare oltre le scelte individuali e concentrarci sui sistemi e le strutture più ampie che plasmano la salute a livello di quartiere. Non basta dire alla gente di fare esercizio o mangiare sano se l’aria è tossica, i parchi inesistenti e i negozi di alimentari a chilometri di distanza.
Lo studio, finanziato dal National Institutes of Health e dall’American Heart Association, aggiunge un tassello a un quadro che sta emergendo con sempre maggiore chiarezza: i fattori sociali e ambientali non sono influenze di sfondo, ma elementi centrali per comprendere e affrontare l’Alzheimer e le demenze correlate.
Il cervello reagisce all’ambiente. E l’ambiente, troppo spesso, è disuguaglianza sistemica con un codice postale.