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Quando c’era Zoom 60 anni fa: storia del Picturephone

Prima di Zoom, quasi 100 anni prima. La videofonia ha avuto molti finanziatori, ma ha sempre fallito. Perchè? Ecco la storia di Picturephone.

Gianluca Ricciodi Gianluca Riccio
24 Febbraio 2021
in Il futuro di ieri
picturephone, il nonno di zoom
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Oggi, con app e servizi come Zoom, Skype e FaceTime, le videochiamate telefoniche sono economiche, facili e subito disponibili su PC e smartphone. Una visione di lungo corso, iniziata molto tempo fa. Ecco la storia di come è accaduto.

Pandemia permettendo, la videotelefonia rimane ancora solo una piccola parte del volume totale delle chiamate. Le ragioni sono tante, forse la maggior parte delle persone non vuole sempre essere vista durante una chiamata. Tuttavia, i nuovi servizi segnano forse il successo finale di una visione di lunga data: quella che un giorno tutte le telefonate avrebbero avuto video oltre che audio. Molti decenni prima di Zoom. Questa è la storia di Picturephone.

Picturephone, Il progenitore di Zoom

Picturephone, il nonno di Zoom
Due cabine Picturephone nell’Esposizione universale di New York

Il Picturephone di AT&T fu presentato come una dimostrazione futuristica all’esposizione universale di New York, nel 1964. Seguì un silenzio relativamente lungo, poi fu proposto commercialmente a Pittsburgh e a Chicago nel 1970, fino ad essere ritirato pochi anni dopo. Ma la storia del progenitore di Zoom nasce molto, molto tempo prima: la Bell Labs (divisione di ricerca e sviluppo di AT&T) tenne una dimostrazione ben pubblicizzata nella sua sede di New York nell’aprile 1927. Ilfulcro dell’evento fu una conversazione tra il Segretario al Commercio degli Stati Uniti Herbert Hoover a Washington e il presidente di AT&T Walter Gifford a New York. 

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L’immagine in movimento di Hoover fu vista a una risoluzione di 50 linee sia da Gifford che dal pubblico invitato. Nel 1930 seguirono altre dimostrazioni, ma il sistema elettromeccanico usato si rivelò un vicolo cieco. La guerra poi fece il resto.

I Bell Labs ripresero le ricerche sui videotelefoni solo nel 1956. E da questo lavoro derivò il debutto di cui vi parlavo, nell’aprile 1964.

L’esordio del Picturephone all’Expo di New York e i tentativi successivi

Picturephone, il nonno di zoom
La prima chiamata del nonno di Zoom a Chicago, nel 1964.

Una serie di otto cabine Picturephone consentiva ai visitatori di fare delle videochiamate. Generalmente conversavano con i visitatori degli stand adiacenti, o con uno stand simile situato a Disneyland in California. Fu una stand molto popolare: i Bell Labs intervistarono oltre settecento dei tantissimi visitatori: eppure solo il 50% di loro considerava importante la visione in una telefonata.

In una fase successiva, due mesi dopo AT&T aprì sale pubbliche Picturephone a New York, Chicago e Washington. Si poteva fittare una “coppia” di cabine a tariffe dai 16 ai 27 dollari per i primi 3 minuti di conversazione. Dai 130 ai 600 euro di oggi. Nei sei mesi successivi furono effettuate solo 71 chiamate, e poi il numero si ridusse fino al 1970. Nell’ultimo anno il numero di chiamate fu ZERO.

Nonostante queste battute d’arresto AT&T non si arrese, scegliendo di concentrarsi sulle reazioni positive dell’Expo 1964. Negli anni successivi, migliorò il Picturephone. Il nuovo dispositivo, noto come Picturephone MOD II, fu un tour de force tecnologico. Aveva un’innovativa fotocamera con array di fotodiodi al silicio, un obiettivo zoom e alcune funzionalità grafiche. Il nuovo nonno di Zoom aveva uno schermo da 5,25 x 5 pollici, adatto per mostrare una singola persona. Un’immagine in bianco e nero in full motion con una risoluzione di 250 linee e 30 fps dava la possibilità di concentrarsi sull’altoparlante o su un documento posato davanti all’unità. Il suono era fornito da un altoparlante a toni. Il nuovo Picturephone richiedeva tre coppie di fili di rame intrecciati per funzionare.

