Ci siamo, sembra arrivato il momento di adottare (per chi vorrà) la famosa app di tracciamento che ha catalizzato l’attenzione dei media negli scorsi mesi. Servirà? Facciamo qualche riflessione. Con la curva italiana che si sta ormai finalmente appiattendo, l’accelerazione di studi anti-virali e sui vaccini contro SARS-CoV-2 e il lancio di test anticorpali per lo screening di chi può aver già avuto l’infezione, sembra che la scienza si stia rapidamente posizionando per dare scacco matto al Covid-19. Come ricorderemo la pandemia tra qualche anno?
È materia per gli indovini, e tutte le previsioni potrebbero essere più o meno lontane dalla verità. Però i virologi e gli esperti di salute pubblica generalmente concordano su un fatto: l’immunità è la chiave. Che sia ottenuta attraverso vaccinazioni sicure ed efficaci, o attraverso il raggiungimento della tanto cara “immunità di gregge”. Beh, forse non tanto cara. Anzi. Specie a Boris Johnson. E qui veniamo al discorso da sorvolare: l’app Immuni, che sta per fare il suo ingresso nella vita di tanti italiani.
Non si può parlare di Immuni senza parlare prima di immunità
Come la maggior parte dei processi in biologia, l’immunità alla SARS-CoV-2 è complessa e misteriosa, con risultati che potrebbero rapidamente divergere in molti possibili futuri. È anche il motivo per cui le stime di quanto tempo impiegherà il Covid-19 a sparire (se lo farà) variano enormemente. Qualcuno dice che sia già sparito (Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano, con tutto il suo carico di polemiche). Altri ipotizzano mesi. Altri anni. Per qualcuno non andrà mai via, ma diventerà endemico.
L’immunità, a pensarci bene, non è solo il fattore chiave nel determinare quando tutto sarà davvero finito. Ci sono anche altre domande importanti: ci si può infettare nuovamente con lo stesso virus si o no? I vaccini funzioneranno davvero si o no, e se si varranno per sempre? Se no, per quanto tempo? I test anticorpali positivi, che dimostrano che sei stato precedentemente infettato, possono avere il valore di un “passaporto immunitario” si o no?
Ecco come funziona l’immunità e uno sguardo ai possibili futuri nella nostra guerra contro il Covid-19.
Il nostro sistema immunitario
Partiamo da questo: gli anticorpi hanno ottenuto tutte le luci della ribalta, ma sono solo una parte della nostra risposta immunitaria.
Il sistema immunitario, sul piano metaforico, è un intero “esercito” di unità di forze speciali: esploratori cellulari, killer di cellule assassine, truppe di anticorpi e agenti di intelligence che registrano ogni incontro con un nuovo nemico. Quando il nostro corpo viene assalito da un nuovo nemico (virus, batteri o perfino un cancro) la sorveglianza entra in azione.
Normalmente, un tipo di globulo bianco dall’aspetto simile a una pesca chiamato cellula T vaga nel nostro flusso sanguigno. Quando rileva frammenti di proteine “aliene” (per effetto, magari, di un virus che si replica da solo) avvisa altri componenti del sistema immunitario per organizzare la Resistenza. Le truppe della Resistenza sono armate fino ai denti, ed hanno anche degli assi nella manica: ad esempio i macrofagi, i “carri armati” del sistema immunitario, possono letteralmente ingoiare alcuni virus e digerire il loro materiale. In alcuni casi, vengono “arruolate” cellule killer (sì, si chiamano proprio così) che lanciano flussi di “missili proteici” chiamati citochine. Le citochine sanno il fatto loro, e distruggono l’invasore.
L’arma che preferisco però è la cellula B, un globulo bianco bulboso e dall’aspetto simpatico. La cellula B è un po’ il settore Q di James Bond: crea armi nuove, anticorpi “personalizzati”, ciascuno a forma di Y con due potenti bracci, organizzandoli per attaccare specificamente un nuovo nemico virale. Gli anticorpi vanno all’abbraccio “mortale” col virus, e lo neutralizzano. E siccome sono molto specifici per un virus, il test per gli specifici anticorpi al SARS-CoV-2 è generalmente un segno che sei stato infettato dal virus.
Come ogni guerra che si rispetti, anche questa non è indolore per nessuno, nemmeno per l’ospite umano, e può avere anche effetti collaterali indesiderati, o esiti inattesi. Queste risposte immunitarie non sono completamente benigne, generalmente scateneranno la febbre. In una piccola parte dei casi, purtroppo in quello del Covid-19, sembrano impazzire e trasformarsi in un processo chiamato “tempesta di citochine” che finisce per danneggiare il tessuto ospite. Queste reazioni immunitarie eccessive sono forse il motivo per cui sono morti anche alcuni giovani malati di Covid-19 senza patologie pregresse.
