Cosa ci fa una macchina per la nebbia, luci stroboscopiche e pipistrelli finti in un laboratorio di robotica? No, non ci fa una festa di Halloween. È il banco di prova per la prossima generazione di droni di soccorso. Mentre i modelli attuali dipendono da telecamere e sensori laser, i ricercatori del Worcester Polytechnic Institute stanno sviluppando mini droni che “vedono” con gli ultrasuoni. Come i pipistrelli.
Funzionano nel buio totale, nel fumo denso, nella nebbia. Costano poco, pesano meno di un etto e potrebbero salvare vite dove i sistemi tradizionali falliscono. Il professor Nitin Sanket ha appena ottenuto 705mila dollari dalla NSF per perfezionarli. Volete saperne di più? Sono qui apposta.
Quando la vista diventa un limite
Per oltre un decennio, la robotica aerea si è concentrata su sistemi basati sulla visione. Telecamere, sensori ottici, lidar: tutto funziona benissimo finché c’è luce e aria pulita. Ma quando arriva un terremoto di notte, quando un incendio riempie l’aria di fumo, quando una valanga solleva polvere di neve, questi sistemi diventano inutili. Le telecamere registrano solo nero. I laser si perdono nelle particelle sospese. I soccorsi si fermano.
Sanket lo sa bene:
“Quando c’è un terremoto o uno tsunami, la prima cosa che salta sono le linee elettriche. Spesso è notte. Non puoi aspettare il mattino per cercare i sopravvissuti”.
Così ha guardato alla natura (sia sempre benedetta la biomimetica). C’è qualche creatura al mondo capace di muoversi perfettamente al buio? La risposta vola nelle grotte da milioni di anni: i pipistrelli.
Il mini drone che sente invece di vedere
Il PeAR Bat (dal nome del gruppo di ricerca Perception and Autonomous Robotics) pesa meno di 100 grammi e misura meno di 10 centimetri. Non ha telecamere. Non ha LIDAR. Ha sensori ultrasonici: quelli economici che trovi nei rubinetti automatici dei bagni pubblici. Emette impulsi sonori ad alta frequenza e “ascolta” gli echi che rimbalzano sugli ostacoli. Il suono, a differenza della luce, penetra fumo, nebbia e polvere.
Durante i test nel laboratorio trasformato in camera di nebbia artificiale, lo studente Colin Balfour ha fatto volare un mini drone prima con le luci accese, poi al buio quasi totale. Il risultato? Identico. Il drone ha identificato un muro di plexiglass e ha invertito la rotta in autonomia, senza alcun aiuto visivo.
La tecnologia acustica gestisce navigazione ed evitamento ostacoli con un’efficienza energetica molto superiore ai sistemi ottici.
Le telecamere non spariscono: continuano a essere utili per localizzare sopravvissuti una volta raggiunta la zona. Ma la navigazione primaria avviene solo attraverso il suono.
Mini droni, il “tallone” (risolto) del rumore
Lo sviluppo non è filato liscio. Il rumore delle eliche interferiva con gli ultrasuoni, rendendo il sistema praticamente sordo. La soluzione è arrivata dai metamateriali: strutture con geometrie progettate per modulare le onde sonore. Un po’ come la schiuma fonoassorbente nei studi di registrazione, ma applicata ai droni. Il team ha stampato in 3D gusci protettivi che riducono drasticamente l’interferenza.
Poi c’è il software. L’intelligenza artificiale è stata addestrata a filtrare e interpretare i segnali ultrasonici usando deep learning informato dalla fisica. Un sistema di apprendimento gerarchico per rinforzo permette ai droni di muoversi verso obiettivi definiti evitando dinamicamente gli ostacoli. Tutto il calcolo avviene a bordo, senza bisogno di infrastrutture esterne.
Oltre i pipistrelli, ma non troppo
Sanket è il primo ad ammettere i limiti: “I pipistrelli sono straordinari. Noi non ci siamo neanche vicini”. I pipistrelli contraggono e comprimono i muscoli per ascoltare solo certi echi, e possono rilevare oggetti sottili come un capello umano a diversi metri di distanza.
Il PeAR Bat, per ora, riesce a evitare ostacoli volando a circa 2 metri al secondo. Lento per una missione di soccorso reale, ma è solo l’inizio.
Il progetto punta a sviluppare sciami di droni che operano in ambienti dove i sistemi convenzionali sono inefficaci. Integrando l’ecolocazione con unità di misura inerziale e altri sensori attraverso la sensor fusion, questi dispositivi potrebbero migliorare drasticamente consapevolezza situazionale e affidabilità di navigazione. Versioni future potrebbero usare gli ultrasuoni anche per rilevare il battito cardiaco dei sopravvissuti, trasformando i droni in strumenti di localizzazione ancora più precisi.
Mini droni, il costo di una vita
Una missione di soccorso in elicottero costa fino a 100.000 euro. Il LIDAR è efficace ma energivoro, e comunque inutile nel fumo. I droni commerciali con telecamere 4K costano migliaia di euro e diventano ferramenta da giardino appena cala il sole o si alza la nebbia.
PeAR Bat è costruito con componenti hobby di livello commerciale. Costa poche centinaia di euro. Il team di sviluppo prevede di passare dai test di laboratorio al dispiegamento sul campo entro tre-cinque anni.
Le applicazioni vanno oltre il soccorso: monitoraggio in zone disastrate, ispezione di ambienti pericolosi, protezione ambientale. Sanket suggerisce che i principi della navigazione sonora potrebbero giovare a settori diversi come auto a guida autonoma, preservazione delle barriere coralline, esplorazione vulcanica.
Il ricercatore sta già lavorando per aumentare la velocità oltre i 2 metri al secondo. A velocità autostradali in una foresta, i suoni si comprimono: un fenomeno che va considerato nei modelli. Non è un dettaglio tecnico. È la differenza tra arrivare in tempo o no.
Il volo è già iniziato
Gli Stati Uniti non sono soli. La Norvegia produce il Black Hornet 4, un drone delle dimensioni di un palmo usato dalle forze armate occidentali. Ha vinto il premio Blue UAS Refresh del Dipartimento della Difesa USA nel 2025 per durata della batteria e resistenza alle intemperie. Harvard lavora sul RoboBee, un micro drone capace di volare, atterrare e persino transitare dall’acqua all’aria. L’Aeronautica Militare statunitense ha confermato lo sviluppo di droni miniaturizzati, anche se senza fornire aggiornamenti pubblici sui progressi.
Questi mini droni potrebbero rivoluzionare anche settori civili. Agricoltura di precisione, ispezione di infrastrutture, monitoraggio della fauna selvatica: ovunque serva operare in condizioni difficili senza rischiare vite umane.
Sanket chiude con una considerazione che suona quasi ovvia, eppure decisiva: “Non possiamo aspettare che il fumo si diradi nelle condizioni di emergenza”. È una frase semplice. Ma racchiude il motivo per cui 705mila dollari della National Science Foundation finiranno nei prossimi tre anni in sensori ultrasonici, metamateriali stampati in 3D e reti neurali addestrate a “sentire” il mondo.
Milioni di anni di evoluzione hanno insegnato ai pipistrelli a volare al buio. Ora tocca ai robot imparare la stessa lezione. E quando lo faranno, forse riusciranno a salvare qualche vita in più.