Picturephone il nonno di Zoom
Pubblicità di Picturephone del 1968

Storia di un gigante

AT&T era stata guidata per oltre 50 anni da una mission aziendale ben nota: raggiungere tutti gli Stati Uniti con il telefono. Una missione compiuta nel 1969, quando più del 90% delle famiglie americane aveva un telefono in casa. Molti si dissero allora che il passo successivo sarebbe stato la videotelefonia universale. Un passo logico, no? Così, nella sua relazione annuale del 1969, AT&T (pre)disse con certezza: “con circa un milione di apparecchi in uso, il servizio Picturephone frutterà un miliardo di dollari entro il 1980”. Il rapporto dell’anno successivo prevedeva 50.000 installazioni in 25 città entro il 1975. Un comunicato stampa dell’anno dopo prevedeva addirittura un milione di installazioni entro il 1980. Il regista Stanley Kubrick inviò una squadra ai Bell Labs per studiare il futuro della telefonia. 

Il risultato? L’inclusione di una cabina Picturephone in “2001 Odissea nello spazio”.

Il (ri)lancio su larga scala

Con grande fiducia, AT&T introdusse il servizio commerciale Picturephone a Pittsburgh il primo luglio del 1970. Inizialmente, l’attenzione del nonno di Zoom si concentrò sui grandi clienti aziendali, poiché il servizio era costoso: 160 dollari al mese per le apparecchiature e il servizio, e i primi trenta minuti di chiamate. Le chiamate aggiuntive erano $ 0,25 al minuto. Al cambio attuale fa 860 euro al mese, con 1.50 euro al minuto di chiamate oltre la prima mezz’ora: un servizio chiaramente destinato a chi poteva permetterselo. L’anno successivo Picturephone si espanse a Chicago. I dispositivi potevano anche trasmettere documenti e grafica, anche se limitata dalla risoluzione di 250 linee. 

Di nuovo non si trovarono clienti. Nel 1972, a Pittsburgh il picco fu di 32 installazioni. A Chicago AT&T ridusse il prezzo a $75 al mese per il servizio e i primi quarantacinque minuti di chiamate per cercare di stimolare la domanda. Al cambio attuale fa 475 euro al mese. Ad inizio 1973, il picco fu di 453 installazioni. Quell’anno AT&T nominò un nuovo CEO, John de Butts. E la prima cosa che fece fu staccare la spina.

Perché Picturephone non ha funzionato? 

C’erano molti motivi. 

Il primo è il problema dell’uovo e della gallina che affligge tutte le nuove tecnologie di rete: un Picturephone è utile solo se la persona che desideri contattare ne ha uno. Una nuova tecnologia ha bisogno di un gruppo di nicchia di appassionati per sostenerla in questi primi anni. E il Picturephone non trovò un gruppo del genere. Il secondo era il costo: eccessivo anche per i mercati aziendali mirati. 

La maggior parte delle nuove tecnologie è inizialmente costosa, ma poi scende di prezzo. AT&T era fiduciosa che i costi sarebbero diminuiti nel tempo, con l’imminente impiego delle tecnologie digitali, ma Picturephone non durò così a lungo. 

Gli anni successivi fino a Zoom

La videotelefonia sembrava ancora un’estensione così ovvia del servizio telefonico, che ci furono altri tentativi anche dopo il fallimento del Picturephone. La stessa AT&T introdusse un videotelefono a colori anche nel 1992, l’AT&T 2500. Usando le tecnologie di compressione dei dati, offriva una piccola immagine a colori attraverso linee telefoniche standard. Anche se venduto in coppia e commercializzato per far vedere ai nonni i loro lontani nipoti, non trovò un mercato. 

L’atleta Stephanie Richardson a Toronto chiama l’atleta medagliato Mark Tewkesbury a Calgary in una dimostrazione per il lancio di Picturephone nel 1992.

Altre società provarono negli anni ’90 e nei primi anni 2000, fallendo. Certo, l’ascesa di Internet ha mantenuto solo nel 21° secolo le promesse del Picturephone: la videotelefonia è disponibile (se non richiesta) e foto, documenti, grafica e informazioni sono condivise a livello globale. Ci è voluta una pandemia per la sua definitiva esplosione, con Zoom e le altre piattaforme. E il social Clubhouse mostra come ci sia una ampia “nicchia” di persone che preferisca ancora la sola voce.

Evidentemente il “comune senso del pudore” è molto alto, e avere anche la possibilità di parlare senza mostrarsi in ogni momento ha i suoi indubbi vantaggi. Picturephone non ne ha tenuto conto, e ne ha fatto le spese per decenni.

Tags: at&tvideochiamateZoom
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Gianluca Riccio, copywriter e giornalista - Classe 1975, è direttore creativo di un'agenzia pubblicitaria, è affiliato ad Italian Institute for the Future, World Future Society e H+, Network dei Transumanisti Italiani.

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