La valigia sta lì, appoggiata sulla cenere nera a 300 metri dal cratere. Dentro, telecamere ad alta velocità catturano ogni frammento incandescente che Stromboli lancia nel cielo. Fuori, i vulcanologi dell’INGV sono già scesi a valle. Salgono una volta al giorno, giusto il tempo di cambiare batterie e schede di memoria. Il resto lo fa SKATE da solo: registra, sincronizza, aspetta. Quando un’esplosione solleva rocce grandi come camion a velocità supersonica, il sistema è già pronto. Centinaia di fotogrammi al secondo, temperatura precisa, suono dell’eruzione. Tutto in un solo file, perfettamente allineato. Cinque anni così, oltre mille esplosioni analizzate sui vulcani attivi. Nessun ricercatore bloccato per ore in zona rossa. Una valigia che vale 58mila euro e riduce i rischi.
Quando restare vicini ai vulcani attivi costa troppo
Filmare un’eruzione esplosiva da vicino è sempre stato complicato. Bisogna piazzare le telecamere, attendere ore che qualcosa accada, sperare che tutto si attivi al momento giusto. I ricercatori devono restare sul posto, esposti a gas tossici, proiettili lavici, temperature estreme.
L’Instituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha presentato a luglio 2024 i risultati di un approccio diverso: SKATE, acronimo di Setup for the Kinematic Acquisition of Explosive Eruptions. Un osservatorio portatile che fa tutto da solo.
Il sistema è stato sviluppato da Technology Equipment Engineering Solutions (TEES) e Dewesoft, seguendo le specifiche dell’INGV. Costa circa 58mila dollari e sta in una valigia rigida in polipropilene. Una valigia che contiene: una telecamera termica che registra a 32 fotogrammi al secondo, una ad alta velocità che scatta raffiche quando rileva picchi di temperatura, sensori acustici, un computer impermeabile. Il tutto sincronizzato in tempo reale. Quando un’esplosione parte, SKATE è già pronto. Niente attesa manuale, niente rischio di perdere il momento cruciale.
Stromboli, laboratorio naturale per vulcani attivi
Stromboli è uno dei pochi vulcani sulla Terra in attività persistente. Erutta ogni ora da secoli, con piccole esplosioni che lanciano frammenti di lava incandescente, lapilli e ceneri. Circa 500 residenti e migliaia di turisti convivono con questo spettacolo naturale. Per i vulcanologi è un laboratorio ideale: accessibile, costante, relativamente prevedibile. L’INGV lo monitora con reti sismiche, telecamere fisse, stazioni GPS. Ma per capire davvero come funziona un’esplosione servono dati ravvicinati. Velocità dei frammenti, temperatura del magma, suono dell’eruzione. SKATE è stato piazzato tra i 300 e i 900 metri dai crateri attivi e ha lavorato dal 2019 al 2024.
Secondo Jacopo Taddeucci, ricercatore senior dell’INGV,
“le eruzioni esplosive sono processi estremamente veloci con particelle delle dimensioni di un camion o di un granello di polvere che possono viaggiare da pochi metri al secondo a velocità supersoniche”.
Per catturarle servono telecamere che “scattano” centinaia di fotogrammi al secondo e strumenti capaci di vedere, sentire e percepire l’eruzione simultaneamente.
Come funziona l’osservatorio portatile
SKATE sostituisce FAMoUS (Fast Multiparametric Setup), il prototipo precedente dell’INGV. FAMoUS funzionava, ma era pesante, ingombrante, richiedeva installazione manuale e doveva essere attivato a mano. I ricercatori dovevano restare ore in zona pericolosa per catturare poche sequenze.
SKATE è più leggero, si piazza in pochi minuti, parte da solo quando serve. Il computer interno coordina telecamera termica e camera ad alta velocità. Registrare video 4K in continuo riempirebbe la memoria in poche ore: 100 volte più spazio di quello disponibile. La soluzione? Attivazione automatica. La telecamera termica gira sempre. Quando rileva un picco improvviso di temperatura, fa partire la camera ad alta velocità. Tutto viene scritto su due SSD da 6 terabyte totali, in un unico file sincronizzato.
L’alimentazione arriva da pannelli solari e batterie sostituibili. Autonomia: una giornata intera con bel tempo. I vulcanologi salgono una volta al giorno, cambiano batterie e schede di memoria, scendono. Minuti invece di ore. Il design modulare permette di aggiungere sensori: l’INGV sta testando una telecamera UV per quantificare le emissioni di anidride solforosa e un telemetro laser che misura distanze dieci volte al secondo.
Quest’ultimo serve per ricostruire con precisione le traiettorie delle bombe vulcaniche e capire dove atterrano.
Mille esplosioni, mille personalità diverse
Dal 2019 al 2024 il team INGV ha analizzato oltre mille esplosioni registrate da SKATE. Ogni cratere ha sviluppato una sua personalità. I getti ricchi di gas suonano più morbidi e durano più a lungo. Le esplosioni cariche di cenere e bombe vulcaniche ruggiscono brevemente e scagliano frammenti incandescenti più in alto. Studi recenti dimostrano che le eruzioni dei vulcani attivi hanno effetti profondi sul clima globale, dalle modifiche ai flussi d’acqua ai cambiamenti nelle precipitazioni. Capire come funzionano le esplosioni non è solo questione di curiosità scientifica: serve per proteggere le persone.
SKATE non è un sistema di allerta 24/7. È troppo complesso e affamato di dati per trasmettere in tempo reale da un bordo craterico. Serve invece alle reti di monitoraggio fisse, posizionate più lontano dai crateri: telecamere termiche, array di infrasuoni, stazioni sismiche.
I dati raccolti da SKATE aiutano a interpretare meglio i segnali registrati da queste reti. Capire come le bolle di gas risalgono nel magma, come si formano i condotti vulcanici, quali processi sotterranei non possono essere visti da strumenti ordinari. L’INGV sta usando i pattern ricorrenti per creare librerie di riferimento che potrebbero addestrare sistemi automatici a riconoscere segnali di allarme precoce nei dati in diretta.
Oltre Stromboli
SKATE è stato testato anche sull’Etna, sul Fuego e sul Santiaguito in Guatemala. Il prossimo obiettivo è il Monte Yasur a Vanuatu, soprannominato “Faro del Pacifico” per le sue eruzioni quasi continue con getti ritmici di lava incandescente e gas. Nel mondo ci sono 500 milioni di persone che vivono vicino a vulcani attivi, molti dei quali senza alcun sistema di monitoraggio.
Come spiega Piergiorgio Scarlato, direttore della ricerca INGV,
“lavorare in condizioni così estreme, con umidità, gas e cambiamenti improvvisi di temperatura, è il vero test per qualsiasi tecnologia. La differenza ora è che i nostri interventi durano minuti, non ore”.
L’umidità corrode i cavi, il vapore appanna le lenti delle telecamere. Durante un recente dispiegamento, una capra ha mangiato il cavo del microfono. In un test su Stromboli, un nuovo sensore in bianco e nero ad alta velocità, ideale per tracciare le bombe incandescenti di notte, ha faticato più del previsto: le esplosioni durano solo pochi secondi e il sensore non faceva in tempo a mettere a fuoco. Questioni tecniche, certo. Ma gestibili.
La vera differenza è il tempo di esposizione: come detto, minuti invece di ore. Più sicurezza per i ricercatori, più dati di qualità per la scienza. E forse, un giorno, previsioni migliori per chi vive all’ombra dei vulcani attivi.