Estate 1997. In un convegno sulla nanotecnologia a Palo Alto, un fisico di nome Mark Gubrud presenta un paper che parla di armi autonome e intelligenza artificiale avanzata. Usa una definizione, AGI, che nessuno ha mai sentito prima: “artificial general intelligence”. Nessuno ci fa caso. Il termine finisce sepolto negli atti di una conferenza di nicchia, di quelle a metà strada tra gli uomini di scienza e i nerd fissati.
Ventotto anni dopo, quello stesso acronimo domina le prime pagine, alimenta accordi da decine di miliardi di dollari tra OpenAI e Microsoft, giustifica investimenti colossali di Meta e Google. La definizione AGI è diventata il Santo Graal della tecnologia. Ma chi l’ha inventata davvero? La risposta è più strana di quanto immaginate. E coinvolge un uomo che oggi vive in una baita del Colorado, con un dottorato “inutile” e zero soldi.
Una conferenza dimenticata e una definizione, AGI, che fu profetica
Nel 1997, Mark Gubrud era ossessionato dalla nanotecnologia e dai suoi pericoli. Seduto (letteralmente) nel sotterraneo dell’Università del Maryland leggeva tutto quello che poteva sui rischi delle tecnologie emergenti. In particolare, lo preoccupavano le armi autonome. Così scrisse un paper per la Fifth Foresight Conference on Molecular Nanotechnology. Il titolo era : “Nanotechnology and International Security”. Dentro, una frase che avrebbe cambiato il mondo.
La definizione AGI che Gubrud propose nel 1997 era già completa:
“sistemi di intelligenza artificiale che eguagliano o superano il cervello umano in complessità e velocità, capaci di acquisire, manipolare e ragionare con conoscenza generale, utilizzabili in qualsiasi fase di operazioni industriali o militari dove servirebbe un’intelligenza umana”.
Ventotto anni dopo, quella definizione è ancora valida. È la base di tutto.
Il paper circolò poco. L’impatto fu minimo. Gubrud continuò a occuparsi di controllo degli armamenti, senza mai tornare davvero su quel termine. L’AGI era appena nata, anzi: era appena stata battezzata, ma nessuno lo sapeva.
2002: Shane Legg, Ben Goertzel e la “reinvenzione”
Cinque anni dopo, Shane Legg stava lavorando a un libro con Ben Goertzel e altri ricercatori. Volevano dare un nome all’intelligenza artificiale che non fosse specifica, ma generale. Tipo quella umana. Avevano provato con “real AI” o “synthetic intelligence”. Niente funzionava. Poi Legg ebbe un’idea: AGI, “artificial general intelligence”. Suonava bene. Lo adottarono. Il libro uscì nel 2007, ma già dal 2002 il termine iniziò a circolare nei forum e nelle conferenze, come se fosse apparso solo in quel momento.
Fu allora che Gubrud si fece vivo. A metà degli anni 2000, scrisse a Goertzel e Legg per far notare che lui aveva usato quel termine già nel 1997. Loro controllarono. Era vero. Lo ricorda lo stesso Legg:
“Qualcuno spunta dal nulla e dice ‘ho inventato io la definizione AGI, nel ’97’, e noi diciamo ‘chi diavolo sei?’. Poi abbiamo verificato, ed effettivamente c’era il paper. Quindi non ho inventato il termine, l’ho reinventato”.
Perché Gubrud sparì e perché oggi non lo conosce nessuno
Gubrud ammette che la mancanza di follow-up lo ha tagliato fuori. “Accetto il merito per la prima citazione e do a loro il merito per tutto il lavoro che io non ho fatto”, spiega. Il suo focus era un altro: gli armamenti autonomi, la corsa agli armamenti, i rischi militari. La definizione AGI che propose era un mezzo, non un fine. Un modo per avvertire del pericolo. E poi, semplicemente, non ne fece più nulla.
