Una pillola ogni mattina, per due mesi. Poi l’infiammazione è sparita, le proteine tossiche si sono dissolte, la memoria ha tenuto, almeno nei test sui topi. NU-9, la piccola molecola inventata alla Northwestern University, non aspetta l’Alzheimer precoce. Lo previene. Agisce quando il cervello sta ancora bene, quando nessuno ricorda di dimenticare, quando le placche amiloidi sono appena comparse.
Lo studio, pubblicato questa settimana su Alzheimer’s & Dementia, identifica un sottotipo di proteina particolarmente aggressivo: ACU193+. Questa variante si forma dentro i neuroni stressati, poi migra verso gli astrociti vicini e scatena una cascata infiammatoria. La proteina NU-9 riesce ad intercettarla prima che faccia danni: è una profilassi, non una cura. Funziona se prendi il farmaco quando ancora non sai di essere malato.
Alzheimer precoce: il problema parte decenni prima
La neurodegenerazione non è un evento improvviso. Daniel Kranz, primo autore dello studio Northwestern, lo dice chiaramente:
“L’Alzheimer precoce inizia decenni prima che compaiano i sintomi, con oligomeri di beta-amiloide1 tossici che si accumulano nei neuroni e cellule gliali che diventano reattive molto prima della perdita di memoria”.
Per quando arrivano le prime dimenticanze, i test cognitivi che segnalano un problema, il danno è già avanzato. È per questo che molti trial clinici falliscono: intervengono troppo tardi.
L’idea alla base di NU-9 è diversa. Trattare l’Alzheimer precoce prima che diventi Alzheimer conclamato significa intercettare la malattia in una finestra temporale in cui il cervello è ancora funzionale, ma le proteine tossiche hanno già cominciato ad accumularsi. In pratica, servono un biomarker che segnali il rischio, e un farmaco da prendere subito dopo.
Nel modello murino pre-sintomatico utilizzato dai ricercatori, NU-9 ha ridotto significativamente la gliosi astrocitaria reattiva, una reazione infiammatoria che inizia molto prima dei sintomi dell’Alzheimer precoce.
Gli oligomeri di beta-amiloide legati agli astrociti sono crollati. E anche la forma anomala della proteina TDP-43, associata al declino cognitivo, è diminuita drasticamente.
ACU193+, la proteina che innesca tutto
Non tutti gli oligomeri di beta-amiloide sono uguali. Per decenni, i ricercatori hanno considerato questi aggregati proteici più tossici delle placche fibrose che si formano in seguito. Ma il team Northwestern ha scoperto qualcosa di nuovo: esiste un sottotipo particolarmente aggressivo, rilevabile tramite l’anticorpo ACU193. Appare presto, dentro i neuroni stressati. Poi migra verso gli astrociti, le cellule a forma di stella che dovrebbero proteggere i neuroni. E una volta lì, scatena l’inferno.
Gli astrociti, normalmente alleati del cervello, diventano ostili quando attivati. Rilasciano molecole infiammatorie, danneggiano le sinapsi, accelerano la neurodegenerazione. Fermare questo processo è uno dei modi più potenti per rallentare la progressione dell’Alzheimer precoce. E NU-9 fa esattamente questo: riduce gli oligomeri ACU193+ e previene l’attivazione degli astrociti. In pratica, disinnesca la miccia prima che l’esplosione avvenga.
Dal laboratorio alla clinica: cosa manca
Richard Silverman, l’inventore di NU-9 (e in precedenza di Lyrica, un farmaco per fibromialgia e dolore neuropatico), ha lavorato 15 anni a questa molecola. Nel 2021, NU-9 ha dimostrato efficacia contro la SLA, ripulendo proteine tossiche SOD1 e TDP-43. Nel 2024, la FDA americana ha autorizzato i trial clinici per la SLA. Poi, all’inizio di quest’anno, il team ha dimostrato che NU-9 funziona anche contro l’Alzheimer precoce in colture cellulari dell’ippocampo. Ora arriva questo studio sui topi pre-sintomatici.
Il prossimo step? Verificare se funziona negli esseri umani. E soprattutto, capire se esiste un modo affidabile per identificare le persone a rischio prima che sviluppino sintomi. “Se qualcuno ha un biomarker che segnala l’Alzheimer precoce, potrebbe iniziare a prendere NU-9 prima che compaiano i sintomi”, spiega Silverman.