Per i pazienti più fortunati, per fortuna la stragrande maggioranza, il sistema immunitario resta lucido. Gli anticorpi rimangono generalmente un po’ in giro per “pattugliare” eventuali nuovi attacchi, anche se il loro tempo di permanenza dipende dal particolare virus. E nel caso del Covid-19 non lo conosciamo: potrebbe anche essere breve. Nel frattempo, comunque, il sistema immunitario registra la guerra appena conclusa usando le cellule di memoria (anche queste si chiamano davvero così!), i linfociti T. Queste cellule restano per più temo nel nostro corpo: forse perdonano, ma sicuramente non dimenticano: e se il nemico dovesse tornare si predisporranno molto più rapidamente al contrattacco.
Tre potenziali risultati
Visto che meraviglia, la nostra risposta immunitaria? Ora, mettendo insieme il funzionamento del nostro sistema immunitario con quello che sappiamo sul virus al momento e con quello che sappiamo su altri virus del passato, almeno a me, profano e umile divulgatore, vengono in mente 3 possibili scenari sulla “morte del Covid-19”.
1 – Lo scenario migliore
Avviso tutti subito: se si verifica questo scenario, offro un caffè a tutti i lettori di questo post che lasceranno un commento con il codice CAFFETTINO. Potrebbe verificarsi una risposta immunitaria simile a quella che il nostro corpo ha contro il varicella-zoster, il virus della varicella. L’infezione da questo virus, o la vaccinazione contro di esso e molte altre malattie infettive dell’infanzia, possono essere scomode, ma sono una cosa sola. L’infezione diretta o la vaccinazione possono indurre il sistema immunitario a ricordare il virus PER TUTTA LA VITA. Non puoi più riprenderlo (se non, ma questa è sfiga pura, nella forma di una condizione piuttosto dolorosa chiamata “fuoco di Sant’Antonio”, ma questo dimostra quanto sia complicata la guerra ai virus). Insomma, se finisce come con la varicella coloro che hanno avuto il virus e si sono ripresi avranno l’immunità per la vita. Ci sbarazzeremo di Covid-19 per sempre.
Troppo bello per essere vero? Già. E io così mi azzardavo ad offrire caffè a tutti, secondo voi. Sfortunatamente, ricerche precedenti sui coronavirus suggeriscono che si, avremo probabilmente una certa immunità, ma potrebbe non durare. COSA DICE LA RICERCA? – Come sempre è presto: alcuni studi mostrano che non tutte le persone infette dal virus Covid-19 siano in grado di generare anticorpi . Uno studio in prestampa che ha esaminato le scimmie rhesus infettate con SARS-CoV-2 ha scoperto che due che erano state infettatedi nuovo 28 giorni dopo il recupero sono state in grado di combattere efficacemente il virus. Sulla base di questi dati molto preliminari, sembra che avremo almeno un’immunità temporanea , ovvero, una volta recuperati da Covid-19, non li recupereremo immediatamente. Senza ulteriori dati, ovviamente, è ancora una teoria. Che ci porta al secondo scenario.
2 – Lo scenario intermedio
Otteniamo l’immunità, ma non dura per sempre. Potremmo infettarci, sia dopo l’infezione iniziale che dopo un vaccino. Il motivo è che per alcuni virus gli anticorpi possono assottigliarsi dopo un po’, come se si “atrofizzassero” per mancanza di attività. Uno studio sul virus OG SARS che ha terrorizzato gran parte dell’Asia orientale nel 2003, ad esempio, ha scoperto che i livelli di anticorpi sono diminuiti drasticamente dopo tre anni dall’infezione iniziale. C’è comunque da dire, anzi ripetere una cosa detta prima: il nostro sistema immunitario conserverebbe comunque una memoria di SARS-CoV-2, quindi qualora le cellule T di memoria o gli anticorpi rimanenti incontrassero di nuovo il virus, azionerebbero rapidamente una risposta immunitaria. Insomma, ci ammaleremmo di nuovo, ma probabilmente non sarebbe terribile come la prima volta.
3 – Lo scenario peggiore
La battaglia stagionale di gatto e topo. Se il virus muta abbastanza rapidamente e in modo drammatico da superare il nostro sistema immunitario, i nostri corpi non saranno più in grado di individuarlo rapidamente. I nostri sistemi di intelligenza immunitaria e il lavoro del nostro “esercito” dovranno ancora una volta combattere un nuovo nemico, anche se simile al precedente. È uno scenario frustrante, ma è esattamente ciò che accade con l’influenza ogni anno. Il virus dell’influenza si trasforma ad un ritmo incredibilmente rapido, il che significa che siamo sempre un passo indietro e il virus diventa un fastidio stagionale. La buona notizia è che non tutti i virus hanno la supervelocità dell’influenza. Studi preliminari hanno scoperto che la SARS-CoV-2 sembra mutare a un ritmo molto più lento dell’influenza, e questa può essere, se confermata da ulteriori studi, una grande notizia per il potere di attaccamento dei vaccini.
Insomma, come finisce la pandemia di Covid-19?
La scomoda verità è che nessuno lo sa. Tuttavia, a meno che SARS-CoV-2 non sia un totale scherzo della natura, rientrerà in una delle tre categorie che vi ho esposto. E questo è qualcosa, non trovate? Dopotutto, è l’incertezza la cosa più spaventosa di tutte.
E Immuni?
Ah, già. Immuni. Quasi dimenticavo. Ok. la domanda successiva, grazie :)