Nel frattempo, Legg cofondava DeepMind (poi acquisita da Google) e diventava Chief AGI Scientist. Goertzel fondava SingularityNET e diventava un’icona del settore. Gubrud? Restò nell’ombra. Oggi ha 66 anni, si prende cura di sua madre, nessun lavoro fisso. “È un paradosso che non mi sfugge”, dice.
“Questo termine vale letteralmente trilioni di dollari. E io sono un 66enne con un dottorato inutile, senza nome, senza soldi, senza lavoro”.
La definizione di AGI oggi: accordi miliardari e la corsa al futuro
Nel 2025, l’AGI è ovunque. OpenAI ha appena annunciato che entro il 2028 avrà un ricercatore AI completamente autonomo. Microsoft ha firmato accordi con OpenAI che dipendono esattamente dal raggiungimento dell’AGI. Meta e Google investono centinaia di miliardi per arrivarci prima degli altri. Demis Hassabis di DeepMind, premio Nobel, dice che “siamo negli ultimi anni della civiltà pre-AGI”. I politici americani avvertono: se la Cina ci arriva prima, abbiamo perso.
La definizione di AGI che tutti usano oggi è sostanzialmente quella di Gubrud: sistemi capaci di eguagliare o superare l’intelligenza umana in qualsiasi compito cognitivo, con capacità di apprendimento generale, ragionamento e adattamento. Certo, ci sono varianti. Google DeepMind ha proposto cinque livelli di performance per classificare l’AGI. OpenAI parla di “sistemi autonomi che superano gli umani nella maggior parte dei lavori economicamente rilevanti”. Ma la sostanza resta quella del 1997.
Recap: quando arriva? Le previsioni convergono: secondo i maggiori esperti, l’AGI arriverà tra il 2027 e il 2030. Shane Legg, quello che reinventò il termine nel 2002, ha sempre detto di credere a una probabilità del 50% entro il 2028. Geoffrey Hinton, il “padrino dell’AI”, ha abbassato le sue stime da 30-50 anni a soli 5-10 anni. Ben Goertzel parla del 2027 come data plausibile.
Gli avvertimenti di Gubrud restano attuali
La cosa più interessante? Gli avvertimenti di Gubrud nel 1997 sono ancora validi. Lui, ricordate, usò la definizione di AGI in un paper sui rischi militari. Saltò tutto il futuro “visibile” e arrivò direttamente allo scenario peggiore (un po’ come Snowden, ma decenni prima).
Parlava di armi autonome, di sistemi che prendono decisioni di vita o di morte senza supervisione umana, di una corsa agli armamenti che nessuno riesce a fermare. “Il mio scopo era avvertire di quel pericolo”, spiega. Qualcuno lo prese per matto, ma oggi i dibattiti sull’AI che potrebbe fingere stupidità per dominare o sul rischio di estinzione per l’umanità riprendono esattamente le sue paure del 1997.
Gubrud ha scritto altri paper sul tema. Ha chiesto una messa al bando dei robot killer autonomi. Ha partecipato a convegni sulla sicurezza dell’AI. Ma la sua carriera è stata frammentaria, la sua voce marginale. Nel frattempo, l’acronimo che coniò è diventato il centro della rivoluzione tecnologica del XXI secolo.
Un nome per il futuro, una vita nell’ombra
La storia di Mark Gubrud è una di quelle che la Silicon Valley non racconta volentieri. A sentirli, ogni garage di Palo Alto e di Cupertino ha creato un miliardario, ma la regola è esattamente opposta. La regola è come Gubrud: un outsider che anticipa tutti, propone una definizione di AGI perfetta, avverte dei rischi, e poi sparisce. Nessuna startup miliardaria, nessuna copertina su Wired, nessun TED Talk. Solo un paper del 1997 che pochissimi hanno letto, ma che ha dato un nome al futuro.
Perché il futuro lo creano quelli senza nome, anche se alla storia ci passano quelli che sono più bravi a dargli una forma.