Quando, ormai decenni fa, i massimi esponenti della fantascienza cominciarono a scrivere di intelligenza artificiale, non immaginavano certo uno scenario come quello odierno.
In effetti per i vari Asimov, Dick e Bradbury quello dell’intelligenza artificiale era un tema legato principalmente a macchinari in grado di evolversi e opporsi ai loro creatori umani, introducendo tematiche variamente riprese anche in opere cinematografiche come Blade Runner, Terminator e 2001 Odissea nello Spazio.
È probabilmente da questa visione che deriva la doppia visione odierna riguardo l’intelligenza artificiale: da un lato un potenziale rischio, come vagheggiato nelle opere ormai patrimonio della cultura popolare il cui eco continua a essere sempre presente, e dall’altro una risorsa ormai ben calata nella vita quotidiana.
Le applicazioni di sistemi di IA, in effetti, oggi sono particolarmente numerose e investono innumerevoli contesti; uno in particolare, utilizzato di frequente, è quello del videogioco. Nel videogaming l’intelligenza artificiale abbraccia un ampio spettro di situazioni, dalle animazioni di bot a un vero e proprio percorso di apprendimento: non a caso, proprio nell’ambito di vari giochi e videogiochi appaiono significative applicazioni di intelligenze artificiali.
Uno dei primi contesti ai quali può guardarsi è quello relativo ai comportamenti tenuti da bot e personaggi non controllati dal giocatore, o NPC dall’acronimo inglese per Non-Player Characters, all’interno di vari videogiochi. Se il protagonista “segue” i comandi del videogiocatore, qualsiasi NPC ha invece bisogno di tenere un comportamento previsto in anticipo dal software. Le prime soluzioni in questo senso erano basate su script, con animazioni e comportamenti riprodotti da un codice al verificarsi di un determinato evento spesso legato al videogiocatore: una trovata perfettamente funzionante ma abbastanza limitata, tale da generare esiti spesso imprevisti a discapito dell’esperienza di gioco.
Inevitabile quindi che a tale esigenza si provasse a dare risposta applicando algoritmi di IA: non è insolito oggi trovare avversari e alleati NPC che tengono determinati comportamenti in relazione gli uni agli altri, all’ambiente nel quale si trovano e soprattutto alle azioni del protagonista, mostrando dunque un diverso livello di interazione, e di evoluzione della stessa, con il videogiocatore e con il mondo di gioco. In breve, un diverso livello di intelligenza.

D’altra parte, come detto, il mondo di giochi e videogiochi è sempre stato un campo privilegiato per i test sull’intelligenza artificiale: difficile pensare a un contesto migliore per testare la simulazione del comportamento di un avversario umano.
Emblematico il caso degli scacchi con Deep Blue, il supercomputer progettato da IBM appositamente per misurarsi con un campione umano della disciplina: nel 1996 Garry Kasparov fu il primo campione del mondo di scacchi a essere sconfitto da un computer, evento che ha segnato uno dei tanti primati della sua carriera.
Gli scacchi continuano ancora oggi a essere un campo di particolare interesse per l’intelligenza artificiale, giungendo a simulare comportamenti umani comprensivi di errori, ma non per questo rappresentano il confine di quest’ultima: nel caso del poker, per esempio, le più avanzate IA possono offrire sfide che niente hanno da invidiare rispetto ai confronti con un giocatore umano.
Partendo dalla conoscenza del valore delle mani, infatti, è possibile sfidarsi in condizioni di perfetta parità con intelligenze artificiali sviluppate esattamente con le stesse informazioni, garantendo una sfida equilibrata e spesso indistinguibile da quella contro un umano.

Infine, da non sottovalutare il fatto che esistano videogiochi che nascono espressamente implementando nel gameplay algoritmi di intelligenza artificiale, la quale entra così nel titolo in veste di protagonista: un esempio per tutti è Hello Neighbor, titolo del 2017 sviluppato da Dynamic Pixels.
Al giocatore è richiesto di introdursi nella casa del vicino al fine di scoprire quale segreto nasconda e quest’ultimo, vestendo i panni dell’antagonista, farà di tutto per impedirlo.
Per raggiungere il suo scopo al protagonista è lasciata massima libertà: può scegliere di entrare da una porta, da una finestra, da delle scale e così via. Ma l’antagonista, grazie all’algoritmo di IA dedicato, è in grado di ricordare i percorsi scelti dal giocatore e reagire di conseguenza: se in un’occasione il protagonista è passato da una finestra, la volta successiva si può stare sicuri che il vicino avrà preso provvedimenti e messo nella zona una trappola, una telecamera e così via, rendendo il gameplay in continua evoluzione.
Nonostante i tanti aspetti problematici a contorno, il titolo su è comunque distinto proprio per la sua IA: un risultato sicuramente significativo.