C’è chi russa talmente forte da svegliare il vicinato, chi smette di respirare per trenta secondi, quaranta, senza saperlo, e chi si risveglia con la sensazione di aver corso una maratona nel sonno. L’apnea notturna è subdola: distrugge la qualità del riposo senza che chi ne soffre se ne accorga davvero. Il partner sì, quello sente tutto.
Ma ora un nuovo studio pubblicato su npj Aging ci dice qualcosa di più inquietante del rumore: ogni notte passata senza ossigeno sufficiente è una notte in cui il cuore invecchia prima del tempo.
Quando il sonno diventa un acceleratore biologico
I ricercatori dell’Università del Missouri e della Marshall University hanno fatto qualcosa che negli esseri umani sarebbe impossibile: hanno osservato l’intera vita di un gruppo di topi esposti all’apnea ostruttiva del sonno. Ventidue mesi di ipossia intermittente, l’equivalente di decenni per un topo. Il modello simulava perfettamente quello che accade a chi soffre di questa patologia: cali ripetuti di ossigeno durante il sonno, proprio come quando le vie respiratorie collassano e il corpo va letteralmente in debito d’aria.
I topi esposti all’apnea notturna hanno mostrato un invecchiamento cardiovascolare marcato: pressione arteriosa in aumento, funzione cardiaca compromessa, vasi sanguigni rigidi come cavi d’acciaio. Il flusso coronarico è diminuito, il sistema elettrico del cuore ha iniziato a dare segni di malfunzionamento. E soprattutto, sono morti prima. Non di poco: la mortalità è stata significativamente più alta rispetto ai topi che respiravano normalmente.
Mohammad Badran, autore principale dello studio e professore all’Università del Missouri, spiega:
“Le conseguenze dell’apnea notturna vanno ben oltre la scarsa qualità del sonno. L’ipossia intermittente crea un carico cumulativo sul sistema cardiovascolare che accelera l’invecchiamento biologico e aumenta il rischio di mortalità. Per questo è cruciale diagnosticare e trattare i disturbi respiratori del sonno il prima possibile”.
Apnea notturna, il “nonsense” dell’ossigeno che manca solo di notte
Quello che rende l’apnea notturna particolarmente insidiosa è il suo pattern intermittente. Durante il giorno, chi ne soffre respira normalmente. Di notte, invece, il corpo si trova ripetutamente privato di ossigeno per brevi periodi. Questo stress cronico (chiamato tecnicamente ipossia intermittente) innesca una cascata di reazioni biologiche che danneggiano progressivamente cuore e vasi.
A differenza degli studi clinici sugli esseri umani, dove è difficile isolare l’effetto dell’apnea notturna da altri fattori confondenti come obesità, fumo o diabete, questo modello animale ha permesso ai ricercatori di osservare gli effetti “puri” del disturbo respiratorio. Come vi raccontavo in questo articolo sulle nuove terapie farmacologiche, l’apnea notturna colpisce quasi un miliardo di persone nel mondo. In Italia, si stima che circa il 3% della popolazione ne sia affetto, ma la maggior parte non lo sa.
Più di una questione di sonno: il cuore che non riposa mai
David Gozal, vicepresidente per gli affari sanitari della Marshall University e coautore dello studio, sottolinea un punto fondamentale:
“Gli studi clinici hanno da tempo mostrato associazioni tra apnea notturna e malattie cardiovascolari, ma il nostro modello sperimentale ci permette di osservare questi effetti attraverso l’intero arco della vita in assenza di altri fattori confondenti. Il messaggio è inequivocabile: l’apnea notturna non trattata non è benigna. È una condizione progressiva con conseguenze potenzialmente fatali”.
Il problema non è solo il russare (quello è solo un sintomo). Il vero danno avviene quando le vie aeree si chiudono completamente durante il sonno, causando episodi ripetuti di asfissia parziale. Il corpo reagisce svegliandosi brevemente per riprendere a respirare, ma questi micro-risvegli frammentano il sonno REM e impediscono al sistema cardiovascolare di riposare davvero. È come se il cuore lavorasse con i doppi turni, e sempre a mille, per tutta la vita.
Lo studio ha documentato: pressione arteriosa elevata, funzione sistolica e diastolica compromessa, rigidità vascolare, riduzione della riserva coronarica e anomalie nell’elettrocardiogramma. Tutti indicatori di un cuore che sta invecchiando troppo in fretta.
CPAP e oltre: diagnosticare l’apnea notturna prima che sia troppo tardi
La buona notizia è che l’apnea notturna può essere diagnosticata e trattata. Il metodo più comune è la CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), una maschera che mantiene le vie aeree aperte durante il sonno fornendo un flusso costante di aria a pressione. Non è comodo, molti pazienti faticano ad adattarsi, ma funziona. Come raccontavo qui, stanno arrivando anche tecnologie più discrete per il monitoraggio domestico del sonno.
I ricercatori sottolineano che lo screening precoce e l’intervento tempestivo potrebbero giocare un ruolo chiave nel migliorare gli esiti cardiovascolari a lungo termine, specialmente nelle comunità rurali e nelle aree con accesso limitato alle cure specialistiche. Il problema è che molte persone non sanno nemmeno di soffrirne. I sintomi classici includono russamento forte, risvegli con sensazione di soffocamento, stanchezza diurna persistente e difficoltà di concentrazione.
Scheda dello Studio
- Ente di ricerca: University of Missouri School of Medicine / Marshall University Joan C. Edwards School of Medicine
- Anno: 2025
- DOI: 10.1038/s41514-025-00283-4
- Pubblicazione: npj Aging
- TRL: 3 – Modello preclinico validato su animali, pronto per studi clinici umani
Quando e come ci cambierà la vita
Questa ricerca rafforza l’urgenza di screening sistematici per l’apnea notturna, specialmente in fasce a rischio (sovrappeso, ipertesi, over 50). Entro 3-5 anni, potrebbero diventare routine test diagnostici domiciliari più accessibili e trattamenti farmacologici alternativi alla CPAP. L’impatto? Potenzialmente milioni di morti premature evitate nei prossimi decenni.
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Non lo sappiamo con precisione: ma ogni notte conta, perché il cuore non dimentica.