È lo stesso approccio adottato per il colesterolo: non aspetti l’infarto, abbassi il colesterolo quando ancora stai bene.
Scheda dello Studio
- Ente di ricerca: Northwestern University
- Ricercatori principali: Daniel Kranz, William Klein, Richard Silverman
- Anno: 2025
- Rivista: Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association
- Link: Northwestern News Release
- TRL: 4 – Trial preclinici su modelli animali completati con successo
Il meccanismo: salvare le cellule prima che muoiano
Come funziona NU-9 a livello cellulare? Le cellule hanno un sistema di smaltimento delle proteine danneggiate. Nelle malattie neurodegenerative come SLA e Alzheimer precoce, questo sistema si inceppa. Le proteine tossiche si accumulano, formano aggregati, danneggiano le strutture cellulari. NU-9 ripristina il percorso di smaltimento. Non elimina i sintomi, salva la cellula dall’interno. È per questo che funziona sia sulla SLA che sull’Alzheimer precoce: entrambe le malattie condividono lo stesso problema di fondo.
Nel test sui topi, i risultati sono stati netti. Somministrato oralmente per 60 giorni, NU-9 ha ridotto l’infiammazione cerebrale in più regioni del cervello, suggerendo un effetto antinfiammatorio esteso. Gli oligomeri tossici legati agli astrociti sono crollati. La forma anomala di TDP-43 è diminuita. “Questi risultati sono sbalorditivi”, ha detto William Klein, esperto di Alzheimer alla Northwestern.
“NU-9 ha avuto un effetto eccezionale sulla gliosi astrocitaria reattiva, che è l’essenza della neuroinfiammazione nelle fasi iniziali dell’Alzheimer precoce.”
Alzheimer precoce: prevenzione, non cura. Il cambio di paradigma
Kranz e Silverman paragonano NU-9 agli interventi precoci per cancro e malattie cardiache. Non aspetti che il tumore sia avanzato o che l’infarto arrivi. Controlli i marker, identifichi i rischi, intervieni prima. Lo stesso potrebbe valere per l’Alzheimer precoce. Ci sono già test diagnostici del sangue in sviluppo che rilevano marker proteici anni prima dei sintomi. Combinare questi test con un farmaco preventivo come NU-9 potrebbe fermare la malattia sul nascere.
Ovviamente mancano ancora i trial umani. Il team Northwestern sta testando NU-9 su altri modelli animali, inclusi topi che rappresentano meglio l’invecchiamento umano tipico. Vogliono capire se il trattamento precoce con NU-9 previene davvero lo sviluppo dei sintomi nel lungo termine. E vogliono verificare gli effetti sulla memoria e sulla salute neuronale in finestre temporali più ampie.
Ma l’idea di fondo resta chiara: non aspettare che l’Alzheimer precoce diventi Alzheimer avanzato. Prenderlo prima, quando il cervello è ancora intatto. Quando una pillola al giorno può fare la differenza tra ricordare e dimenticare.
Approfondisci
Ti interessa la ricerca sulle malattie neurodegenerative? Leggi anche come un anticorpo giapponese blocca le fibrille amiloidi. Oppure scopri il biomarker che rileva l’Alzheimer decenni prima dei sintomi.
Sedici anni fa, Silverman cercava una molecola capace di impedire l’accumulo di proteine tossiche. Adesso ce l’ha. È stata testata sui topi, ha funzionato sulla SLA, ha ottenuto il via libera FDA per i trial clinici. Ora tocca all’Alzheimer precoce. Se funziona come previsto, NU-9 potrebbe diventare il primo farmaco preventivo contro una malattia che ancora oggi non ha cura.
La differenza è tutta lì: non si aspetta più di essere malati. Si prende la pillola prima.
- Gli oligomeri di beta-amiloide tossici sono piccoli aggregati solubili della proteina beta-amiloide, formati da pochi monomeri che si uniscono nel cervello. A differenza delle placche più grandi, questi oligomeri sono le forme più dannose precoci, perché attaccano le sinapsi tra i neuroni, disturbano la comunicazione cellulare e causano neurodegenerazione nell’Alzheimer. ↩︎