Il tetto del Sydney Nanoscience Hub è bianco. Non bianco come una parete dipinta da poco: è bianco proprio. Un bianco che sembra assorbire la luce invece di rifletterla. Sotto il sole australiano, che picchia forte anche d’inverno, la superficie resta fredda. Più fredda dell’aria intorno. Molto più fredda. Sei gradi sotto la temperatura ambiente, anche con il sole a picco. Non è magia, è fisica. E non è solo raffreddamento: ogni mattina, sui pannelli sperimentali, si formano gocce. Rugiada. Acqua condensata dall’aria. Circa 390 millilitri per metro quadro al giorno, nei giorni favorevoli. Una vernice riflettente che produce acqua. Diciotto mesi fa sarebbe sembrato uno scherzo.
Come funziona la vernice riflettente che cattura l’acqua
I ricercatori dell’Università di Sydney hanno sviluppato un rivestimento nano-ingegnerizzato che fa due cose contemporaneamente. La prima: riflette il 97% della radiazione solare. La seconda: irradia attivamente il calore residuo verso lo spazio attraverso il raffreddamento radiativo passivo. Il risultato è una superficie che diventa più fredda dell’ambiente circostante. Abbastanza fredda da far condensare il vapore acqueo, proprio come succede su uno specchietto del bagno dopo la doccia.
La maggior parte delle vernici bianche commerciali usa il biossido di titanio come pigmento principale per riflettere i raggi UV. Arrivano al massimo all’80-90% di riflettenza. Quella della Purdue University, che abbiamo raccontato qualche anno fa, raggiungeva il 98,1% usando solfato di bario. Questa nuova formulazione australiana prende una strada diversa: usa la struttura invece dei pigmenti.
Il rivestimento è fatto di polyvinylidene fluoride-co-hexafluoropropene (PVDF-HFP), un polimero poroso. I microscopici pori d’aria intrappolati nel materiale disperdono la luce solare in tutte le direzioni senza abbagliare. Niente sostanze chimiche che assorbono UV e si degradano col tempo. Solo una struttura fisica che funziona.
Ming Chiu, responsabile tecnologico di Dewpoint Innovations e primo autore dello studio pubblicato su Advanced Functional Materials, spiega:
“Il nostro design ottiene un’alta riflettività attraverso la struttura porosa interna, garantendo durabilità senza i problemi ambientali dei rivestimenti a base di pigmenti. Eliminando i materiali che assorbono UV, superiamo il limite tradizionale della riflettività solare evitando l’abbagliamento attraverso la riflessione diffusa”.
Vernice riflettente, 6 mesi sotto il sole australiano
Il team ha installato pannelli sperimentali sul tetto del Sydney Nanoscience Hub. Sei mesi di test continui, con raccolta dati minuto per minuto. Le condizioni erano tutto tranne che clementi: il sole australiano è tra i più intensi al mondo. Ma il rivestimento ha tenuto. Zero segni di degrado. Zero perdita di prestazioni.
La rugiada si è formata per il 32% dell’anno. Nei giorni ottimali, la raccolta ha toccato i 390 millilitri per metro quadro. Un tetto residenziale medio da 12 metri quadri potrebbe produrre circa 4,7 litri d’acqua al giorno. Un tetto australiano standard, più grande, arriverebbe a 70 litri nelle giornate favorevoli.
Le gocce si formano sulla superficie e, grazie a un rivestimento superiore resistente ai raggi UV, scivolano verso un punto di raccolta. Basta un normale sistema di raccolta dell’acqua piovana per catturare anche la condensa. A Sydney, con una piovosità media di circa un metro all’anno, l’acqua piovana supera di sei volte quella da condensa. Ma in zone aride, l’equazione cambia parecchio.
Ma funziona anche nel deserto?
Chiara Neto, professoressa all’Università di Sydney e responsabile della ricerca, sfata un mito:
“Sebbene le condizioni umide siano ideali, la rugiada può formarsi anche in regioni aride e semi-aride dove l’umidità notturna aumenta. Non si tratta di sostituire le piogge, ma di integrarle: fornire acqua dove e quando altre fonti diventano limitate”.
È tipo un deumidificatore passivo. Di notte l’umidità relativa sale, anche nel deserto. La superficie fredda del tetto attrae il vapore e lo condensa. Non è acqua in quantità industriali, ma per l’orticoltura di piante ad alto valore, per sistemi di nebulizzazione per il raffreddamento o persino per la produzione di idrogeno (che richiede circa nove litri d’acqua per chilogrammo), potrebbe fare la differenza.
Vernice riflettente, dal laboratorio al rullo da imbianchino
Il prototipo testato a Sydney, come detto, usa PVDF-HFP, un materiale con qualche problema ambientale. Ma Dewpoint Innovations, la startup che ha ottenuto la licenza dalla università nel 2022, sta sviluppando una formulazione a base acqua con prestazioni simili. Applicabile con rulli o spray comuni. Prezzo comparabile a una vernice premium standard.
Perzaan Mehta, CEO di Dewpoint Innovations, dice:
“Siamo orgogliosi di collaborare con l’Università di Sydney per portare questa svolta nella raccolta passiva di acqua atmosferica attraverso rivestimenti simili a vernici. È una soluzione scalabile, a energia zero, che trasforma tetti e infrastrutture remote in fonti affidabili di acqua pulita”.
La commercializzazione è prevista prima del 2030, secondo Sebastian Pfautsch della Western Sydney University, che non ha partecipato alla ricerca ma segue da vicino questi sviluppi. Il mercato dei rivestimenti “cool roof” sta crescendo, e questa tecnologia aggiunge un vantaggio concreto: non solo meno caldo, ma anche acqua supplementare.
Tetti che non solo proteggono, ma producono
I tetti urbani assorbono calore e contribuiscono all’effetto “isola di calore urbana”, che può alzare le temperature cittadine di 1-13°C rispetto alle zone rurali. Un rivestimento come questo non solo raffredda l’edificio sotto, ma riduce l’impatto termico complessivo della città. In edifici ben isolati, l’effetto sui piani superiori potrebbe essere più contenuto. Ma nella maggior parte delle case australiane, dove l’isolamento è scarso, il beneficio sarebbe immediato.
E poi c’è l’acqua. Non tantissima, ma costante. Prevedibile. Raccoglibile anche quando non piove. In un mondo dove la scarsità idrica diventa un problema sempre più serio, ogni litro conta. La professoressa Neto conclude: “Immaginate tetti che non solo restano più freschi, ma producono anche acqua fresca. Questa è la promessa di questa tecnologia”.
Non è la soluzione definitiva alla crisi climatica o alla siccità. Ma è un passo avanti concreto. Un tetto che lavora per te invece di scaldarti la casa. Un tipo di multitasking che, forse, vale la pena considerare.