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Tecnologia

Vogliamo colonie su Marte, ma conosciamo solo il 20% dei fondali oceanici

La mappatura dei fondali procede a rilento. Troppo a rilento: mutamenti climatici e miniere subacquee avanzano, mentre la nostra conoscenza del pianeta è ferma.

25 Giugno 2021
Gianluca RiccioGianluca Riccio
⚪ 2 minuti
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fondali oceanici

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Un team internazionale di scienziati finanziato dall'investitore miliardario Victor Vescovo ha recentemente annunciato che è stato mappato circa il 20% dei fondali oceanici. Il fatto che questo sia annunciato come un grande miglioramento rispetto al passato rivela quanto ancora del nostro pianeta rimanga avvolto nel più fitto mistero .

Secondo l' aggiornamento del team , il progetto Seabed 2030 ha aggiunto un'area grande quasi quanto L'Europa alla sua mappa dei fondali oceanici. Si tratta, in realtà, di un rallentamento piuttosto significativo nella missione. L'obiettivo di Seabed 2030, infatti, è (era?) quello di tracciare l'intera mappa dei fondali oceanici entro il 2030. La pandemia, a quanto pare, ha prodotto uno slittamento notevole.

Ci interessa così poco sapere chi siamo?

Dati quei numeri bassi e la lentezza del processo, sembra comicamente bassa la priorità di mappare i fondali del nostro pianeta. Lo slancio verso Marte, la Luna e l'esplorazione spaziale in questo momento sembra molto più grande.

Per essere onesti, raggiungere e poi attraversare il fondo dell'oceano è una sfida ingegneristica eccezionalmente: per certi versi l'osservazione della Luna è molto più semplice. Eppure, la mappa dei fondali oceanici darebbe agli scienziati un nuovo, formidabile strumento per capire la Terra. Dati gli orrori del cambiamento climatico che probabilmente ci aspettano, sembra che dovrebbe essere una priorità.

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fondali oceanici
In mezzo ai nostri continenti, altri "continenti" dei quali non sappiamo nulla. Nulla.

Fondali oceanici: qualcuno preferisce l'opacità

Può sembrare che l'esplorazione dei fondali marini e della superficie marziana o lunare siano una falsa equivalenza, ma ci sono buone ragioni per fare della mappatura e dello studio delle vaste e sconosciute aree degli oceani una priorità più alta. Dopotutto, siamo ancora senza un pianeta di riserva in cui abitare.

C'è anche un problema "subacqueo" da considerare. L'industria mineraria sta attivamente trivellando pezzi dei fondali oceanici, causando una quantità ignota di danni all'ambiente sottostante e potenzialmente distruggendo interi ecosistemi, addirittura prima che vengano studiati dalla scienza.

Se da un lato ci sono interessi che vorrebbero conservare i fondali oceanici come ghiotta terra di conquista, dunque, dall'altro è proprio questo motivo che deve spingere a fare di più, e a farlo in fretta.

Forza Seabed, datti una mossa.

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