Ogni anno, migliaia di pale eoliche raggiungono il fine vita. Troppo vecchie, troppo grandi, impossibili da smaltire. La fibra di vetro che le compone non si scioglie, non si separa, non si ricicla facilmente. Finisce in discarica o tritata come riempitivo per cemento. La Germania prova un’alternativa ambiziosa: pale naturali. Come sarebbe a dire?
L’idea è quella di sostituire plastica e resine con lino, balsa e paulownia. Materiali naturali che hanno già dimostrato di funzionare in nautica e aviazione leggera. L’Università di Kiel e un cantiere navale tedesco lavoreranno su un prototipo per turbine di piccola taglia, con test previsti entro il 2027. L’obiettivo, ovviamente, è dimostrare che le pale eoliche naturali in fibre vegetali reggono alle stesse sollecitazioni della fibra di vetro e costano meno. Il resto lo farà la loro stessa natura: alla fine del loro ciclo di vita si biodegradano.
Il problema che nessuno vuole vedere
Le turbine eoliche producono energia pulita, ma lasciano in giro montagne di rifiuti. Secondo uno studio pubblicato su Waste Management, entro il 2050 si accumuleranno 43 milioni di tonnellate di pale dismesse a livello globale. Solo negli Stati Uniti si arriverà a 2,2 milioni di tonnellate. Non è un problema futuro: sta già succedendo. Le prime turbine installate negli anni 2000 stanno raggiungendo ora il termine del loro ciclo vitale, che dura tra i 20 e i 25 anni.
La causa del problema è nella composizione delle pale. Fibra di vetro o carbonio legata con resine epossidiche termoindurenti: un mix che garantisce resistenza estrema ma rende il riciclo praticamente impossibile. I legami chimici che si formano durante la produzione sono troppo forti per essere spezzati con processi semplici ed economici. Le pale vengono smontate, tagliate in pezzi più piccoli con seghe industriali a diamante, e poi stoccate in discarica dove occupano spazio per secoli.
Alcuni tentativi di riciclo creativo hanno prodotto risultati curiosi. In Spagna, Acciona ha trasformato vecchie pale in tavole da surf. In Svezia, Vattenfall sperimenta la conversione delle navicelle in mini-abitazioni. In Cina, le pale dismesse vengono riutilizzate come barriere anti-desertificazione. Ma sono soluzioni di nicchia, che al momento non riescono a scalare grandi numeri.
Lino, balsa, paulownia: la ricetta tedesca delle pale naturali
L’Università di Scienze Applicate di Kiel (HAW Kiel) e il cantiere navale Nuebold Yachtbau GmbH hanno ricevuto 175mila euro dall’agenzia per l’energia e la protezione climatica dello Schleswig-Holstein per sviluppare pale completamente naturali. Il progetto si concentra su turbine di piccola taglia, con superfici del rotore inferiori ai 200 metri quadrati, adatte a installazioni domestiche o agricole.
La scelta dei materiali non è casuale. Il lino offre un’elevata resistenza specifica e viene già utilizzato in compositi strutturali per l’industria nautica e automobilistica. Il legno di balsa è estremamente leggero e rigido, ideale per ridurre il peso complessivo della pala. La paulownia, un albero a crescita rapidissima originario dell’Asia, combina leggerezza e stabilità dimensionale. Tutti materiali che crescono, si lavorano con tecniche consolidate e alla fine del ciclo possono essere compostati o riciclati senza processi chimici complessi.

Test di laboratorio e simulazioni
Il progetto seguirà una metodologia rigorosa. Prima fase: test di laboratorio sulla capacità portante delle fibre naturali. I ricercatori misureranno resistenza a trazione, flessione e fatica per verificare che i materiali reggano le sollecitazioni meccaniche tipiche di una turbina in funzione. Seconda fase: simulazioni al computer per progettare la forma ottimale della pala e garantire l’integrità strutturale. Terza fase: costruzione di modelli in scala da testare nella galleria del vento dell’università di Kiel.
Se i risultati saranno positivi, si passerà alla produzione di prototipi a grandezza naturale da sottoporre a test di carico secondo gli standard di certificazione del settore.
“Vogliamo dimostrare che le pale sostenibili realizzate con fibre di lino e altre materie prime rinnovabili possono soddisfare tutti i requisiti tecnici”, ha dichiarato il professor Sten Böhme, responsabile del progetto. Jaron Nübold, amministratore delegato del cantiere navale, ha aggiunto:
“Finora il componente composito viene sostituito con fibra di lino senza tenere conto delle proprietà dinamiche specifiche del materiale naturale. Siamo convinti che la comprensione di queste proprietà possa consentire un’applicazione su larga scala”.
Pale naturali, cosa dicono gli studi scientifici
La ricerca sulle fibre naturali per applicazioni strutturali non è nuova. Uno studio pubblicato su Sustainability nel 2024 ha valutato la fattibilità di lino, canapa e basalto in pale per turbine offshore, dimostrando che possono ridurre l’impronta di carbonio del 6-8% rispetto ai materiali tradizionali. Un altro lavoro apparso su Composites Part A nel 2024 ha testato compositi in fibra di lino trattati con nanodiamanti, ottenendo prestazioni superiori alla fibra di vetro nei test di resistenza all’impatto e all’erosione.
Il settore non è fermo. La startup tedesca Voodin Blade Technology ha già installato pale in legno lamellare su una turbina a Breuna, in Germania. Secondo l’azienda, queste pale hanno un’impronta di carbonio inferiore del 78% rispetto a quelle tradizionali e sono completamente biodegradabili.
Resta da capire se le pale naturali reggeranno il confronto economico e prestazionale con quelle in fibra di vetro su turbine di grande taglia. I materiali sintetici hanno decenni di ottimizzazione alle spalle, supply chain consolidate e costi controllati. Le fibre naturali offrono vantaggi ambientali evidenti, ma devono dimostrare di poter competere anche sul piano industriale.
Il prototipo del 2027 sarà il primo vero banco di prova.